Khali – “Tones of the self destroyer”
Cristian Marchese(voce “clean”, basso), Paolo Nadissi(voce “growl” e basso) e Vincenzo Agovino(batteria) formano i Khali, band romana che offre un sound progressive/death metal/metalcore. Abbiamo ascoltato il loro “Tones of the self destroyer” su Spotify e quelle che seguono sono le nostre considerazioni a riguardo.
Dal comunicato stampa giunto in redazione leggiamo che: “I Khali nascono nel 2015 con la voglia di suonare ed interpretare Metal piantando le proprie radici ben salde nel Death, nel Thrash, nel Groove e nell’Hardcore”. Ebbene si i Khali riescono a mettere insieme questi generi musicali in modo prodigioso direi. Troviamo riff duri e super-veloci, improvvisi cambi di tempo e growls, tutte cose che caratterizzano, tra l’altro, il death metal. E come non pensare ascoltandoli a band del tipo Arch Enemy. Tale loro death metal a volte si contamina con sonorità sia trash metal che progressive. Poi non mancano diversi tecnicismi e variazioni. Troviamo pure tanto groove metal che manda il pensiero a band del tipo Pantera o Gojira. Troviamo anche sonorità metalcore con i classici breakdown e sonorità che fanno pensare ai Trivium. Insomma, un mix grintoso ed esplosivo concepito per demolire letteralmente le orecchie del “malcapitato” ascoltatore che si avvicina alla musica di questa band romana.
Dopo aver parlato dei generi musicali ai quali fanno riferimento e di come li mettono insieme senza creare un mix confusionario ora come non parlare della produzione sonora che è proprio niente male: i suoni sono resi proprio “cattivi” e rabbiosi. Tale produzione sonora per noi è da 8. Il mixing è altrettanto notevole come anche il songwriting. Il doppio cantato di Paolo Nadissi e Cristian Marchese è amalgamato in modo stupendo. Quindi, il risultato è un sound di respiro internazionale per una band che è meritevole di qualsiasi palco per me.
“Ashes of none”, “Dark matter” e “Life” sono tra i pezzi che preferisco: entrambi con un groove pazzesco e con inserti più melodici che arricchiscono il tutto, canzoni che non mancano di appeal e di variazioni repentine; proprio esaltanti, scuotono e incitano all’headbanging. In “Rage” spiccano i passaggi tanto delicati con arpeggi che sembrano come “luci/spiragli” in mezzo ad un sound tanto roccioso ed invalicabile. Molto apprezzabili gli innesti ritmici di basso in “Hypo crisis”, innesti che, con altre variazioni disseminate per tutto l’album, rendono il tutto tanto interessante e stimolante. Finiamo con il citare “Vulture Gods”, un ottimo biglietto da visita della potenza sonora di questa band.
“Tones of the self destroyer” è molto scorrevole: le tracce non differiscono tanto una dall’altra e creano un’unica “coltre” sonora che sicuramente entusiasmerà tanti amanti dei generi musicali su citati. Il tutto è stato congegnato in modo eccellente a nostro giudizio e il voto che diamo al disco in questione è 85/100. Secondo noi il futuro di questi ragazzi sarà proprio sfavillante…