Intervista a Push against new fakes

1)Benvenuto su System failure. Presentati ai nostri lettori…Chi sei? Che musica fai?

Mi chiamo Michele Mantovani, suono da parecchio tempo e sono un ex chitarrista che un giorno si è innamorato della musica elettronica.

2)Ci parli un po del tuo background musicale?

Ho sempre amato molto il rock, quello degli anni novanta per intenderci, e iniziai a suonare la chitarra da autodidatta. Ho avuto diversi progetti e sono partito dal suonare cover di Afterhours ed Estra fino a dedicarmi solo alla mia musica. Nel 2012 mi avvicinai all’elettronica e lì nacque il progetto Push Against New Fakes, ma si trattava quasi di un esperimento e il primo EP rimane un tentativo di avvicinarmi a un territorio musicale che per me era sconosciuto. Nello stesso anno vede la luce un altro progetto, i Laik-Oh!; band con la quale provo a mescolare dubstep, electro e rock insieme a testi in italiano. Ne escono un demo, un EP pubblicato per una piccola etichetta indipendente e più di trenta date in giro per l’Italia nel 2015. All’inizio del 2016 però decido di dedicarmi solo al mio progetto solista e abbandono la chitarra per dedicarmi completamente al mondo delle “macchine”. In questi anni oltre a suonare mi sono appassionato molto all’home recording e ho avuto anche modo di registrare diversi “demo” per altri artisti e ovviamente ho registrato e minato tutti i miei ultimi dischi.

3)Come è nata la tua passione per la musica?

La mia passione per la musica è nata grazie ai Pearl Jam; il loro secondo album “Vs” fu per me una specie di ”rivelazione” poiché grazie ad esso cominciai a scoprire sonorità che non conoscevo e nel Seattle Sound trovai una valvola di sfogo eccezionale. Fece nascere in me anche la voglia di imparare a suonare uno strumento e così provai a diventare un chitarrista.

4)Abbiamo recensito il tuo disco Be kind, un’opera notevole. Come è nato? Ci racconti qualcosa della sua genesi?

Nel 2016 pubblicai [im]mor[t]ality; il disco uscì per la netlabel tedesca Phonocake e la romana Stato Elettrico. Mi piace pensarlo come un disco di transizione, che mi ha portato dalla fase “suono in una band” alla fase “mi concentro solo su di me”. Non era nei miei piani fare un altro disco nel 2017 ma credo che l’incompletezza di [im]mor[t]ality mi abbia spinto a scrivere materiale nuovo. Un giorno, mi contatta Mirco Salvadori (redattore di Rockerilla e owner della netlabel Laverna) e mi dice che ha ascoltato i miei lavori e esterna il desiderio di collaborare con me. In quel periodo non avevo materiale pronto se non un brano (che poi diventerà A Lullaby For No One); gli mando il brano e gli piace. Da quel momento comincio a scrivere e registrare più cose possibili fino a quando mi trovo con cinque “pezzi” che mi piacciono molto. Decido insieme a Mirco di pubblicare un EP e così Be Kind vede la luce.

5)Su quale traccia mi dovrei soffermare secondo te?

Sinceramente non saprei. Mi piace pensare che Be Kind possa essere considerato un disco contenente un unico brano di trenta minuti, come se in realtà ogni traccia sia la perfetta conseguenza della traccia precedente. Dovendo scegliere una traccia consiglierei l’ascolto di Breathe, brano in cui ho “costretto” Barbara Anconelli a cantare ed era la prima volta per lei; abbiamo registrato in fretta e furia perché il disco era già finito quando decisi di aggiungere la sua voce, per cui Breathe merita un ascolto particolare per l’impegno di Barbara e per il risultato ottimo ottenuto.

6)Quale è la differenza con i tuoi lavori precedenti?

Bisognerebbe chiederlo a chi mi ascolta per avere un parere più obiettivo e distaccato. Volevo che Be Kind suonasse più immediato e con meno fronzoli rispetto ai precedenti lavori, e credo di esserci riuscito.

7)Ci parli un po dei tuoi progetti futuri?

Nell’immediato mi sto dedicando a cercare date per il prossimo anno anche se non è per nulla facile e sto lavorando molto sui suoni cercando di rendere il live set perfetto e coinvolgente. Spero altresì di scrivere materiale nuovo per poi pubblicare un album nel 2019.

8)Come vedi la scena minimal/electro/ambient italiana?

Penso che ci sia davvero tanta musica interessante in giro e anche in Italia l’elettronica sta trovando il suo posto. L’elenco di artisti italiani meritevoli di esser citati è davvero lungo e ti faccio i nomi di Aucan e Godblesscomputers perché sono stati i primi che ho scoperto; si potrebbe dire che il rock’n’roll è morto e la musica elettronica è più che viva!

9)Come ti senti quando suoni?

Proporre la propria musica dal vivo è sempre una cosa bella, ma anche delicata e sofferta se vuoi; soprattutto se ti presenti con un progetto solista, perché se da solo e il successo o l’insuccesso di quello che proponi dipende solo da te. Il live rimane comunque un momento unico in quanto ti da la possibilità di conoscere persone e realtà diverse ed è un’esperienza che sicuramente ti rende una persona migliore.

10)Per finire, lascia un messaggio ai nostri lettori…

Supportate gli artisti “sconosciuti” o “emergenti”, perché spesso dietro a un disco come il mio c’è tanta passione e tanto sacrificio, e soprattutto non è sempre così scontato e semplice rendere la propria musica fruibile gratuitamente come nel mio caso. E siate gentili, sempre!