Intervista a Happy Fear Club
Benvenuti su System Failure. Per cominciare, come vi siete conosciuti?
Vincenzo: Io e Max ci siamo conosciuti a Palermo nel 2023, alla “MIND House”, un punto di incontro tra musicisti ed artisti di ogni tipo. Scambiammo due commenti sulla band che si stava esibendo sul palco quella sera quando gli dissi che suonavo la chitarra, da quando… non lo ricordo neanche. Gli dissi di non avere grosse esperienze alle spalle, ma una voglia folle di raccontare qualcosa su quel palco. A quel punto ci allontanammo dal frastuono delle onde d’urto di quel mix sonoro e lui mi parlò della volontà di riesumare il suo progetto solista “Sailormob” e di trasformarlo in una vera e propria Band. Mi fece ascoltare qualcosa di registrato in studio… non so se potete immaginare il mio entusiasmo! Non vedevo l’ora di cominciare a lavorare. Di lì a poco iniziò un periodo di sperimentazione a due, di ricerca dei suoni, di studio delle strutture. Successivamente si unirono a noi Enrico, contattato da Max, e Brenda con la quale vivo da sei anni… la nostra frontwoman… la vera sorpresa!
Quali sono le band o gli artisti del passato che vi ispirano?
Max: nella formazione ci sono gusti musicali ed esperienze assolutamente eterogenee. Vincenzo (il chitarrista) ed Enrico (il batterista) provengono dal mondo delle cover band e, nonostante siano persone aperte e flessibili ai vari linguaggi musicali, sono principalmente legati al metal (il primo) e al rock classico degli anni 70 (il secondo). Forse l’unico purista dell’alternative-rock sono io, mentre Brenda (la cantante) ha gusti assolutamente personali. La sua sensibilità la porta istintivamente verso una musica più cantautoriale, ma quando “imbraccia” il microfono si fa trasportare dal mood del brano, sforzandosi di fare quello che il brano richiede (cosa che peraltro le riesce benissimo). Per Enrico e Vincenzo direi che il grunge degli Alice in Chains siano un riferimento importante. Per quello che mi riguarda: Sonic Youth, Yeah Yeah Yeahs e Idles credo possano dirsi i punti di riferimento principali. Riguardo Brenda, non ho ancora ben capito cosa ascolta, te lo dirà lei più avanti …
Una domanda “semplice” per Massimiliano Amoroso. Cosa ti spinge a fare musica?
Max: la musica è per me un’esigenza primaria. Sin dagli esordi ho militato in formazioni che hanno molto incuriosito ed appassionato gli addetti ai lavori. Pur avendo avuto molti consensi con i gruppi che man mano ho proposto, non sono mai arrivato al successo (per successo intendo il poter vivere esclusivamente di musica). Provenendo da una famiglia con pochissime risorse per potersi permettere “distrazioni”, non è stato mai possibile potermi dedicare alla musica al 100%, ma arrivato ai 50 anni posso dire che è sempre stato il perno su cui ha girato la mia vita. Quando non suono mi sento perso, un pesce fuor d’acqua. Se analizzo le cose mi accorgo di aver fatto persino di più di tanti musicisti poi approdati al mondo “pro”. Ho un repertorio ampio (quasi 200 brani totalmente originali), ho suonato moltissimo in giro (quasi 800 live), ho vinto ben 15 premi nazionali (tra cui un’edizione dell’Heineken Jammin’ Festival), eppure ho sempre avvertito la presenza di una forza contraria. Una forza oscura, ma che ho sempre percepito nettamente, come se qualcuno remasse contro, celandosi nelle retrovie. Un’ ombra che ostinatamente ho provato a combattere da “uomo libero”. In barba a tutto, le mie belle soddisfazioni le ho sempre avute, anche se devo dire che la mancanza di un titolo di studio specifico ha poi giocato un ruolo determinante (il non aver mai potuto studiare musica seriamente, rimarrà il mio cruccio più grande). Ormai comunque, alle soglie della piena maturità, non ci faccio neppure più caso. Le invidie, le miserie umane, i conflitti malcelati sono un’eco lontana. Oggi ci sono solo il mio basso, i miei amici ed io. Il resto, davvero, non conta più nulla!
Una domanda per la frontwoman Brenda Taormina. Come hai cominciato a cantare? A quali artisti ti ispiri, quali sono i tuoi modelli?
Brenda: Ho cominciato a cantare nel buio della mia cameretta, nascosta agli occhi e alle orecchie del mondo esterno. E nascosta sono rimasta per tutti questi anni solo che dalla cameretta sono passata alla doccia. Da quando sono entrata a far parte degli Happy Fear Club scherziamo sempre con i ragazzi di questo luogo intimo, l’unico in cui mi sentivo al “sicuro” e in cui mi rilassavo cantando. Gli HFC sono stati per me il momento di uscire fuori, di smettere di nascondermi, da cosa poi… Probabilmente mi nascondevo da me stessa. Cantare mi ha sempre dato un senso di protezione, ma era solo un mio piccolo mondo. Adesso è come se avessi dismesso una corazza e mi fossi esposta all’esterno. Forse è così un po’ per tutte e tutti. Massimiliano non può conoscere la musica che ascolto perché non ho mai ascoltato niente di specifico. La musica che mi ha accompagnata in questi anni è diversa e copre generi spesso dissonanti tra loro, un po’ di metal di qua, un po’ di grunge di là e rap, raggae, elettronica. Ascolto veramente di tutto perché la musica è qualcosa che mi emoziona e mi vibra dentro, nelle viscere. E quello a cui mi ispiro è questo: la musica in un ampio spettro sonoro che muove i corpi e smuove gli animi. E poi ci sono le donne. C’è P.J. Harvey, Alison Mosshart, Kim Gordon… loro si che mi fanno vibrare!
“… raccontare storie, vivere nuovi mondi e dimensioni”….. potete commentare queste parole?
Max: Crediamo che gran parte della musica contemporanea sia troppo invischiata nella quotidianità. La trap, attualmente in auge, ci propone modelli spesso effimeri, che ci narrano la violenza delle periferie, l’uso/abuso di droghe, di una serpeggiante misoginia che porta alla visione della donna assoggettata in qualche modo al potere del denaro. Nel pop invece, come da tradizione, è tutto un florilegio di cuori e storie, persino quelle “tormentate”, comunque a tinte rosa. In questo contesto, noi sentiamo l’esigenza di raccontare storie “altre”, cercando di restare lontani da questi stereotipi. Pezzi di realtà vissuta, come immaginata. Brani che possano portare alla luce tutti gli aspetti del mondo in cui viviamo. Cerchiamo di esplorare i temi più scomodi, cerchiamo di comporre brani che raccontino la schiavitù, la dura vita a cui sono costretti tanti nostri fratelli partiti da lontano ed approdati nel “Primo Mondo” con il sogno di un riscatto sociale, ma anche la violenza domestica sui bambini e sulle donne. Anche l’amore, certo, ma nelle sue declinazioni più improbabili e meno canoniche. E poi i pezzi biografici, perché ritengo che studiare e narrare le storie dei grandi personaggi aiuti a crescere. Concludendo, con i nostri testi, cerchiamo di calarci nei contesti più disparati, esplorando il passato, il presente e il futuro con particolare attenzione. Un’attenzione frutto di una curiosità quasi “antropologica”. Importante la domanda che ci fai, in questo senso, quando citi le nuove dimensioni. Si potrebbe davvero parlarne per ore… Quello che possiamo dire è che sentiamo che il “vecchio mondo” è terminato o comunque sta per esalare l’ultimo respiro, mentre il “nuovo” è ancora lontanissimo dal palesarsi… in fondo, quello che ci piace fare, è descrivere (da testimoni oculari) questa fase di cambiamento.
Dove è stato girato il video di “Red Tip”? Cosa potete dirci di questo video?
Enrico: Il video di “Red tip” è stato girato da Sally Sicily, una bravissima regista palermitana, la quale ascoltato il pezzo ha spontaneamente proposto di produrne il video. Le riprese in esterna sono state girate a Bosco Ficuzza, una località di montagna vicino Palermo, mentre quelle “interne” nella Chiesa di San Mattia, una chiesa sconsacrata appartenente al complesso dell’ex convento dei Crociferi nel cuore del quartiere Kalsa di Palermo. Ciò che certamente ha caratterizzato le riprese (a parte un piccolo inconveniente con un fumogeno che ha ferito lievemente Vincenzo) è stato la bellissima atmosfera di coesione instauratasi anche tra persone che non si conoscevano (tra cui mio fratello Edoardo e la sua compagna Giovanna Nastasi) assoldati per la scena finale un po’ alla “Boris” (la nota serie tv). Siamo molto contenti dell’esperienza vissuta con Julie Randazzo e Demis Arigò (gli attori protagonisti) e del risultato finale… è stato veramente bellissimo girarlo.
Come è la scena indipendente in Sicilia? Quali sono le scene locali più interessanti secondo voi?
Max: in Sicilia (ma per quello che percepiamo, un po’ in tutta Italia è così) gli spazi per chi propone brani originali si sono parecchio ristretti. Tutto è in mano a poche agenzie di Booking e chi, come noi, non è dentro a certe dinamiche, rimane un po’ ai margini di tutto. In questo scenario assolutamente desolante, nascono però delle realtà interessanti. Sul versante palermitano stiamo vedendo l’affermarsi di formazioni interessantissime. Su tutti posso citare “Herself” di Gioele Valenti ed i “Saint Mary Candy” (i due gruppi di artisti che mi sembrano più attrezzati per fare bene in ambito “alternative”), per non parlare di tutto ciò che ruota attorno alle figure di Roberto Cammarata (per il mainstream) e Fabio Rizzo (per la musica legata alla riscoperta delle radici e dei suoni tradizionali), ormai realtà più che consolidate. Sul “fronte orientale” non si possono invece non citare i “Clustersun” (uno dei migliori live-act attualmente in giro nel Bel Paese) o, contemplando altri generi, i Radio Sabir dell’inossidabile Daniele Grasso. All’ombra di queste formazioni c’è però un mondo sommerso che si muove con sempre maggiore consapevolezza. La cosa bella è che, in generale, la gente sembra cominciare a chiedere di più, ad essere più attenta… speriamo che questa tendenza si consolidi in una “scena” più “stabile”. La Sicilia è un posto speciale e, seppur lontanissima, meriterebbe maggiore attenzione.
Cosa bolle in pentola ora per Happy Fear Club?
Max: parafrasando Manzoni, il nostro è un vaso di coccio in un carretto di vasi di ferro. Pur avendo da poco presentato un nostro primo demo-single, un video ed aver avuto il battesimo del palco, sappiamo benissimo che abbiamo moltissimo da lavorare. Cosa bolle in pentola? Innanzi tutto stiamo provando a completare la formazione. Al momento siamo alla ricerca di un sound-design che ci aiuti ad arricchire la nostra tavolozza sonora. E poi, stiamo cullando l’idea di registrare quanto prima un secondo demo-single. Siamo inoltre risultati finalisti per la regione Sicilia del contest “Sanremo Rock” e questa estate “lotteremo” per arrivare al livello successivo. Non vediamo mai i concorsi come un modo per “combattere” con le altre band, ma di certo è un modo per conoscere, farsi conoscere e confrontarsi con altre realtà. Siamo molto curiosi e non vediamo l’ora si salire sul palco per il secondo step di selezione.