Intervista a Mattia rame

Come è nata in te la passione per la musica?

La passione per la musica in me nasce da una chitarra classica, una Aria della fine degli anni 70, che mio padre comprò appena arrivato a Roma con i suoi risparmi. Non imparò mai veramente a suonarla, ma la sera dopo cena spesso ci mettevamo intorno a lui che suonava quasi esclusivamente l’intro di “Giochi proibiti”, la celebre romanza, e lo ascoltavamo, così, fino a che non era arrivata l’ora di andare a dormire. Conosceva solo quello e quelle poche note, ma le prime connessioni avvennero lì. Non so se fossero cercate, da mio padre, o inconsce, nell’inconscio della storia, ecco, che ci governa tutti, ma quella chitarra, che vedevo enorme nella sua custodia di pelle nera, era un Moloch, la pietra filosofale, il Graal. Passavo gran parte del tempo a guardarla, più che a toccarla, nemmeno suonarla, in una sorta di rispettoso immobilismo immaginifico, non sapendo nulla di quello che sarebbe accaduto. Gli facevo domande che ora iniziano davvero ad avere delle risposte, come in un lento, progressivo, inesorabile cammino psicanalitico verso il centro del nostro essere, che potrebbe essere il cammino della Vita. Non ho ancora imparato veramente a suonarla, la chitarra, ma è diventata, nel tempo, la mia Vita. Poi contarono la radio che ascoltavo ore e ore con mio padre mentre lo aiutavo nei lavori in garage, da mia madre ogni tanto quando stirava, e, soprattutto gli scambi con mio zio, il fratello di mia madre. Quelli con lui furono, e sono, rappresentano attualmente, gli scambi più significativi che ho avuto nella direzione della costruzione, nella strutturazione, della mia persona e della mia sensibilità, privata e artistica. Lui e sua moglie, mia zia, la mia adorata zia (lei devo dire, grande medico, era per me la specializzata in letteratura, ho imparato tutto da lei) mi fecero conoscere tutto quello che poi ha iniziato a contare per me, nella Musica e nella Vita. Da de Andrè a Battiato a Dylan e I Pink Floyd. Insomma, dai grandi cantautori, italiani e stranieri, ai grandi grandi gruppi. Così è nata in me la passione per la Musica. Che è un fuoco che mi divora e ristora, tuttora.

“Ma sarà una copia de i “Fiori del Male” di Baudelaire trovata sulla scrivania di una delle sorelle gli cambieranno per sempre la vita.” Puoi commentarequeste parole?

Sono sempre stato un ragazzo molto curioso, e tutto quello che potevo leggere o vedere volevo vederlo, o leggerlo. Addirittura una cosa che ora ci fa tanto ridere ma faceva imbestialire mia sorella Valentina, era che leggevo di nascosto il suo diario segreto. Per me era fame di storie, di parole. Per lei, e così era, era solo una grossa violazione della privacy. Un pomeriggio, lo ricordo come fosse ieri, come tante altre volte, appunto, andai nella camera delle mie sorelle e sulla scrivania era posato questo libro. Le sue prime quattro composizioni mi stesero completamente, mi squarciarono l’Anima trovando in me connessioni infinite, multiple. ”Al lettore”, “Benedizione”, ”L’albatro”, ”Elevazione”, ”Corrispondenze”, bastarono a farmi partire per un viaggio incredibile da cui forse non ho fatto mai ritorno, per fortuna, e in cui scoprì la sinestesia come metafora di accesso alla Vita. Non so se questo alimentò o curò i miei primi problemi. Forse in quel momento li amplificò, destabilizzando, portandola all’estremo, la mia già agitata sensibilità. Da poco posso dire di aver intrapreso un cammino che mi porta ad assaporare almeno in parte l’enorme pace che è posta dentro al cuore del Caos. Perchè saper cogliere le infinite sinestesie, e l’infinita sinestesia della Realtà, è una benedizione impagabile e l’unica, forse, ”soluzione” ad una Vita per la quale non esistono soluzioni. Ad oggi, ad ogni modo, non riesco, mai, a rileggere Baudelaire.

Di cosa parla la tua nuova canzone “Muoviti”?

Muoviti parla dell’impossibilità di restare fermi. O meglio. Puoi anche farlo, ma la Vita poi ti toglie il saluto, il respiro. Ti schiaccia. Tutto l’assunto base parte dalla citazione di William James, il padre della psicologia americana, che affermava che ”è impossibile rimanere tristi manifestando i sintomi dell’allegria”. Per noi vecchi esistenzialisti europei questo sembra banale, e, paradossalmente, un pò il male. Per gli americani è una verità insita nella profondità del loro essere. Essendo in questo profondamente europeo quando, là dove, vorrei essere americano, per fare un pò di geografie dell’Anima, e venendo in quel periodo in cui la scrissi da un forte e lungo stato di immobilità, ho voluto provare a capovolgere il mio approccio. Scrivendola quasi come promemoria, per ricordarmi di, per essere così. come una wish list, una ”to do list”. quelle liste che tutti facciamo, come nei più bei film americani, appunto, quando dobbiamo riprenderci da Non ci riesco sempre, ma appena mi ..muovo, appunto, sto bene. Se passo qualche giorno fermo inizio a stare malissimo e ad accusare i malesseri più svariati, camminare per me è la cura da e ad ogni male. Anche Giulio Cesare la pensava così. ”Pasti frugali e camminate” come cura dell’anima e del corpo. 🙂 E poi è tutta un gioco, alla Battiato, di citazioni e rimandi e ribattiture a queste. Ad esempio, la prima frase della seconda strofa, ”Tutta la Vita è risolvere problemi”, è petissequamente, preciso preciso, il titolo di un libro di aforismi di Karl Popper. La seconda frase, quella che la segue, ”tutti gli organismi sono inventori e tecnici” è una frase contenuta appunto nelle pagine di quest’opera. Io poi ci ho aggiunto, ribattendo, chiosando ”come nel caso dei ragni, come nel caso dei ragni.”

Gallia Music. Come è collaborare con loro?

Non posso dirlo ora, qui, apertamente, di tutte le vessazioni che subisco (SCHERZOOOO!!). ASSOLUTAMENTE FANTASTICO! Giancarlo Bornigia, il mio manager, ha assemblato una squadra d’eccezione di professionisti e persone fantastiche, che mi ha quasi stupito, per la precisione e la correttezza chirurgica e immaginifica della previsione, stra-corretta in ogni passo e ogni punto, che lavorano in maniera incredibile per aiutarmi al meglio. Finora, già nel pur brevissimo tempo, con risultati pazzeschi e inaspettati. Voto 10. 🙂

Quali sono le band e gli artisti che ti sono tanto piaciuti nel passato?

Beh, sicuramente Bowie e Battiato. E poi Lucio Dalla, Venditti, De Gregori. I Doors, i Pink Floyd e i Rolling Stones . I Beatles li ho conosciuti veramente solo da grande. Dylan e Neil Young, Leonard Cohen, Tim e Jeff Buckley, Nick Drake, I Joy Division, i Cure e gli Smiths. Queste sono sicuramente le cose che ho ascoltato di più nella mia esperienza da cannibale onnivoro divoratore di musica. Non potrei assolutamente dire che tutti quelli che ho citato sono tuttora dei riferimenti per me o siano presenti nella mia musica di oggi, ma se mi chiedi del passato, degli artisti del passato che ho ascoltato nel mio passato, queste possono esserne sicuramente le coordinate generali e degli esempi abbastanza esaustivi.

Oltre la musica quali arti preferisci?

La letteratura è quella che conosco di più e che oserei dire “il mio”. Il mio campo, quello in cui sono più esperto e che ho navigato di più trovandovi l’essenza della mia ricerca e l’essenza stessa dei segreti che lentamente, o a volte velocissimamente, scopriamo su di noi nel corso di questo magnifico cammino di disvelamento dell’Essere che è l’esistere, il vivere la vita. E poi il cinema, sicuramente, e tutte le arti figurative. Ho una passione sconfinata per le arti figurative, il disegno, la pittura (dalle grotte di Lascaux alla cappella Sistina a Rothko, Warhol, Frida Kahlo, Basquiat e Damien Hirst) e la scultura come per la fotografia, ma sono le due arti in cui posso dire di non aver un briciolo di talento, nè formazione alcuna. Se mi chiedi di disegnare qualcosa o di provare a fotografare qualcuno o qualcosa, gli esiti sono addirittura disastrosi, orribili. Dico sempre che disegno con le parole, per schernirmi, per difendermi dal senso di inadeguatezza che provo se sono costretto a confrontarmi in prima persona con una di queste materie. Anche se mi piacerebbe moltissimo essere capace di avere valore anche in queste arti. Ma così non è. é esattamente come (in) un grande grande amore non corrisposto, tra me e il disegno e la fotografia, hahahahah!!

Qual è la differenza tra suonare da soli e suonare con una band?

Per gran parte della mia vita musicale ho suonato da solo. Completamente solo, o con nuda chitarra e nuda voce, oppure al contrario, con una infinità di pedali e loop machine. Potremmo dire che ci sono enormi differenze e che, contemporaneamente, non ce ne sono, tra il suonare da solo o con una band. Perchè suonare da soli è una profondissima estrema connessione con l’altro che abbiamo dentro, suonare con gli altri è connettersi con l’altro effettivo che vive ed esiste al di fuori di noi e al di là di noi. Ma, se ci pensate, che si suoni da soli o con gli altri, la Musica è il più grande esempio di relativismo e relativizzazione, (per questo a mio avviso è la più grande scuola di vita) e una enorme grandissima e preziosa scuole di relazione, di relazioni, perchè sempre agli altri, a qualcos’altro vai a finire.
Sia che suoni davanti ad un muro o ad un albero o il cielo, per cui questi raccolgono le tue suggestioni, vibrazioni e frequenze per riportarle in loro e ritrasmetterle a loro volta, sia che tu lo faccia di fronte ad una platea di esseri umani o animali, che trasformano quelle frequenze nelle loro emozioni che daranno vita, di nuovo, ad altre e alte innumerevoli frequenze. Quindi è un pò lo stesso viaggio, al di fuori e dentro di sé, per angolature e sentieri diversi, ma lo stesso viaggio. Dico sempre che la letteratura è un lavoro che si fa da soli per arrivare a tutti, ad esempio, e suonare da soli è come scrivere un libro o una poesia, mentre la musica è un lavoro di connessioni istantanee che si fa con gli altri per arrivare a tutti. (ora in realtà si sta un pò perdendo questa peculiarità della musica, che prima, nelle epoche passate, nelle orchestrazioni poteva, per forza di cose, per forza essere suonata solo in gruppo, ora, con il progredire della tecnologia, in cui un uomo da solo con il suo pc può suonare come un’orchestra e oltre,questo aspetto si sta modificando, ma di base il concetto è questo). Insomma, ma anche la letteratura lo è, per la musica profonda del caos che ci anima e pervade,c he è tutto, è tutto un gioco di frequenze, le frequenze che compongono le emozioni. la musica è pura indomabile altissima Poesia, l’unione di tutta la filosofia e la psicanalisi, nei mezzi delle emozioni, della Poesia.

Aron Carlocchia. Come è stato collaborare con lui invece?

Fantastico, un amico e un fratello, oltre che un grande uomo e un immenso musicista. È sempre stato molto bello e formativo suonare e collaborare con lui. Quei vari concerti che facemmo in giro per l’Italia in duo sono rimasti nella mia mente e saranno nel mio Cuore per sempre, credo. Lo ringrazio molto per tutto il tempo passato e speso assieme. Adesso ci vediamo e sentiamo purtroppo molto poco ma gli sono immensamente grato per tutto il tempo che mi e ci ha dedicato e gli voglio, ovviamente, un gran bene.

Come è il tuo concerto perfetto? Cosa non deve assolutamente mancare?

Il suono. Un buon suono. E tu dirai e grazie..ovvio! Tautologia, e anche un po’ solipsistica,sei lapalissiano, ecc..ma, posto che non è scontato averlo, se c’è un buon suono tutto quello che accade e che mi accade per me è buono. Riesco e riuscirò sempre a riconvogliare anche i possibili errori sul palco in qualcosa di emotivamente ”buono”, chiamiamolo così. Se non c’è un buon suono devo ancora imparare. 🙂