Intervista a Kreky

“Time Runs Out”. Con che spirito è nato?

È una sequenza di brani nati nello stesso periodo, non cercavo di scrivere un nuovo album o concept. È la fotografia di quello che è successo nell’arco di tempo che va dalla fine del 2017 fino al 2019/2020. Per rispondere davvero alla domanda, direi che lo spirito non era non proprio gioioso, direi piuttosto “volenteroso”.

Quale è la traccia dell’album alla quale sei più legato?

Safe place. Poi ce ne stanno altre, l’album è un mezzo elogio funebre, quindi tengo molto a più brani, ma Safe Place è stata la più difficile e anche la più leggera da scrivere. Leggera, perché ci sono mille argomenti all’interno di cui non è possibile parlarne se non con leggerezza.

Come è nata in te la passione per la musica?

Dicevo a tutti i compagni di scuola che suonavo la chitarra da piccolo, ma non era vero. Non riuscivo neanche a imparare a fare il sol, perché poi mi annoiavo e volevo andare a giocare a calcio come tutti. Però sono cresciuto in una casa in cui la musica ha sempre avuto un ruolo fondamentale, credo sia nata così.

Come nasce e prende forma una tua canzone? Come scatta la “creazione”?

Vorrei poter rispondere, ma non lo so. A volte ho suoni in testa e li vado a cercare sulla tastiera della chitarra, a volte prendo la chitarra ed esce esattamente quello che vorrei sentire anche se ho il vuoto cosmico in testa, altre volte devo suonare 4 ore per fare qualcosa di buono e altre volte suono così tanto che poi mi rompo le palle, perché alla fine la finisco a fare leak di chitarra, assoli brutti che escono pure male e questo significa che non stai creando un bel niente. I testi poi, peggio ancora. I testi nascono principalmente con la musica, escono fuori naturalmente, associo suoni a parole e poi a volte trovo le parole che voglio tirare fuori grazie ai suoni. E mi sento pure scemo per non averle trovate prima.

Hai avuto modo di suonare con i Madden Waves. Cosa ricordi di quella esperienza?

Eh, domanda difficile. Ricordo tanti brani che si sarebbero meritati di finire su un album, ma non sono mai stati registrati. Ricordo 4 anni passati con David, il chitarrista, suonando ogni pomeriggio – metodo e disciplina! Ricordo il viaggio con Daniele e David a Fino Mornasco da Davide Lasala che non ho mai ringraziato abbastanza e la bellezza di aver avuto un bassista come Silvano.

Ryan Adams, Jeff Buckley, Springsteen e i Counting Crows. Cosa rappresentano per te questi nomi?

Grandi musicisti, che in parte mi hanno formato. Più i Counting Crows e Ryan Adams degli altri. Quando mi/ci accostano a Buckley mi vergogno perché non andrebbero mai fatti certi paragoni e soprattutto non con me. Springsteen è attitudine.

Come è la scena indipendente romana secondo te?

La scena indipendente romana “è tanta roba”. C’è davvero di tutto. Abbiamo fatto un piccolo esperimento – che spero abbia modo di proseguire – con Electric Capital, una fanzine in cui abbiamo provato a fare una fotografia parzialissima dimostrando quanto ricca possa essere la scena qui a Roma. Ci sono tante band, per me eccezionali, che non sono finite all’interno della rivista. Speriamo nascano altri 1000 spazi di dialogo e di cooperazione, perché solo una forza collettiva può farsi spazio in mezzo all’egemonia del nulla culturale (che però, di soldi per schiacciare il resto, ne ha tanti).

Per finire, saluta i nostri lettori e parlaci dei tuoi progetti futuri…

Ciao a tutti e a tutte, se avete letto fin qua vi ringrazio, non ce ne era il bisogno. Progetti futuri? Speriamo di portare live questo album innanzitutto. E poi ci sono cose in cantiere, ma prima tocca suonare live. E basta. Ascoltate l’album e fatelo sentire in giro. Grazie…