Intervista a Giampi
Benvenuto su system failure. Ci puoi parlare del tuo percorso artistico fino a qui?
Ci ho messo molto a trovare la mia strada. Da ragazzo ho suonato in un paio di gruppi. Mentre negli ultimi anni ho suonato sempre da solo e a casa. Da tempo però avevo in mente un progetto, un Ep di quattro brani. Solo nel 2019 ho iniziato a lavorare in studio a questi inediti. Un anno di lavoro alternando studio di registrazione alle prove a casa, per trovare tutti i suoni giusti. Nel 2020 finalmente il progetto ha visto la sua fine e a luglio è uscito “Sono sempre in ritardo”. Il titolo descrive proprio me in questa avventura, perché ho aspettato e sono arrivato in ritardo a fare una cosa che mi piaceva. Ma alla fine anche se in ritardo eccomi qua.
Come è nata in te la passione per la musica?
È nata a 14 anni. Un mio amico ebbe le chiavi di un music club e il permesso di andarci quando era chiuso a patto di non rompere niente. Per noi fu come Natale ad agosto. Suonare qualsiasi strumento senza spendere un soldo. Io mi avvicinai alla chitarra e al piano, suonavamo da autodidatti, un po’ ad orecchio e anche un po’ male. Però era un bel passatempo. Dopo questa esperienza ho frequentato una scuola di musica per imparare le basi, il solfeggio e la spartitura.
Che musica ascolti?
Prediligo i cantautori, ai quali mi ispiro, e la musica rock. Ma ascolto un po’ di tutto. Il bello della musica è questo, con poche note puoi fare milioni di canzoni. I generi mi piacciono se sono contaminati.
Suoni diversi strumenti. Quale preferisci in particolare?
Sicuramente il piano più di tutti, sento che è il mio strumento. Mi rilassa sapere che la sera posso stare mezz’ora sui tasti. So tenere in mano anche la chitarra ed il basso, ho imparato le basi negli anni. Mi aiuta conoscerli quando scrivo le canzoni. Ma quando bisogna incedere per il brano ufficiale meglio chiamare i musicisti, quelli bravi 😊
Come nasce una tua canzone? Da cosa prendi ispirazione per il testo?
Un po’ così per caso mentre sto pensando ad altro mi viene in mente una frase, una strofa o un ritornello, e se mi convince la scrivo o se sono fuori registro un audio. Se no nel giro di pochi minuti dimentico tutto. Poi al piano cerco di musicarla e trovo il giro armonico che penso ci stia bene. Intorno a questo costruisco il brano. Non mi forzo a scrivere, lo faccio solo se ho voglia di farlo, non ho fretta di iniziare e di finire. Dopo questa fase si passa in studio di registrazione e partendo dalla melodia del piano si costruisce tutta la struttura della canzone.
“Nel 2020 esce “Sono sempre in ritardo”, il suo primo EP composto da quattro brani”. Puoi presentarlo ai nostri lettori? C’è un brano che preferisci di questo ep?
Le canzoni parlano di esperienze di vita e temi sociali, tutto in chiave pop-rock. Cerco di non far mancare mai un velo di ironia e leggerezza. Ogni canzone ha un suo giro armonico di piano, e un assolo di chitarra. Sono due le canzoni che preferisco. “Non te l’ho detto mai” è il più autobiografico di tutti, nonostante sia un brano molto ironico. Io le chiedo di uscire e lei mi risponde di no, poi le chiedo di sposarmi, ma la risposta è sempre no, in realtà parla di una grande storia di amore. Che sia nella canzone che nella vita reale ci porta anche a diventare genitori. Anche “Va tutto bene” la sento molto personale. È un brano rock, come piace a me. Con un bell’assolo di chitarra. Mi sono chiesto cosa posso fare per mia figlia, mi sono risposto che la cosa più giusta da fare è starle vicino e farle sapere che ci sono “ed ogni giorno ti dirò va tutto bene, sì va tutto bene”.
“Tu che ne sai?”, il tuo nuovo singolo che abbiamo recensito. Ci puoi parlare della genesi di questa canzone?
È nata in poco tempo al piano. Tutto gira intorno ad una domanda retorica. “tu che ne sai?” detta allo specchio, “io che ne so?” e alla risposta è “ma che ne so”. Questa canzone è nata in quarantena, come tutti mi sono trovato spiazzato ed ho capito di non sapere nulla. C’è anche qualche critica alla politica dell’odio e delle bugie.
“Tu che ne sai?” è stato presentato al pubblico per la prima volta a Casa Sanremo all’interno dell’evento SanremoLiveBox. Cosa hai provato ad essere a Casa Sanremo?
Un’esperienza unica. A Sanremo si vive un’atmosfera magica. Tutto sa di musica, nonostante le restrizioni. Ho conosciuto tanti altri musicisti. Ho cantato in sala Tenco la mia canzone, un onore. E poi dopo Casa Sanremo tanti hanno cominciato a scrivermi, a chiedermi delle mie canzoni, è una bella sensazione e una bella soddisfazione.
Chi ha disegnato l’artwork di “Tu che ne sai?”. Cosa rappresenta?
Una mia amica che si occupa di fotografia e illustrazioni. Priscilla Burcheri, in arte Abisso.Le ho mandato la canzone appena finita, le è piaciuta ed ha iniziato a lavorare alla copertina. Io non ho voluto sapere niente, ha avuto carta bianca ed è stata la strada giusta. Ad ognuno il suo. Lei ha voluto comunicare con questo disegno un senso di leggerezza e spensieratezza. Il personaggio aggrappato ai palloncini vola in cielo con i punti interrogativi, che non sono solo un riferimento alla canzone, che ha ispirato il disegno, ma sono un effettivo “non sapere”, un’esortazione a vivere e basta. A lasciarsi andare.
“Il brano è nato da quello che abbiamo vissuto nell’ultimo anno. La precarietà, e il fatto che da un giorno all’altro le nostre vite sono cambiate“. Come stai vivendo l’emergenza sanitaria? Come passi le tue giornate?
Vado a lavoro, rispetto le regole ed esco poco, lo stretto necessario. Ero abituato a passare molto tempo in giro. Mi manca, e spero che torneremo presto alla normalità.
Quale è il ruolo della musica e dell’arte in un “mondo in difficoltà” come quello in cui stiamo vivendo?
A mio avviso fondamentale, poi aiutarci ad alleggerire le nostre paure, e in alcuni casi anche a farci pensare. Ma il mondo dell’arte è stato messo un po’ da parte.
Quale è il filo rosso che unisce le tue canzoni?
In quattro parole direi: rock, piano, chitarra ed ironia.
Saluta i nostri lettori ed invogliali ad ascoltare la tua musica…
Un grazie a voi per lo spazio dedicato, ed ai lettori dico andate ad ascoltare la mia musica, e se ci vedremo in giro, magari ad un concerto sarà una bella occasione per parlare di musica e per offrirvi un caffè.