Intervista a Funk Rebels Records
Benvenuti su system failure. Ci potete parlare della vostra etichetta? Presentateci il vostro progetto….Quali sono le difficoltà maggiori per una label indipendente?
Sicuramente raggiungere un vasto pubblico che in genere è abituato ad ascoltare musica fornita da canali mainstream. C’è da dire che tramite piattaforme online, webzine come il vostro e soprattutto gli eventi live oggigiorno è possibile ottenere un discreta copertura ed avere una buona risposta da parte del pubblico, a patto che il prodotto proposto sia di qualità e soddisfi gli standard di mercato a livello di mastering e qualità audio. Purtroppo in questo periodo la componente del live è venuta meno ma speriamo di poter riprendere ad esibirci quanto prima. Ci piacerebbe infatti organizzare un minitour per promuovere il disco, come abbiamo fatto per le precedenti uscite.
Due fili conduttori: funk e cyberpunk. Ci spiegate per bene questa scelta stilistica?
Questa è una domanda molto azzeccata perchè a primo acchito sembrano essere due mondi con ben poco in comune, in realtà il funk con i suoi ritmi spezzati, il groove e l’importanza del basso sono alla base della musica elettronica ballabile. Poi c’è da considerare che il funk è un genere che tra i primi ha inserito nella formazione i sintetizzatori permettendo così di evolversi e di raggiungere picchi di sperimentazione eccezionali, si pensi per esempio a Herbie Hancock o a George Clinton. Dagli anni 80 è poi partita quest’avanguardia elettronica funky che è stata strettamente legata all’estetica fantascientifica (Mothership Connection dei Parliament per esempio raffigura una disco volante in copertina) fino ad arrivare a capolavori come Cowboy Bebop che integrano elementi squisitamente cyberpunk ad una colonna sonora eccezionale di impronta chiaramente funkeggiante. Riassumendo, ci piacciono le sonorità futuristiche, la sintesi ricercata, ma ci piace soprattutto far ballare e quindi quel modo migliore per farlo se non aggiungere bassi swingati e caldi e groove infuocati?
Quanto è importante per voi la contaminazione tra generi e stili?
Assolutamente fondamentale, anche se componiamo musica elettronica, perlopiù adatta ad essere suonata in situazioni danzerecce, ascoltiamo tantissimi altri generi e da questi ci facciamo ispirare se non addirittura li integriamo nelle nostre tracce. Il sampling, che spesso utilizziamo come tecnica nelle nostre composizioni, diventa quindi un modo per esprimerci, per portare al pubblico musica ricercata e che magari avrebbe difficolta a scoprire da solo o anche solo per lanciare qualche citazione, similmente a come farebbe un regista citando un illustre collega del passato o una pellicola che per lui è stata particolarmente importante.
Abbiamo pubblicato “Eidetic Memory Ep”. Ci parlate della genesi di questo progetto? Dove è stato registrato? Che tecnica di registrazione è stata usata?
“Eidetic Memory Ep” è nato inizialmente come una release digitale con lo scopo di creare una rete di artisti con particolari abilità che avevano sporadicamente collaborato ma mai tutti assieme. Tuttavia una volta ricevuti tutti i progetti dei remix abbiamo deciso di stampare su vinile la release perchè il prodotto era, almeno secondo noi, davvero buono. Insomma sembrava uno spreco distribuire questo materiale solo online quando avremmo potuto farlo girare sui piatti di tutta Europa! Il missaggio è stato realizzato da ogni artista nel proprio studio mentre il mastering finale è stato realizzato da Emiliano Pilloni, in arte Pilloplex presso il Musiclab in provincia di Torino. Le tracce sono state realizzate utilizzando Ableton Live e diversi sintetizzatori, drum machine (Virus, Minibrute, Tb 303, Nord Drum, vari modelli di Elektron e vari modelli di Electribe per citarne alcuni) registrate su scheda audio e arrangiate grazie alla DAW appena citata, con l’aggiunta di vari Vst a discrezione degli artisti. Come è evidente dai titoli, Matt2nd ha composto la prima traccia originale e ha poi inviato le registrazioni di tutti gli strumenti ai suoi colleghi perchè potessero utilizzarle come punto di partenza per la realizzazione dei loro remix.
Ci parlate dell’artwork dell’ep?
L’artwork dell’EP, come appare evidente si ispira chiaramente ad una certa estetica cyberpunk. È stato realizzato da Matt2nd in primis con il programma Blender, utilizzando una particolare e nuova tecnica di render per poi essere ritoccato su Photoshop e Illustrator per l’aggiunta dei testi. La decisione di utilizzare come colore dominante il rosso è una scelta ricorrente poiché è il colore con cui è stato realizzato il primo logo del nostro sound system. Ma i prossimi dischi li faremo di altri colori!
Come si sono conosciute le persone autrici dei remix?
Gli autori dei remix sono tutti persone che hanno collaborato in passato o con l’etichetta o con il club torinese Mothership, base operativa della Funk Rebels Records per diversi anni. Matt2nd e Leo sono appunto tra i fondatori sia della label che del club Mothership, punto di incontro di tutta la scena elettronica underground italiana e non. Sandblasting collabora con Matt2nd e Leo ormai da quasi dieci anni ed è stato un po’ il loro mentore, sempre disponibile a dispensare preziosi consigli sia musicali che di vita dall’alto della sua esperienza quasi venticinquennale nel campo della musica elettronica sperimentale. Nesh Mayday come Lore J sono due ottimi artisti (il primo è lombardo, il secondo toscano) molto attivi sulla scena italiana, conosciuti grazie ad alcuni eventi organizzati al Mothership di Torino e con i quali l’etichetta è in contatto e sicuramente continuerà a collaborare! Baboden è una vecchia conoscenza, compagno di innumerevoli scorribande da ormai due lustri, ma che sicuramente non smetterà di stupirci con le sue abilità compositive. Ha cominciato come dj parecchi anni fa e grazie ad un ottimo gusto musicale e tanto impegno è diventato uno dei compositori che più appreziamo nel panorama italiano. Uindigo, con il suo socio Nik, è anche lui una vecchia conoscenza con la quale abbiamo condiviso lo stage più e più volte e che ha fondato la propria etichetta Lo-fi e Chill Hop producendo delle bombe musicali una dietro l’altra e dimostrando ancora una volta l’ecletticità dei compositori di questo EP.
Arte espressa da una collettività. Potete commentare questa frase che ho scritto?
L’arte espressa da una comunità è probabilmente la forma di arte più utile e partecipativa. La collaborazione tra artisti deve essere incentivata e portata avanti proprio come la collaborazione tra persone ha permesso l’umanità di fare i giganti passi che l’hanno portata e si spera continueranno a portarla verso quell’innovazione incarnata dal cyberpunk (prima fantascientifica ma che ormai stiamo a tutti gli effetti vivendo sulla nostra pelle oggigiorno). Questo EP sicuramente non sarebbe stato possibile senza la collaborazione attiva di tutti i compositori e la voglia di questi di mettere a disposizione degli altri le proprie abilità e le proprie esperienze particolari, in modo che tutti quanti ne beneficiassero.
Quali sono i principali obbiettivi per Funk Rebels Records? Quali sono i punti salienti del vostro percorso artistico?
Lo scopo della Funk Rebels Records è quello di imprimere su vinile l’originalità ed esperienza loro e di tutti quelli con cui collaborano, un fitta rete di artisti underground dalle eccellenti capacità. Il lavoro dell’etichetta si incentra infatti su una stretta collaborazione, sulla contaminazione tra generi e stili appartenenti ai vari componenti, proponendo spesso remix e reinterpretazioni della tracce che portano ad ottenere musica ballabile originale e di eccellente qualità. La label nasce innanzitutto come sound system, con lo scopo di esibirsi al di fuori dei circuiti commerciali, incarnando al più alto livello lo spirito del Do It Yourself, tanto caro all’ambiente punk e underground da cui arrivano i suoi componenti. Possiamo dire infatti che essi si siano “fatti da soli” proponendo una musica che non ha radici nel commerciale, che non si siano mai appoggiati a qualcun altro per ottenere visibilità e possibilità di esibirsi. Si sono insomma creati da soli le proprie occasioni, come anche il sound system su cui hanno suonato per molti anni e su cui continueranno a suonare. Ma anche a livello artistico, tramite video proiezioni ed istallazioni hanno sempre portato avanti un preciso percorso di indipendenza e di libertà espressiva.
Come è secondo voi la scena electro attuale in Italia e quali sono le differenze con l’estero? Parlate anche del vostro ambito regionale…
Probabilmente la scena elettronica underground italiana sta un po’ subendo lo stesso processo che subì l’acid house in Inghilterra negli anni ’80 e ’90. É stata largamente riconosciuta dal pubblico ed apprezzata e quindi è stata via via inglobata in un movimento più mainstream, con la conseguenza di patire una standardizzazione dei generi e di una “moda” che ricerca alcune sonorità prestabilite piuttosto che una sperimentazione. Noi cerchiamo di essere un ponte tra il passato e il presente (e perché no anche il futuro) attingendo da generi più che classici come il funk (ne abbiamo parlato approfonditamente prima) in modo da dare una scossa a questa standardizzazione attaccando su due fronti. La tradizione musicale del passato e la sperimentazione proiettata verso il futuro, entrambe scagliate contro la moda e l’omologazione. Fortunatamente la nostra città ci ha permesso di organizzare un gran numero di eventi in passato e di poterci esprimere liberamente, arrivando ad un punto culminante che è stato il club Mothership, il quale ha ospitato centinaia di artisti da tutta Europa e ha fatto ballare migliaia e migliaia di persone, sempre con un occhio di riguardo alla sperimentazione e alla socialità.
Quanto vi ha danneggiato il lockdown e l’emergenza coronavirus in generale?
Purtroppo il lockown è stato (e continua ad essere) un grosso problema per le esibizioni live, che di fatto sono i momenti in cui possiamo esprimere e comunicare ad un pubblico tutto quello che abbiamo realizzato in studio, con impegno e dedizione. Senza contare che ha comunque ritardato di diversi mesi la stampa del vinile e ci ha costretti ad un lavoro a distanza, il quale è stato per fortuna reso possibile dalle attuali tecnologie. Anche solo 15 anni fa saremmo rimasti comunque bloccati, senza possibilità di collaborare attivamente tutti assieme (e considerando che il vinile è stato realizzato da otto compositori è stata una sfida superata per tutti!)
In un mondo in emergenza climatica, economica ed ora anche sanitaria, ebbene in questo mondo quale è il ruolo della musica in generale o della musica elettronica in particolare?
La forte componete cyberpunk e aggiungerei a questo punto post-apocalittica che citiamo costantemente nelle nostre produzioni vuole essere un campanello di allarme per i problemi che il nostro modo di vivere ha causato. Abbiamo uno sguardo al futuro perchè speriamo che un futuro ci sia, ma siamo anche consapevoli dei grossi rischi a cui andiamo incontro. La musica elettronica e non, grazie alla sua grande abilità di muovere le masse e di arrivare in profondità all’animo umano, ha la responsabilità di rendere tutti consapevoli della criticità della situazione e la possibilità di spingerci verso un mondo migliore. Un po’ come il rock fece negli anni ’60 ed ’80, schierandosi a favore dell’amore e contro la guerra, la musica elettronica del terzo millennio dovrebbe affrontare i problemi contemporanei parlandoci del futuro!
Per finire date qualche consiglio a qualche label appena nata come pure a qualche artista o band indipendente…
Il consiglio che possiamo dare alle band indipendenti è quello di suonare tanto, soprattutto live, di ascoltare, di sentire il pubblico mentre lo stanno facendo e di cercare di comunicare con le persone che vengono ad ascoltarli. Senza mai rinunciare a ciò che vi piace suonare è importante instaurare un dialogo con il pubblico, soddisfare le loro orecchie ma senza proporre quello che si aspettano o sono abituate a sentire. Il segreto sta nel capire come comunicare e non solo nel messaggio che si vuole inviare! Il consiglio importante che possiamo dare invece alle label è quello di produrre qualcosa di duraturo anche per il futuro. Nel giro di venticinque anni i floppy disk sono diventati obsoleti, nel giro di vent’anni lo sono diventate le cassette e nel giro di cinque anni anche i compact disc hanno seguito la stessa sorte. Il tutto a favore dello streaming e della musica dematerializzata, la quale magari tra altri vent’anni non avrà lasciato traccia alcuna. I vinili invece, per quanto siano una prodotto di nicchia, sono universali, trascendono le generazioni e sopratutto sono oggetti che girano il mondo nelle borse dei dj, i quali interpreteranno le vostre produzioni, grazie alle proprie abilità e al proprio background musicale, portando la vostra musica a migliaia di persone oggi come fra cinquant’anni!
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