Intervista a Deadlock Crew

Benvenuti su system failure. Potete parlare del vostro percorso artistico fino a qui?

Come band nasciamo nel 1999, nel giro di un anno circa siamo entrati in studio e abbiamo registrato un demo dal titolo Lobotomized People. Il demo viene recensito su svariate riviste dell’epoca con giudizi positivi. La cosa ci dà un po’ di visibilità e ci spinge a promuovere la nostra musica con parecchi concerti sul territorio in cui cominciamo ad inserire nella scaletta anche qualche cover per suonare più a lungo ed accontentare una parte più grande di pubblico. I live nel giro di qualche anno diventano la nostra “dipendenza” e così tralasciamo la produzione di musica nostra e le sale di registrazione e pian piano diventiamo una cover band. Da qualche anno però eravamo insofferenti e ci sentivamo incompleti come musicisti. Essere “solo” una cover band era il problema. Abbiamo quindi ricominciato a scrivere canzoni, a provare la nostra musica, a divertirci in sala prove. Il periodo del Covid-19 poi, ci ha impedito di trovarci, ma ci ha permesso di dedicarci alla registrazione.

Cosa vuol dire il nome della vostra band?

Deadlock significa punto morto, situazione di stallo, una situazione dove non è possibile trovare un accordo. Sono situazioni che capitano a tutti nella vita e sono legate a sentimenti forti quali rabbia e frustrazione. Per questo ci piaceva questo nome. Recentemente poi abbiamo deciso di modificare il nome in “Deadlock Crew”, semplicemente perché abbiamo purtroppo scoperto che in Europa esiste, o forse esisteva, una altra band che si chiama Deadlock. Non so se esistessero prima del 1999, ma adesso non è più un problema.

Perché l’alternative metal tra i tanti generi?

Da sempre il thrash metal, l’alternative metal e l’hard rock sono i generi che più ci piacciono e che più abbiamo ascoltato e suonato, in realtà cerchiamo un po’ di fonderli, ma di base è forse il linguaggio musicale che più ci accomuna e ci permette di esprimere la nostra energia.

Come nasce una vostra canzone? Parlate del processo creativo alla base…

Non c’è una regola, ma solitamente partiamo dalla musica, Lorenzo è sempre stato un vulcano di idee, la maggior parte dei nostri pezzi nasce da un set di riffs, che poi magari rivediamo o implementiamo e da un cantato senza ancora un testo definito, ma già con qualche idea su cosa comunicare. Le idee nascono fondamentalmente dai discorsi a fine prove dove si scherza e magari si porta all’estremo qualche punto di vista su temi più o meno seri, esperienze nostre o di amici.

Come è la scena indipendente a Trieste?

Ci sono tantissimi bravi musicisti e ottime band da queste parti e mi fa piacere che anche in regione ci siano tante band rock/metal attive. Purtroppo i locali per esibirsi sono pochi e le regole da seguire esageratamente rigide. Questo è un grave problema che rischia di minare pesantemente sia la cultura che la scena musicale.

Tra di voi noto una grande armonia. Quanto tempo provate di solito a settimana?

Suoniamo assieme da più di 20 anni, da qualche anno facciamo prove solo una volta a settimana per circa due ore (due volte a settimana se abbiamo qualche live importante), cerchiamo di sfruttarle al meglio però, alla fine delle sessioni tentiamo sempre di essere critici pianificando quelle successive. Abbiamo trovato un buon bilanciamento tra lavoro, famiglia e musica, a volte non è facile, richiede impegno e qualche litigata, ma senza sacrificio e senza obiettivi comuni una band non ottiene nulla.

“Look down on me”. Ci presentate questo album? Di cosa parlano i testi?

L’album “Look down on me” viene scritto interamente nella seconda metà del 2020, e per noi rappresenta un punto di svolta dopo tanti anni in cui la band si è concentrata quasi esclusivamente sui live e su cover songs. E’ un album metal, energico, suonato con entusiasmo. La nostra idea era quella di racchiudere la nostra visione e la nostra adrenalina in queste nove canzoni, e siamo soddisfatti del risultato. Affrontiamo temi come la fragilità dell’attuale sistema sociale, gli amori malati, minati da violenza e gelosia, il groviglio di emozioni e l’adrenalina che prova un judoka prima di un incontro, la follia a cui può portare l’acufene, internet, l’abuso di social network e i suoi effetti sulla solitudine.

Cosa rappresenta l’artwork dell’album?

L’artwork(subito sopra, di lato) è stato curato da un nostro amico ed artista, Loris Saxsida. C’è la mano di un uomo che si è liberato dalla follia, da un qualcosa di molto negativo che lo ha quasi distrutto e ora sta cercando con molta difficoltà di toccare quel simbolo al centro per ritrovare finalmente una pace mentale, una pace interiore. Ma il percorso non è facile, e irto di insidie e la grafica non fa capire se quell’uomo ci riuscirà, ma tenterà lo stesso, anche a rischio di intrappolarsi e ricadere nuovamente dentro la follia.

Quale è il filo rosso che collega le vostre canzoni?

Ogni nostra canzone dell’album affronta argomenti differenti, ciò che le lega e accomuna un po’ tutte è il tentare di affrontare i problemi della vita per tempo, a testa alta, agendo e vivendo ROCK!

Chi si occupa del songwriting?

Principalmente Lorenzo e Yure anche se l’idea della storia del testo nasce quasi sempre quando siamo tutti assieme. Alle volte una o due frasi che inquadrano una situazione lasciando spazio a più interpretazioni bastano per far partire il tutto, che poi solitamente viene scritto e rivisto più volte per essere incastrato nella musica.

Come è collaborare con lo Zero Point Energy recording di New York City?

E’ stato molto bello ritrovare (on line sob…) un amico che non vediamo da anni che aveva già saputo tirar fuori e interpretare quello che volevamo comunicare noi aggiungendo qualcosa di suo. C’è sempre stato feeling tra noi e Lorenzo Gavinelli, un grande, che abbiamo sempre stimato. Registrò nel 1999 il nostro primo demo quando aveva ancora uno studio e viveva a Trieste, esperienza che ricordiamo ancora oggi con nostalgia, soprattutto per la festa fatta alla conclusione del disco…

Come è collaborare, invece, con Ghost Record Label?

Ci troviamo molto bene con Leandro, che si sta dando un gran daffare per noi ed è sempre pronto a consigliarci e guidarci in questa nuova esperienza. E’ un etichetta attenta e molto attiva, siamo pienamente soddisfatti.

Per finire, salutate i nostri lettori e date qualche consiglio a qualche band emergente alle
“prime armi”….

I consigli che ci sentiamo di dare sono di suonare per divertirsi con passione e positività. Le delusioni sono sempre dietro l’angolo, ma alle volte, se affrontate con determinazione e unitamente, possono servire a rivedere gli obiettivi (a breve e lungo termine) e rappresentare un punto di svolta. Poi andando più sul pratico: le birrette si bevono alla fine delle prove, non prima… Un saluto a tutti i lettori di System Failure, tenete duro in questo periodo di m… speriamo di vederci presto a qualche concerto!!! Stay ROCK!!!