Intervista a Daniele Ippolito

Benvenuto su system failure. Ci parli del tuo percorso artistico fino a qui?

Un ragazzino appassionato dei suoni di Gary Numan che entra a far parte di cover band e si avvicina ai primi synth. Lasciate le band scrivo “riddle” in autonomia e da lì decisi di iniziare il percorso in solitaria, seppur diverse son state le mie collaborazioni nel tempo. Due album, un mini-ep, un remix, due singoli, una colonna sonora, oltre 1,5m di ascolti e 500 copie fisiche vendute, una raccolta di beneficenza in corso e tante nuove idee per il futuro

Come nasce una tua canzone? Parlaci del processo creativo alla base….

Accedo al mio studio, accendo i synth e suono, sviluppo groove e quando ritengo che una idea o un suono lo trovo affascinante parto da lì, poi sviluppo tutto il resto come fosse un contorno. Compongo il brano e ne sviluppo il mix prima del master finale, a volte ci impiego mesi a volte 24h.

Quale è il filo rosso che unisce le tue canzoni?

Se non la struttura armonica, non c’è uno specifico filo rosso, ogni brano racconta un momento della mia vita differente dall’altro, con differenti emozioni e differenti ispirazioni.

Che strumentazione usi per le tue songs? Inoltre, puoi commentare queste parole: “La particolarità dell’artista è che lavora con sintetizzatori degli anni ’80 che ne concedono una sonorità calda e univoca nel suo genere”.

Suono i sintetizzatori in particolar modo per “tempo”: ho sviluppato un groove di monofonici e analogici, questi ultimi al quale sono più legato. Sono un musicista prima di produttore ovviamente preferisco sempre lo strumento fisico perché amo l’intimità che si crea con esso. In particolar modo gli strumenti Vintage, in quanto son strumenti che fanno poche cose ma in modo eccezionale, considerando tutti i difetti e i pregi dell’epoca ho costruito la mia identità sonora con essi.

Sei pugliese come Giorgia Angiuli, che io reputo un genio dell’electro contemporanea insieme ad Apparat e Paul Kalkbrenner. Quell’electro mentale che a me tanto piace. Conosci questi artisti? Se si che pensi di loro? Se ne conosci altri indicami quali sono e perché li preferisci….

La musica elettronica è vasta quanto settoriale, conosco i nomi citati e amo Kalkbrenner ma sono artisticamente lontani dalla mia identità. Sono stato un DJ per caso ma rimango un musicista con strumenti ed errori sul palco.

Come è nato il progetto “Tempo”? Dove è stato registrato e con quale tecnica di registrazione?

Durante il primo lockdown da Covid19, ero rientrato dagli Stati Uniti e mi misi subito al lavoro. E’ nato dalla mia voglia di voler sviluppare un progetto da portare in live, volevo creare qualcosa che superasse i canoni radiofonici dei 3 minuti ma che mi garantisse interesse verso il mondo della sperimentazione sonora. Non ho una tecnica nello specifico di registrazione, con “tempo” ho scelto prima i suoni, poi le scale armoniche e una volta scattata la scintilla ho riportato tutto sul mio computer. Il mix e master lo ho affidato successivamente a Vincenzo De Lucia.

Ci parli dell’artwork dell’ep?

Un magnifico disegno che proviene dalla mano della pittrice Annamaria Borgia. Il disegno è espressione di “tempo” ed “elevatura” verso l’alto del mondo animale. Del disegno nulla è lasciato al caso, tutto ha un senso.

Quale è la differenza tra “Tempo” e i tuoi progetti musicali precedenti?

Mentre gli altri progetti hanno solo una importa ambient, “tempo” è nettamente un pezzo ambient con una ricca sperimentazione aggiungo che la lunghezza del progetto stesso ne conferisce già unicità. È un progetto studiato per i live.

Dj negli Stati Uniti. Quale è la differenza tra tenere serate in Italia e all’Estero ed, in particolare, negli States?

Hanno un modo totalmente differente di percepire la dance, gli americani ballano, e sanno ballare, bisogna essere bravi. Certo non posso paragonare gli Stati Uniti con il vecchio continente perché non ho mai fatto il dj qui.

Su quale palco sogni di suonare?

1 maggio di Taranto, il palco giusto per la mia città…

Ti hanno mai proposto una colonna sonora?

In verità le ho proposte io… Ho curato un intero medio-metraggio con colonna sonora psicologica di circa 15 minuti e qualche anno fa sviluppai un intro di un action movie.

Se la tua musica fosse una città a quale assomiglierebbe? E se fosse un libro, un quadro o un film?

Città? Non saprei, ma sicuramente un libro, “Factotum” di Bukowski, forse perché è un po’ la mia vita..

Per finire, saluta i nostri lettori e dai qualche consiglio a chi sta iniziando a “smanettare” con synth e sequencer….

Grazie a tutti! E ai novizi dei synth: iniziate piano e studiate forte.