Intervista a Anna Luppi
Benvenuta su system failure. Come è nata in te la passione per la musica?
Grazie dell’accoglienza e un saluto a tutte le lettrici e i lettori di System Failure. La mia passione per la musica nasce quando avevo 5 o 6 anni: attirata dal pianoforte verticale che suonava mia mamma si è deciso di farmi prendere a domicilio le prime lezioni. Qualche anno dopo gli insegnanti di una scuola di musica di Mantova, la mia città, vennero nella mia scuola per invitarci ai loro corsi e mi rapì il suono del flauto traverso che iniziai così a studiare. La passione per il canto nacque molto dopo, prima come parte di un coro polifonico amatoriale e poi, verso i 17-18anni, come cantante in band pop rock.
Come hai elaborato il tuo sound così eterogeneo?
Quando ho iniziato a produrre canzoni originali, spesso i critici musicali rimproveravano a me e ai miei collaboratori il fatto di non avere una precisa direzione musicale: io ho sempre pensato che questa critica non avesse molto senso, un po’ come se un pittore dovesse usare per i suoi dipinti solo determinati colori e non tutto quello che la tavolozza gli offre. Per me il sound deve essere sempre coerente con il testo che scrivo o le emozioni che mi interessa veicolare: al mutare di questi elementi logico, anzi necessario, che muti anche il sound.
Come nasce una tua canzone? Racconta pure un aneddoto se ne hai…
Ogni canzone nasce il modo diverso: la maggior parte nascono da appunti che prendo su un taccuino che porto sempre con me o da registrazioni volanti che faccio sul telefono nei momenti in cui arriva l’ispirazione. Altre nascono da altri autori con cui amo collaborare o a quattro mani con il mio produttore Massimo Minotti. Altre nascono ancora da quelle che io chiamo session creative: mi programmo un momento per andare in studio e mi impongo di uscire con un certo numero di brani nuovi dopo due o tre ore. Davvero non c’è una regola.
I tuoi testi sono senza dubbio profondi. A cosa ti ispiri per scriverli?
Adoro i cantautori italiani come Dalla, De Gregori, Battiato, De André, Brunori, o di lingua spagnola come Joaquín Sabina, León Gieco, Rozalén, Pedro Pastor. Non saprei dire se mi ispiro o meno a questi nomi, ma sicuramente non posso non esserne influenzata, perché la loro musica mi accompagna ogni giorno. Inoltre amo camminare in mezzo alla natura, cerco di farlo spesso, ed è proprio camminando che riesco a riflettere e lasciare scorrere liberamente i pensieri. Questo spesso mi aiuta ad elaborare nuovi testi.
La discriminazione e la violenza sulle donne sono temi tanto attuali. Quanto può essere utile la musica per sensibilizzare le persone su questi temi?
Io spero che lo sia, soprattutto per il contributo che può dare a un cambio del linguaggio: sono fermamente convinta che i grandi cambiamenti sociali inizino da un mutamento del linguaggio che usiamo. Se la musica riesce a parlare di sessismo, violenza o razzismo in modo da distruggerne le basi, o se riesce a smascherare i micro-maschilismi di cui il nostro vivere quotidiano è stra-colmo, allora può spingere le persone a riflettere, a guardare le proprie azioni con un occhio diverso.
Sei molto apprezzata in Spagna. Quale è la differenza tra il panorama musicale indipendente italiano e quello spagnolo?
Per l’idea che mi sono fatta, non ci sono grandi differenze. Forse la situazione spagnola spinge maggiormente chi fa musica originale a diventare produttore di se stesso più rapidamente di quanto avviene in Italia.
Quale è la differenza tra suonare in Spagna e suonare in Italia?
Anche in questo non ci sono fondamentali differenze secondo me: in Spagna percepisco un po’ più di curiosità nel miei confronti, ma penso questo dipenda in buona parte dal fatto che sono italiana.
“Feministas con tacones”, un inno alla libertà delle donne in chiave reggaeton, una canzone tanto travolgente. Come è nato il video? Racconta tutto per bene…
Girare quel video è stato bellissimo: volevo venissero riprese donne tra loro più diverse possibile, come stile e come età. ho lanciato quindi una call tramite i miei social e ho avuto un’adesione altissima, che davvero non mi aspettavo. Mi sono divertita a fare la regista di quel video e sono orgogliosa del risultato: penso sia un bell’affresco dell’universo femminile dei nostri tempi.
Quale è il filo rosso che unisce le tue canzoni?
Difficile rispondere a questa domanda, quale sia il filo rosso lo dovrebbero dire le persone che ascoltano la mia musica. Io spero si percepisca la passione e l’emozione che cerco di mettere in ogni singola nota.
Abbiamo recensito “Comincio in fretta”. Un brano dai ritmi pop folk che nasconde dentro di sé un significato profondo: il bisogno di ascoltare il proprio corpo e non i ritmi imposti dalla società. Quanto è importante non farsi “ammaliare” dal mondo odierno?
In ogni epoca il mondo ha sempre avuto le sue bellezze e le sue insidie: io penso che siamo viandanti di questa vita e che la dobbiamo attraversare tenendo sempre presente che l’unica cosa che conta è la felicità, nostra e delle persone a cui teniamo. Il resto, tutto il resto, conta davvero poco o nulla al confronto.
Quale è la differenza tra “Comincio in fretta” ed altre tue canzoni?
E’ uno dei pochi brani con tempo terzinato che ho scritto finora.
Come è collaborare con laPOP?
Il team LaPop è fantastico: sono tutti disponibili e molto competenti. Hanno l’incredibile pregio di promettere a un artista solo quello che sono sicuri di mantenere.
“E’ già primavera”. Proprio con questo singolo nel luglio 2020 vince a Genova il X Premio Nazionale per la canzone d’autore emergente, dove le viene assegnato anche il premio per la miglior interpretazione. Cosa hai provato nel vincere questo premio?
Tanta incredulità e gratitudine! Ero praticamente senza parole: considera che io mi sento fortunata anche solo per il fatto di star continuando a scrivere canzoni, di avere un’etichetta che mi apprezza e qualcuno che ascolta ciò che canto. Vincere addirittura un premio nazionale così importante proprio non me lo aspettavo!
Per finire, saluta i nostri lettori e dai qualche consiglio a chi sta muovendo i primi passi nel mondo della musica…
Non credo di essere così “arrivata” da poter dare consigli, ma suggerirei a chi inizia di adorare le critiche: le critiche e le stroncature che riceviamo non solo suggeriscono in cosa migliorarsi, ma sono anche una insospettabile forma di affetto e regalano spesso una inaspettata visibilità. Grazie a chi ha letto fino a qui questa bella intervista e speriamo di rivederci prestissimo live di persona. ciao!