Intervista a Alex Vecchietti

Benvenuto su system failure. Ci puoi parlare del tuo percorso artistico fino a qui?

Ciao, grazie a voi dello spazio. Sono nato in una famiglia a-musicale, tranne per mia madre che era una punk e mi portava ai concerti e centri sociali negli anni 80/90. L’amore per la musica è nato quando imparai a suonare la chitarra a 13 anni, dovendo scegliere tra una playstation 1 e una chitarra classica…(!) Il primo concerto lo ebbi sempre a 13 anni per caso e davanti a circa 800 persone, da lì capii che quell’adrenalina da palco mi avrebbe accompagnato per tutta la vita e che ne avrei voluta sempre di più. Ho trascorso l’adolescenza suonando in mille band, ovunque potessi e a 18 anni capitai nei REFLECTIONS, band con la quale sono cresciuto musicalmente, pubblicando 2 album, diversi video, aperture per artisti del calibro di Marky Ramone, NOFX, Agnostic Front e svariate tournee ed apparizioni televisive, incluso un bell’articolo su NME. Successivamente avviai i THESHAZTA, band hard rock alternativo con la quale pubblicai 2 album, video vari, tour e apertura per i REZOPHONIC nel 2014. Nel 2018, appena dopo essere diventato papà, ho avviato con il mio socio Cole Bouchard, la nostra etichetta discografica specializzata in synthwave e retrowave, la Retro Reverb Records. Da allora le nostre produzioni ed il nostro roster sono cresciuti abbracciando svariati artisti da tutto il mondo.

Parlaci del tuo background musicale…Che musica ascolti? Nomina anche 3 album che hanno segnato la tua vita…

Ti direi che ascolto di tutto e in effetti è così, ma per ora ho solo il tempo di ascoltare le mie produzioni e gli artisti coi quali lavoro, quindi ascolto molto synthpop, retrowave, darkwave ed elettronica. Sono molto poliedrico nei miei ascolti, anche se alcuni artisti rimangono sempre nella mia playlist come Gustavo Santaolalla (leggendario compositore di colonne sonore di “Brokeback mountain” / “The last of us” e tanti altri caolavori del cinema/videogiochi), Bob Marley, U2 e AC/DC.
I 3 album che hanno segnato la mia vita in realtà sono formati da un classico e 2 miei:

-Bob Marley: “Legend”. Quest’album mi insegnò che la musica poteva tranquillamente sposarsi con ribellione e spiritualità e che potevi anche essere un signor qualsiasi dalla parte più povera del mondo, ma se avevi qualcosa da dire, andava detta e gridata al mondo;

-Reflections: “Re-Evolution”. Secondo album dei Reflections, testimonianza di quanto quella band potesse esser potente e delicata allo stesso modo. Registrare quell’album ai Westlink studios in Toscana in mezzo al nulla mi aiutò molto a crescere ed acquistare sicurezza in me stesso come persona e come artista, il tutto grazie alla supervisione di Ale Sportelli (produttore Prozac+ e tanti altri) e Ale Paolucci (ex bassista dei Raw Power e leggenda del punk e del rock indipendente italiano);

-TheShazta: “Never Be Defeat”. L’album che mi salvò da una brutta depressione e che mi diede la spinta per fare da me invece di veder fare gli altri. Tutto quello che senti su quell’album l’ho composto ed eseguito io, mettendomi alla prova come mai in vita mia, ed il risultato finale ancora oggi mi riempie di orgoglio;

Come prende forma una tua canzone? Che ambiente crei intorno a te stesso?

Con la vita che faccio è molto difficile trovare degli spazi esclusivamente miei e quindi tanto di quel romanticismo che avevo un tempo nella stesura dei brani si è perso. In realtà non è un problema perché ho un repertorio di decine di canzoni ancora da pubblicare, in realtà ci potrei fare altri 10 album e 2 greatest hits… (o shits dipende da come vengono va…)! Pensa che alcuni brani del mio ultimo album li ho scritti a 16 anni. Quindi spesso quando compongo in realtà riarrangio dei brani fatti anni fa; ma quando davvero mi viene l’ispirazione allora la riconosco subito e quasi spingo via chi mi sta intorno per creare un mio spazio e catturare l’attimo che è ovviamente sacro.

Che strumentazione usi (programmi, plugin, strumentazione analogica etc)?

Lavoro prettamente in digitale, anche perché a mio avviso oggigiorno le emulazioni digitali sono fedelissime alle apparecchiature analogiche e mi evitano di fare mutui per strumentazioni varie. In passato ero molto più puritano, ma onestamente oggi come oggi le parole d’ordine sono praticità e maneggevolezza, sia in quello che suono, sia in come mi esibisco dal vivo. Uso Cubase 10 con battery 4 per le batterie, TAL UNO per i synth anni 80 e Sylenth/Massive per i synth più moderni. Non uso molti plugin, per me “less is more” sempre, ne ho solo un paio di casa waves e izotope. Come chitarre uso le mie 2 chitarre custom AVXXX e AVXX 6 e 7 corde rispettivamente, costruite da 2 grandi liutai palermitani: Liucas e Anna Corona. Dal vivo invece suono completamente in wireless usando un ipad per i suoni synth e il playback (con cubasis) un mic DB wireless e la mia 7 corde con pedaliera mooer GE200 e sistema wireless amoon .

Abbiamo recensito il tuo “The good fight”. Ci puoi parlare della genesi di questo album? Difficoltà nel processo di registrazione? Che tecnica di registrazione è stata usata?

Intanto lasciami dire che ho apprezzato molto la vostra recensione, quindi grazie mille! Ho avuto un approccio minimale, usando pochi vst e plugin, ma sfruttando quest’ultimi in pieno. Come sempre, quando registro viene prima la sezione ritmica, alla quale si aggiungono i pad e poi lead. Solo dopo decido di aggiungere chitarre o meno e quando ho finito il brano lo esporto e faccio “fermentare” il tutto nella mia testa nel periodo necessario per trovare una linea vocale che funzioni, e se non la trovo allora vuol dire che serve una collaborazione! E così appunto è stato in Child e Neon Town, dove sia Alenis che Kumiko25 hanno fatto un gran lavoro vocale.

C’è una canzone dell’album alla quale sei particolarmente legato?

Si, decisamente Child, poiché è il brano che ho dedicato a mio figlio Zack e al quale ha partecipato mia moglie Alessandra, in arte “Alenis”. Penso che il perché si possa comprendere da soli 😉

Di cosa parlano i testi? Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Ogni disco che faccio è un testamento, una traccia che lascio di quel momento della mia vita. Da quando sono diventato padre, il cambiamento è stato totale e in musica questo si è tradotto con una ricerca di contenuti molto accurata. Voglio scrivere musica e parole che un giorno possano essere capite ed apprezzate da mio figlio. Un brano per me deve avere una sua morale e un senso melodico compiuto.
L’album si chiama “The good fight” poiché credo nel combattere la buona battaglia, sia perché sono cristiano e queste parole hanno sempre trovato una risonanza nel mio credo, ma soprattutto da essere umano credo nella resistenza e nel potere del rifiutare le imposizioni. Bisogna resistere all’ignoranza che dilaga e bisogna rifiutare lo stato delle cose attuali. Io sono anche un insegnante di Inglese e questa missione la traduco anche nel mio lavoro. Per concludere potrei dire che le mie 3 fonti d’ispirazione sono: La famiglia, la resistenza e l’amore.

Hai una tua etichetta: “Retro Reverb Records”. Quali sono gli obbiettivi che ti sei prefissato con questo tuo progetto? Quali sono le difficoltà oggi per un’etichetta indipendente?

Gli obbiettivi dell’etichetta si possono riassumere nella nostra mission aziendale: “pubblicare e promuovere la musica indipendente in maniera sostenibile e in un clima familiare dove regna la collaborazione ed il rispetto per l’arte reciproca”. Fino ad ora sta funzionando e gli artisti apprezzano molto questo modus operandi, certo si fa fatica a gestire 10 artisti full time in 2 e ci sono tanti sacrifici da fare, soprattutto con le nostre famiglie, ma grazie ad una resilienza fuori dall’ordinario e alle capacità manageriali del mio socio Colin Bouchard, camminiamo a testa alta senza svenderci e fare marchette; siamo “pochi ma buoni”, infatti nella scena synthwave siamo conosciuti e rispettati proprio per questo motivo.

Hai suonato con diverse band in passato. Quale è la differenza tra suonare per una band e suonare per se stesso?

Beh, suonare in una band è come avere 3-4 fidanzate, con le gioie, complicità e difficoltà del caso e suonare da solo è come essere felicemente single, godendosi la semplicità della vita, ma consapevole che da solo è tutto più difficile.

Un ricordo indelebile di un live….

Decisamente quando coi theShazta suonai nel 2013 all’Heineken summer tour, in particolare durante l’ultima data. Facemmo quell’esperienza per 2-3 giorni di fila e al termine della serata quando toccava a noi io personalmente avevo già fatto fuori circa 8 fusti e mezzo di heineken, ma quel live fu spettacolarmente rock’n’roll lo stesso, tanta gente che si divertiva nella cornice splendida di Terrasini (PA) vicino alla spiaggia e un’altra band, i “king of the road” che invitai sul palco con noi e che scatenò l’inferno. Il loro chitarrista ebbe una mini overdose sul palco ma si rimise in piedi dopo un pugno del batterista sul petto per evitare l’arresto cardiaco. Tutto ciò è documentato con una vecchia handycam e si può vedere sul canale youtube dei theShazta. Momenti di vita va…

Come è per te il live perfetto?

Pieno di gente che vuole divertirsi, lasciandosi andare e ascoltando la mia musica.

Per concludere, invoglia i nostri lettori ad ascoltare la tua musica con una sorta di appello…

Se cercate un album capace di conciliare buon groove, sound anni 80 e moderno e testi che ispirano positività e che invitino a riflettere, beh questo è l’album per voi, unitevi anche voi alla buona battaglia, prendete la vostra copia di “The Good Fight”!

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