Intervista a The Rideouts

Benvenuti su system failure. Come vi siete conosciuti voi della line up attuale?

Tramite amici in comune. Ero alla ricerca di un nuovo batterista e di una voce femminile perché sentivo il bisogno di sperimentare nuove sonorità e l’ampliamento del numero di componenti del gruppo e le persone stesse erano necessarie per questo cambio di direzione. Così ho chiesto ad amici di farmi conoscere altri musicisti, sono andato ad ascoltarli e ho presentato loro il progetto. Poco tempo dopo hanno accettato di farne parte e il resto è storia, come si suol dire.

Come vi siete appassionati alla musica?

Credo che per tutti noi sia stato il momento in cui abbiamo capito che oltre a farci provare emozioni particolari, intense, la musica poteva essere il modo più immediato, sincero con cui raccontare agli altri le nostre vite, idee, passioni…

Quali sono i vostri miti musicali?

Il ventaglio è grande e questo credo si veda poi nell’arrangiamento dei nostri pezzi, a cui ognuno contribuisce con il proprio bagaglio di influenze. Andiamo dai classici come i Beatles, i Rolling Stones o i Police ad artisti più recenti come Amy Winehouse, Oasis, Rival Sons.

Come nasce una vostra canzone?

Io scrivo la musica e i testi. Registro le mie parti che possono essere voci, chitarre, tastiere… Poi passo il brano agli altri componenti del gruppo. Ognuno di loro propone delle idee per le proprie parti (voci, batteria, basso), le valutiamo insieme e poi le registriamo. Così ciascuno mette la sua firma stilistica sul pezzo.

Diversi album già pubblicati. Quale è il filo rosso che unisce le vostre canzoni?

L’ispirarsi sempre a situazioni di vita, vissute in prima persona oppure sperimentate da altri. Il messaggio finale è sempre positivo, comunque, come il nostro nome lo suggerisce (to ride out, affrontare, sottinteso le difficoltà), perché una soluzione si trova sempre.

I The Rideouts si fanno subito notare. I brani del loro primo album vengono trasmessi da emittenti radiofoniche in Inghilterra e negli Stati Uniti, come leggo dal comunicato stampa. Che emozioni avete provato?

Forti, incredibili. Pensi sempre che non provenendo da quei Paesi sia quasi impossibile che le loro radio, riviste o altri professionisti del settore ti prendano in considerazione. Quindi quando c’è la fai là soddisfazione è doppia.

Quale vostro concerto ricordate particolarmente e perché?

Quello che abbiamo tenuto in Piazza Verdi, a Trieste, nell’estate del 2017. È sempre bello suonare nella propria città. Quando lo fai davanti a un migliaio di persone che apprezzano la tua musica è ancora meglio.

È uscito il vostro nuovo singolo “You’re love”. Di cosa parla?

Parla di un rapporto a distanza. L’ho scritto nel 2018 pensando a una coppia immaginaria e l’ho poi lasciato da parte. Suo malgrado, a causa della pandemia, è diventato d’attualità e mio malgrado, la storia è diventata personale. Così ho deciso di pubblicarlo. L’arrangiamento è scarno, con solo chitarra e violoncello, per rendere l’atmosfera più intima possibile.

Yoed Nir. Come è collaborare con lui?

Semplicemente fantastico. L’ho conosciuto tramite il sito SoundBetter. Gli ho mandato l’mp3 del pezzo, ha arrangiato la sua parte, l’ha registrata e me l’ha inviata. Il tutto nell’arco di 24 ore. L’arrangiamento e l’esecuzione sono stati del livello di un professionista qual è. Quello che mi ha mandato è quello che sentite nel brano.

Il video di “Blue Neighbourhood”. Dove e come è stato girato? Di cosa parla questa canzone tanto rockeggiante?

Il video è stato girato nella zona industriale di Trieste e consiste in un unico piano sequenza con la telecamera posizionata all’interno dell’autovettura. È stato divertente e difficile allo stesso tempo dover cantare in playback al doppio della velocità perché poi le immagini sarebbero state rallentate e cambiarsi velocemente mentre la telecamera girava. La canzone parla di depressione e di una persona che ne soffre, che chiede aiuto e da qui l’impronta rockeggiante, di rabbia; un tema di cui si parla poco ma che affligge tante persone.

I The Rideouts non sono dei pivelli del campo musicale. Anni di esperienza, sperimentazione e talento. Come queste ultime cose si devono intrecciare in una band e quanto è importante ognuna di loro?

Credo si debbano intrecciare in maniera equilibrata ed è quello che cerchiamo di fare. L’esperienza è un bagaglio indispensabile per cominciare, il talento aiuta, ma è la volontà di sperimentare che ti fa progredire. Se riesci a mescolare tutte queste cose nel modo migliore sei sulla strada giusta.

Oltre la musica che arti preferite?

Praticamente tutte: pittura, scultura, letteratura…Qualsiasi campo artistico può solo che arricchirti in un modo o nell’altro.

Per finire, salutate i nostri lettori e date qualche consiglio a chi sta muovendo i primi passi nel mondo della musica….

Un saluto a tutti i lettori di system failure e grazie per esser arrivati a leggere fino alla fine :). A chi muove i primi passi suggerisco di credere in ciò che si fa ma di essere soprattutto aperti e disponibili a imparare dagli altri. Solo così ci si migliora.

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