Intervista a Stefano Bruno

Bentornato su system failure. Cosa ti ha spinto a creare il nuovo singolo “Ti lascio stare per le strade del cielo”?

E’ stata una reazione a una frase che nella mia vita ho sentito pronunciare tante volte a sproposito, come risposta automatica standard: mi dispiace. Immagino quanto… se l’espressione del viso e il linguaggio non verbale suggeriscono tutt’altro. D’accordo. Non è semplice scusarsi nel modo giusto, riuscire a dimostrare empatia e comprendere ciò che una persona patisce. Ma se oltre a subire un torto e un disagio una persona subisce pure l’indifferenza e la noncuranza… Allora no. E’ veramente troppo! Oppure quando ti dicono “ mi dispiace” con pietismo e commiserazione. A volte ti hanno pure ferito o addirittura spezzato il cuore. Così ho deciso di scrivere per togliermi dei sassolini dalle scarpe, sentendomi più leggero, più libero. Libero di esprimermi, di giocare con le parole e di dire a modo mio quello che mi pareva e che avevo voglia di dire.

Perché questo titolo?

Perché “a quel paese” non ci sono più posti. Così ho pensato a un posto più grande (ride). Il titolo l’ho preso da un quadro surrealista di Mario Logli, esposto in una mostra a Senigallia. Mi piaceva così tanto quella frase che non potevo lasciarla lì. Mi sono promesso che avrei dovuto metterla da qualche parte, diffonderla nel mondo. Darle eco, risonanza. Così è entrata nel mio immaginario, nel mio gergo e nel mio vocabolario. All’inizio era soltanto un verso tra tante parole e fogli sparsi. Poi un giorno è diventata una canzone.

Che ne pensi dell’attuale indie pop italiano? Ha bisogno di una scossa o va bene così com’è?

Lo scenario indie italiano è in fermento. Sarà che il mondo va a rotoli, perciò di cose da dire ce ne sono a volontà. L’indie è un fenomeno di massa che è entrato prepotentemente nella cultura popolare. Ha dato una spallata alla tradizione e allo stile delle canzoni. Ma una scossa ci vuole sempre per evitare che la situazione si stagni con tanti artisti che fanno tutti le stesse cose. C’è sempre bisogno di sperimentazioni, e di qualcosa di nuovo per rompere gli schemi.

Quali sono le vere novità musicali nell’indie italiano attuale per te?

Tra gli artisti nuovi del panorama indie apprezzo Motta, Giorgio Poi, Fulminacci, La Municipal e Management. Per quanto riguarda le donne invece Levante, Angelica, Margherita Vicario, Rachele Bastreghi e Marianne Mirage.

Ti hanno mai proposto di comporre musica per una colonna sonora? Se no comunque accetteresti una proposta del genere?

No mai. Però mi piacerebbe. E’ un’esperienza che mi intriga e mi incuriosisce non poco. E’ sempre figo quando due arti si intrecciano e si mescolano.

Quali sono le differenze tra “Carlotta” e il tuo nuovo singolo?

Sono entrambi brani pop. “Ti lascio stare per le strade del cielo” è un brano scritto di pancia e senza filtri, in un linguaggio più diretto. Ognuno può vederci quello che gli pare. Ma che le parole non vengano travisate e non si attribuiscano alla canzone messaggi misogini e sbagliati. E’ un brano che mostra altri lati di me e del mio carattere, che non tutti conoscono. In questo mondo di pretese, dove tutti vogliono tutto subito, dove non c’é attesa. “Carlotta” invece, è un brano più maturo e consapevole, con un testo più ermetico anche se il ritornello ti rimane. Rappresenta il mio mondo emotivo ma anche il mio mondo musicale. I generi che mi hanno influenzato ma anche una linea di confine tra ciò che è stato e quel che sarà.

Secondo te, qual è la cosa più importante nello scrivere una canzone ?

Avere qualcosa da dire. E poi essere se stessi, cercando di mantenere una visione oggettiva e distaccata dal nostro ego, con altri occhi o altre orecchie.

Qual è il migliore verso che hai mai scritto ?

Forse scrivilo sul mare… Però non spetta a me dirlo. Risulterei troppo spocchioso. Dovrebbe dirlo chi ascolta le mie canzoni. Spero di non avere ancora scritto il verso migliore, di avere ancora tanto da dire. Così da non accontentarmi, migliorarmi sempre e aggiornare il mio stile, per non adagiarmi sugli allori.

La colonna sonora della tua infanzia…

“Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni. Uno dei brani del filmato del matrimonio di mamma e papà. Le maestre dicevano che all’asilo la cantavo sempre.

Quali sono i progetti per il tuo futuro?

Per ora mi godo il disco che sta per uscire. Sto lavorando tanto per promuoverlo e per tornare a suonare dal vivo. Sarà dura finché mancheranno gli spazi e le opportunità per metterci in luce, e se non ci metteranno nelle condizioni di poter garantire performance dignitose. Ma la voglia di fare e di dimostrare è tanta.

Qualche aneddoto, episodio particolare che vorresti raccontarci?

Anno 2003. Seconda media. Era il periodo in cui Tiziano Ferro bissava e confermava il successo di Rosso relativo, con l’album 111. Sono sempre stato un ragazzino timido tranne alle medie, periodo in cui ero piuttosto scalmanato. Anche se la mia passione per la musica è esplosa molto dopo, quello fu un segnale. Una sera, mentre guardavo la classifica su All Music TV e sentii Sere nere scattò qualcosa dentro di me che ancora non avevo chiaro… C’era un giorno della settimana in cui la mattina avevamo Storia dell’Arte e puntualmente, tutte le volte la professoressa andava a bere il caffè in portineria, stando via almeno mezz’ora. Una mattina presi coraggio e di punto in bianco salii su un banco a cantare. Poi passai sulla cattedra, con tutte le scarpe per prendermi il mio palco per cantare a squarciagola. Così per un certo periodo, ogni settimana, quando lei usciva, salivo sulla cattedra e cantavo alla classe la mia canzone preferita.

Per concludere saluta i nostri lettori e fai un appello per invogliarli ad ascoltare la tua musica…

Ciao a tutti i lettori e gli appassionati di musica. Vi invito ad ascoltare il mio disco che esce proprio in questi giorni, in particolare se amate i cantautori e la musica italiana. Si intitola Per le strade del cielo. Fatemi sapere cosa ne pensate.

CREDITS:

Artwork by Giovanni Cuviello

Musica, testo e vocals: Stefano Bruno

Batteria: Davide Lepido

Prodotto e registrato insieme a Francesco Campanozzi presso lo studio Casamedusa (Milano)

Mix e mastering: Max Lotti

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