Intervista a Extempore

Benvenuti sul nostro sito. Innanzitutto come vi siete conosciuti? Come è nata l’idea di questo progetto musicale?

Tamara Soldan: Ci siamo conosciuti tramite la moglie di Michele, Francesca, con la quale cantavamo in un piccolo gruppo vocale di musica popolare a Berlino. Con lei si è instaurata una bella amicizia che si è allargata a tutta la famiglia. Avevo quindi chiesto a Michele di voler provare a fare un progetto insieme. Era un periodo in cui il jazz, dal quale provengo, non lo sentivo più come il mio abito. Avevamo iniziato con una rivisitazione dell´Ulisse di Joyce in forma improvvisata ma non era abbastanza efficace. Da lì è nata l’idea di recuperare una precedente esperienza decennale con il canto gregoriano. Musica che avevo assimilato, musica profonda e libera da strutture ritmiche. In quel momento era per me il linguaggio espressivo perfetto che traspariva autenticità (perchè parte del mio background), con una forma aperta e una lingua universale, il latino. Mi piaceva l’idea di una musica che trascende il tempo. Insieme a Michele e la sua esperienza di musicista elettronico, abbiamo cercato di immaginare un dialogo tra passato e presente attraverso la ricerca timbrica della voce e i paesaggi sonori contemporanei di Michele.

Potete presentarci il disco “From the Darkness to the Light”. Quale delle tracce del disco preferite in particolare?

Michele Pedrazzi: Forse la mia preferita è l’ultima, Sine Nomine, una delle ultime che abbiamo registrato. La struttura è più libera, i suoni in un certo senso più estremi, non c’è testo, ed è tutto molto aperto e imperfetto, ma in senso buono.

Tamara Soldan: E’ sempre difficile rispondere, è come chiedere quale sia il figlio preferito. Anch’io probabilmente sono legata a Sine Nomine. I suoni presi in diretta ad una stazione della metro di Berlino, riportano l’attenzione da un paesaggio quasi onirico precedente, alla realtà, al racconto del nostro tempo, alla quotidianità e per questo forse più toccante. L’Ave Maria solo vocalizzata è la nostra voce interiore accompagnata dal synth di Michele fortemente espressivo.

Si può definire il vostro disco “esistenzialista”?

Michele Pedrazzi: All’esistenzialismo associo il disorientamento, la ricerca assillante del senso della vita. Ma il nostro umore nel creare l’album era fondamentalmente positivo, curioso nel vedere dove ci portava il processo creativo. È vero comunque che i brani impongono un confronto con questioni esistenziali, e il problema ce lo siamo posto. La soluzione che ci siamo dati è di sostituire (mentalmente, ma poi anche concretamente) il “Dominus” dei testi gregoriani con “Homo”: le questioni ritornano a noi, perché forse siamo in grado di rispondere.

Tamara Soldan: Il nostro lavoro parte da un dialogo con sé stessi, un’osservazione interna che si apre verso l’esterno cercando nuove risposte, a volte riprendere confidenza con sé stessi e il mondo che ci circonda. Direi quindi che non è assimilabile al concetto di esistenzialismo in senso stretto.

Come è collaborare con Da Vinci Label?

Tamara Soldan: Quando Edmondo Filippini, il presidente di Da Vinci Label, ci ha chiamato dopo aver ascoltato le tracce, era a dir poco entusiasta. Dopo una breve riflessione su quale genere pubblicare il disco, ha deciso di farlo uscire nella collana Classics.

Quanto è importante sperimentare con la musica?

Michele Pedrazzi: La musica può essere tante cose, qualcosa con cui ci si rilassa, con cui si balla, con cui si prega, con cui si sperimenta…Vanno tutte bene, è questo il bello. Il lato sperimentale è importante nel senso che va dimenticato. È quello forse meno immediato, ma fare musica è sempre un’attività sperimentale.

Tamara Soldan: Sperimentare per me in musica vuol dire avere una visione, un’idea, un pensiero e cercare l’espressione musicale appropriata per esprimerla. Questo vuol die che a volte gli strumenti che abbiamo non sono sufficienti e quindi cerchiamo di spingerci oltre o altrove, provando nuove sfumature vocali, usando nuovi strumenti musicali, nuove sonorità finché troviamo quel gesto musicale che in quel momento identifica la nostra visione. Sperimentare vuol dire anche non fermarsi all’abitudine perché siamo comunque sempre in cambiamento. Possiamo cantare o suonare la stessa musica , non importa il genere, per molti volte e per molti anni. Troveremo sempre una sfumatura diversa, un accento, un’energia che rende quel pezzo sempre nuovo e fresco perché noi siamo diversi.

In un mondo al collasso per tanti aspetti quale è il ruolo della musica?

Michele Pedrazzi: Non direi collasso, forse cambiamento, a volte molto veloce. I tempi cambiano e si fatica a tenere il passo. La musica di Extempore vuole essere anche un modo di entrare in una temporalità diversa: ci può aiutare a riprendere confidenza con questa dimensione

Tamara Soldan: La musica da sempre ha il ruolo di toccare le corde emotive delle persone senza influenze esterne perché un atto del tutto personale. Quel che osservo oggi anche dopo il difficile momento che abbiamo da poco superato è quanto la musica, soprattutto live, abbia davvero un ruolo importante. Smuovere emozioni e condividerle con gli altri è un momento prezioso e necessario oggi. Mi è capitato ultimamente spesso che le persone dopo un concerto si avvicinino e mi dicano che ne avevano bisogno. Per me è un grande privilegio poter fare da intermediario tra il grande potere emotivo della musica e le persone.

La musica è certamente un viaggio interiore…

Michele Pedrazzi: Ognuno ha un vissuto musicale interiore. Nel fare (ma anche ascoltare) musica si va ad attingere a ricordi e emozioni a volte difficili da esprimere altrimenti. Extempore però non vuole essere solo un monologo, ha un lato comunicativo, suonatore e ascoltatore sono sempre entrambi parte dell’equazione.

Tamara Pedrazzi: Come dicevamo prima, la scelta del canto gregoriano non è stato un caso. Sono molto legata all’idea di una musica senza pulsazione ritmica, libera dal tempo e dalla materia per permettere di instaurare un dialogo profondo individuale aperto però all’universalità. La musica, come tutte le arti, ha il potere di risvegliare emozioni intense personali, individuali e collettiva.

Cosa vuol dire per voi fare musica?

Tamara Soldan: Posso dire come vivo io il fare musica. Per me è un atto comunicativo. E’ un desiderio forte di esprimere me stessa, di dare voce alle mie emozioni, pensieri, visioni attraverso una forma più o meno ricercata, un gesto musicale che esprima quello che voglio comunicare. E’ un atto collettivo, perché quel gesto, quella forma, quel suono lo offro all’ascoltatore che lo riceverà e lo interpreterà a modo suo. Fare musica insieme ad altri musicisti vuol dire poi fare un ulteriore passo di umiltà. Lasciare gli ego personali da parte e cercare una visione comune, frutto delle competenze, esperienze, personalità dei partecipanti. E’ interessante per esempio come la musica di questo disco, che è stata pensata e decantata verso una direzione venga recepita diversamente a secondo del gusto, del background musicale, del momento e personalità di chi lo ascolta, a volte molto lontana dal nostro pensiero. E non c’è una risposta errata.

Per finire salutate i nostri lettori e parlateci dei vostri progetti futuri…

Michele Pedrazzi: Quanto a me, vari aspetti del mio lavoro tendono alla creazione in solitaria, certo in compagnia di simpatiche macchine, ma vorrei ricreare la dimensione della band. Sto pensando a come trasformare “Quandary”, il mio disco elettronico in solo (uscito a nome Bob Meanza), in una performance per più musicisti. Quindi dedicarmi di più ai live, ovviamente anche quelli di Extempore.

Tamara Soldan: In questo momento sto portando avanti diversi progetti. Uscirà il prossimo inverno un disco dedicato alla musica al tempo di Dante con il duo Vortex in cui canto e suono la viella medievale. Musikfonds Germany ha supportato l’anno scorso un mio progetto in solo, Re-Flexions in cui ho curato tutto, dalla composizione, alla produzione. Dovrei presentarlo in autunno dal vivo. Inoltre da un anno porto avanti un progetto itinerante, Insolitaria, in cui incontro artisti di vario tipo, interagisco con loro, racconto le loro storie e i luoghi dove vivono. Un modo per sensibilizzare l’incontro e il dialogo senza barriere come moltiplicatore di energia e bellezza. Finora sono stati incontri davvero intensi e partecipati. Ringraziamo tutti voi per l’invito e per averci dato questo spazio di dialogo. Vi invitiamo ad ascoltare il nostro album disponibile su tutte le piattaforme e a contattarci anche nei nostri social, per un saluto, domande o curiosità. Siamo sempre felici di incontrare nuove persone. La musica è anche questo. Un caro saluto a tutti!