Intervista a Detevilus Project

Benvenuto su system failure. I tuoi inizi con la musica come sono stati?

Avevo 13 anni, stavo ascoltando “Spiders” dei System of a Down e stavo facendo finta di suonarla con la vecchia chitarra classica di mio padre. A un certo punto ho suonato due note che corrispondevano a quelle della canzone in quel momento. Mi sono preso così bene che sono riuscito a suonarla tutta ad orecchio. Mi sono innamorato subito della chitarra e da allora non ho più smesso.

Quali sono gli artisti che influenzano le tue scelte musicali? Nomina qualche album che ha segnato la tua vita…

Sono tanti, ma sicuramente in primis Death, Gojira, Devin Townsend, Meshuggah e Periphery. Per quanto riguarda gli album direi Sound of Perseverance, l’Enfant Sauvage, Ziltoid, Koloss e Periphery II.

Essere emergenti ora. Che Italia discografica ti trovi davanti?

Devo essere onesto, non sono molto pratico della cosa, nei gruppi che ho avuto ho sempre voluto occuparmi solo della composizione. Contatti, promozione: zero. Questa è la mia prima esperienza e dal mio piccolo posso solo dire che non è facile. Oggi mi sembra tutto comandato dai social, il che da un lato è assolutamente un bene, sei più accessibile a tutti, ma dall’altro c’è molta più offerta e quindi bisogna starci molto dietro per cercare di ritagliarsi un piccolo spazio e per me non è facile. Nelle mie zone poi è sempre più difficile suonare nei locali, molti hanno chiuso, altri hanno cambiato stile per scelte commerciali, altri fanno suonare praticamente solo tribute band. Ed è un peccato, perché ci sono moltissimi gruppi che meriterebbero molta più risonanza. Probabilmente spostandosi più verso le grandi città le cose cambiano. Però sono solo un neofita, devo ancora capire bene come funziona tutto.

Ci parli del tuo progetto artistico?

Tutto è iniziato nel 2010, in un momento in cui sentivo la necessità di dover comporre qualcosa che fosse solo mio, non per un gruppo. Ho provato a comporre alcune canzoni e ho sentito subito di essere nella direzione giusta per me. Così è nato il Detevilus Project. Dopo qualche anno passato a preparare materiale, a crearmi un piccolo studio di registrazione in casa e a imparare a registrare e mixare, finalmente nel febbraio 2019 sono riuscito a pubblicare il mio primo brano “Introducing Myself”, dando veramente inizio a tutto. Nella mia musica prendo elementi dai miei generi preferiti, death metal, prog e djent, e di amalgamarli insieme, non per forza in egual misura, per cercare di ottenere brani non troppo complessi, potenti, ma con una buona dose di atmosfera. La decisione di indossare la maschera arriva poco prima della prima pubblicazione e ormai è diventata parte integrante dell’immagine di questo progetto.

Puoi raccontarci qualcosa su “Origins” che abbiamo pubblicato?

“Origins” è la canzone che ha gettato le basi per tutto, la prima che ho composto e che mi ha spinto a farne altre. Probabilmente se quel giorno non l’avessi scritta, oggi non sarei qui. Essendo la prima, lo stile è molto diverso dalle altre pubblicate, del prog ha molto poco, in prevalenza la considero death metal. Mentre il djent all’epoca non l’avevo ancora scoperto.

E il video di “Origins”? Come è nata l’idea e chi ti ha aiutato a realizzarlo?

Il video(subito sotto) in realtà non ha un vero significato. Come del resto la canzone: non ha un significato particolare, è ciò che rappresenta a renderla importante per me. Le mie origini. Proprio per questo nel video ho deciso di non indossare la maschera, quando l’ho composta non avevo ancora idea che sarebbe nato il progetto, era come un seme pronto a sbocciare. Per questo la scelta di posarla sull’erba e di mettermi vicino seduto su un tronco morto in mezzo alla natura. È stato possibile fare le riprese grazie all’aiuto della mia fidanzata Alessia, che mi ha sopportato per tutto il tempo dietro all’obiettivo.

Di quale messaggio vuoi essere portatore con la tua musica?

Il messaggio principale nelle mie canzoni, quelle cantate almeno, è il credere in se stessi, di dare sfogo alle proprie passioni, non cedere mai e fare di tutto perche ciò avvenga. Un altro tema a me caro è l’ambiente e la sua salvaguardia, per ora presente solo in una mia canzone (Forgive Us). Sicuramente in futuro cercherò di esplorare altre tematiche.

Come prendono vita le tue canzoni? Che tipo di ambiente crei per te stesso quando scrivi una canzone?

Non ho un vero e proprio metodo, l’importante per me è essere il più rilassato possibile nel mio studio, da solo con la chitarra e le idee vengono da sole. Mi piace sperimentare e giocare con metodi di composizione sempre diversi. Il più particolare è quello che ho usato per “Mus”: ho preso una frase significativa per il brano, l’ho convertita in codice binario, agli zero ho assegnato un valore di tempo, agli uno un altro, li ho assegnati alla cassa della batteria e da lì ho creato tutto il resto.

Quale città contemporanea assomiglia alla tua musica?

Credo nessuna, non mi piacciono le città, se posso le evito. Preferisco un bel bosco e la montagna.

E se la tua musica fosse un libro o un film quale sarebbe?

Qualcuno mi ha suggerito “Alien” ahahahah. In realtà ad essere onesto non ne ho la più pallida idea.

Nel mondo di oggi qual è il ruolo della musica?

Non esiste una risposta certa a questa domanda. È diversa per ognuno di noi. Per me la musica deve essere in grado di farti provare emozioni, di farti sentire vivo. Deve abbracciarti e cullarti in un viaggio per tutta la durata del brano, qualunque sia il suo genere.

Oltre alla musica, quali arti preferisci?

Il disegno, è una passione che ho fin da bambino.

Che ne pensi del movimento ambientalista di Greta Thunberg? Che cosa pensi riguardo i cambiamenti climatici?

I cambiamenti climatici sono un fenomeno normale nella storia del nostro pianeta. Solo che li stiamo aiutando in negativo, e non è un bene né per noi né per la nostra casa. Detto questo, io non capisco tutto l’odio che molti riversano su Greta. È tutta strumentalizzazione? Forse. È una burattina? Può essere. È una scusa per saltare la scuola? Per molti sicuramente. Ma sono contento che ci sia, ha svegliato le coscienze di milioni di giovani che sperano in un futuro migliore. Ma dovremmo essere noi “vecchi” i primi a fare qualcosa, siamo noi i colpevoli. È un tema di cui la scienza ci parla da molti anni, è stato pure creato il protocollo di Kyoto per contrastare l’inquinamento, ma sembra che ce ne siamo dimenticati. Finché rimarremo passivi a guardare, non cambierà mai nulla.

Con quale band o musicista vivo o morto condivideresti il palco?

Sarebbero tantissimi, ma in assoluto Chuck Schuldiner, Cliff Burton, Gojira e Devin Townsend.

Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi prossimi progetti musicali?

Attualmente mi sto concentrando sulla creazione di video per il mio canale YouTube e a cercare di migliorare le mie capacità di mixaggio, ed essendo autodidatta, è un lavoro che mi porta via molto tempo. Però ho già in testa mille idee e qualche nuova bozza ho già iniziato a scriverla, col nuovo anno penso che inizierò la stesura di un album intero, magari con qualche collaborazione. Può essere che remixerò le canzoni pubblicate finora e ne farò un altro album. E se un giorno riuscirò a trovare le persone giuste chissà, potrei pensare anche di iniziare a uscire live.