“In Between”, disco dei BIR TAWIL
L’opener del disco è “As fire as well”. Subito siamo introdotti a questo sound etnico tanto convulsivo e travolgente. Le percussioni giocano una parte fondamentale come pure l’elettronica: sembra di ascoltare un “downtempo etnico” se posso azzardare. Tanto evocativo il cantato nelle diverse istanze presenti nella canzone. Segue “The chain” e questo refrain di chitarra in sottofondo sembra un sussurro sonoro. Gli inserti electro completano il sound e lo rendono più corposo, un qualcosa di sperimentale, chill out ed ambient allo stesso tempo. Inebrianti le frequenze basse che fungono da architettura portante per gran parte. Mi piace un sacco il modo in cui si fondono le percussioni “reali” e l’elettronica: sembra un amplesso sonoro, mi fa pensare ad un Motel Connection in versione tribale, aulica, tanto sperimentale….
Ecco “Southern wind” dove abbiamo Julie Mélina Macaire-Ettabaâ alla voce come ospite. Qui il sound diventa tanto orientaleggiante ma sempre nel solco delle precedenti, ossia tanto onirico, mentale. Riguardo il canto Carlo H. Natoli è uno dei punti di forza di questa formazione di certo non consueta ed adatta per teatri, musica da camera ed altri contesti che richiedono un certo focus da parte dell’ascoltatore.
Segue “Between two lands” con queste percussioni profonde di Dario De Filippo e refrain tanto ipnotici. Questo pezzo, per alcune sonorità, mi risulta tanto psych. In questo duo tanta cura per il songwriting, maniacale direi. Il disco è stato missato e masterizzato da Carlo H. Natoli al RoofTop Studio (Londra): direi che è stato fatto un lavoro eccelso e opportuno per questo tipo di musica adatta un pubblico di nicchia ma che pure un ascoltatore “distratto” può apprezzare perché estremamente coinvolgente. Perché? Il “battito della terra”, i suoni tribali, in tempi antichi facevano vibrare le anime umane quindi questa musica electro-tribale può essere ascoltata da chiunque…sono suoni che sono dentro di noi…non li possiamo cancellare…
Siamo arrivati a “Season of men” con questo arpeggio e suono atmosferico di fondo…Hafid Bidari è voce e guembri in questo pezzo. Una canzone ipnotica e toccante grazie a questi fraseggi e percussioni “insistenti”. La musica di BIR TAWIL è adatta anche per una colonna sonora cinematografica…per il suo carattere viaggiante tanto pronunciato…musica per viaggi e visioni….questo è lo slogan per presentare la musica di questa band…
“The hanged” propone ancora un refrain ripetitivo con voce di accompagnamento del solito Carlo H. Natoli, tanto carismatico e penetrante. I versi ripetuti contribuiscono a stordire l’ascoltatore oltre la musica…l’elettronica completa il tutto per un pezzo che è una perla di questo disco….Cesare Basile è ‘ngoni, synth e organo in “My heart as a crown”, un altro pezzo sfavillante che mi ha provocato un’emozione indicibile, anche esso tanto etnico per via del ‘ngoni. Lo ‘ngoni per come è suonato sembra un synth…Baptiste Bouquin è clarinetto in “Lu libbru di li ‘nfami”, ultimo pezzo della serie. Qui si trasale letteralmente. I suoni ti creano come una sorta di vuoto in petto. Grande uso dell’effettistica: come non notarlo. I refrain scelti sono sempre tanto indovinati…
Musica per esotismo spaziale e temporale quella dei BIR TAWIL, musica ancestrale in un mondo iperattivo, super veloce e dedito all’hype. Vale la pena farla? E come no….Bisogna solo scappare da questo mondo folle e collassato, il mondo che noi ci siamo scelti grazie al trionfo della tecnologia e dell’individualismo, grazie alla caduta delle ideologie. Non si può tornare indietro, non si possono negare individualismo e tecnologia ma si può recuperare una dimensione spirituale perduta, una perdita di spessore artistico ed intellettuale in una società di naufragio dei valori. BIR TAWIL aiuta a fare questo, aiuta a recuperare una dimensione spirituale perduta con suoni solo apparentemente essenziali, tanto ben congegnati, strutturati….