Emenèl – “Border Remixes”

BORDER REMIXES” raccoglie i remix di due singoli estratti da “Border Diary”, l’album d’esordio del cantante e producer Emenél realizzati da GODBLESSCOMPUTERS e PAOLO BALDINI DUBFILES.
“Border Remixes” è disponibile da oggi su Spotify, iTunes e tutte le piattaforme digitali.

Emenél è il progetto solista di Moreno Turi, cantante, producer, autore e compositore che si divide tra Torino e il Salento. Frontman degli Steela fino al 2012, ha collaborato con gli Africa Unite, Raiz degli Almamegretta e suonato in apertura ad artisti del calibro di Black Eyed Peas, Anthony B, Subsonica e Caparezza. Si è esibito sul palco a fianco di Roy Paci e gli Aretuska con il progetto “Valelapena” ed è membro della band torinese The Sweet Life Society. Nel corso degli anni si è esibito nei principali club italiani ed internazionali (tra cui il Paradiso di Amsterdam o il Village Underground a Londra) e sui palchi di alcuni tra i più prestigiosi festival europei, come il Glastonbury Festival, Boomtown, Fusion, Sziget e l’Eurosonic.

“Border Diary” è il disco d’esordio di Emenél, pubblicato nel 2018 dalla label BlackSeed Records. Un progetto che il cantante, compositore e producer definisce “elettronica nera”. Un album che raccoglie un vero e proprio melting pot di suoni provenienti dai vari epicentri di musica elettronica del mondo che si insaporiscono di ritmi black in levare, beat spezzati e fuori griglia, connaturati nel background del cantante.
Per chiudere il ciclo di Border Diary Emenél ha affidato due brani estratti dall’album a due tra i producer italiani che con le loro produzioni ambiscono a sonorità che escono dai confini nazionali, la cui musica nasce ed è concepita “per il mondo” e “del mondo”: Paolo Baldini DubFiles, nel remix di “Leaves” e Godblesscomputers per il singolo “Who I Am”.

Insieme a “Border Remixes” è disponibile da oggi il VIDEO di “Who I Am – Godblesscomputers RMX”, realizzato da Guglielmo Bianchi, una sequenza di immagini animate che esortano ad uscire dai muri che spesso e più o meno inconsapevolmente costruiamo intorno a noi, con le nostre stesse mani, usando come malta la paura e la diffidenza nei confronti del diverso.