Vanterrania – Galaxies

Le produzioni di Vanterrania sono ormai note a noi di System failure. La sua voglia di sperimentare dal sapore tanto indipendente ci riempe l’animo e ci tocca il cuore. “Galaxies” è il suo lavoro più completo, il disco dove l’artista dimostra la sua completa maturità, il disco che dimostra che lo stile di Vanterrania è ormai definitivo.

Già dalla prima traccia “Space”, traccia che fa pensare a tratti a God is an astronaut, vediamo che i pattern sonori sono sia tanto solidi che tanto testardi ed ossessivi come è nello stile di Vanterrania. Nella title-track “Galaxies” ritroviamo i “quintali di flanger” alla Vanterrania, flanger che conferiscono al sound un impatto ed una durezza invalicabili. Come non sottolineare che i flanger alla Vanterrania sono suoi e basta, mai ascoltati prima, sono presenti solo nei suoi album, nella sua musica. In “Galaxies” c’è l’espressione di un barlume sonoro che cerca di farsi strada in un’oscurità tanto fitta. Stesse parole sono valide anche per “Fires”.

Nella successiva “Clouds” ancora più luce arriva, una luce malinconica fatta apposta per il nostro cuore che tende all’infinito. Come non pensare anche ad alcuni Sigur Ros o Boards of Canada ascoltando Vanterrania. “System”, invece, è una sorta di requiem elettrificato, un pezzo lugubre che fa pensare ai The Cure di “Pornography” per la sua accezione particolarmente funesta. “Dark Dreams (Remix)” continua con impressioni sonore lugubri aggiungendo qualche sprazzo di luce ed un beat alquanto dinamico, quasi dance. È proprio questo pezzo che mostra maggiormente che il sound di Vanterrania si propone a noi con tanta consapevolezza dei propri strumenti, delle armi a sua disposizione. Anche qui il nostro è sempre tanto ossessivo e pure particolarmente noise come in altre parti del disco.

“The Fox” sembra un pezzo alla Nine Inch Nails “sporcato a manetta” dal “delirio sonoro” che spesso riesce a mettere in mostra Vanterrania, un delirio sonoro concepito da uno sperimentatore per menti “nerd” che non sono mai sazie di viaggi mentali di vario genere. “Carillon” è proprio criptico ed asfissiante: davvero impenetrabile il sound di questa canzone che, come altre, eccelle per lunghezza e per straordinaria narrazione psichedelica. Dopo la parentesi pseudo-mistica di “Green”, degna di poter stare sotto un film di Dario Argento di qualche decennio fa, arriva e conclude tutto “Wonderland” con il suo incedere sempre martellante, forse anche più di qualche altra canzone del disco.

Vanterrania è il benvenuto su System failure, è un piacere ascoltarlo e perdersi nel suo labirinto sonoro instancabile e smanioso. Gli strumenti che usa Vanterrania si fondono dando origine ad un amalgama electro tanto viscoso ed indistricabile. Allora inoltratevi nelle “Galaxies” di Vanterrania, un viaggio immaginifico e surreale di rara bellezza.