Suck my Blues – “Rebirth”

Rebirth”, il nuovo album dei Suck my Blues, è caratterizzato da un sound “potente”, dall’immediato impatto emozionale, con le radici attecchite nel blues e nel rock per poi giungere a sonorità electro. System failure lo ha ascoltato e quelle che seguono sono le nostre considerazioni a riguardo.

L’intro “John the revelator” ci offre una chitarra blues e un beat tanto ritmato. Poi c’è “Histeric and useless” della quale colpiscono i refrain di chitarra e il beat electro che fa pensare ai Nine Inch Nails. Il cantato è tanto sensuale per alcuni passaggi. Segue “Madness” e il pensiero va ai Black Light Burns e Babylon Zoo: infatti, il sound di Suck my Blues in “Rebirth” è, tra l’altro, tra rock elettronico ed industrial. “Madness” è il miglior pezzo dell’album, quello davvero irresistibile con il suo estro arrembante. Che assolo troviamo verso la fine del pezzo.

“Last Night A DJ Saved My Life” ci porta più verso il synth pop con il suo beat a tratti anche dance. Anche qui il cantato è tanto sensuale e le sonorità electro ci fanno pensare ai Depeche Mode. Anche questo pezzo notevole. “Jessy King” ci offre dei veri e propri riffoni portentosi che portano la nostra mente di nuovo a Black Light Burns. Non c’è che dire una produzione eccellente è alla base delle canzoni di questo disco, una produzione “californiana” sembrerebbe, tipo quella di band come In this moment o Butcher babies.

“Interstellar” è una sorta di intermezzo blues/electro tanto evocativo. “Burning” comincia con inserti electro tanto ammalianti. Colpiscono il kick di questo pezzo e altri riff marziali, entrambi accompagnati da un cantato carismatico. Non manca l’assolo apocalittico. Pure “Solitary man” comincia con inserti electro ancora tanto guerreschi. Le spirali sonore di questo pezzo sono fantastiche. Anche qui pensiamo in parte ai Depeche Mode. Altra perla del disco “Solitary man” con il solito solo di chitarra sempre più o meno verso l’uscita del pezzo.

“Suck & Don’t Stop” esordisce con uno spoken robotico iniziale accompagnato da un piano. Tutto molto sci-fi e suggestivo. Poi segue un beat dance tanto trasportante. Qui l’elettronica, come è evidente, è predominante rispetto agli altri pezzi. Bello il climax verso la metà del pezzo. Una canzone decisamente da club. “Monday blues” chiude il tutto con il suo blues semplice e di impatto da ascoltare in una bettola o sulle rive del Mississippi.

Il tentativo di fondere rock, electro, industrial e blues non è semplice ma in “Rebirth” questo connubio insolito è riuscito davvero in modo ottimale. Per noi di System failure la sperimentazione è di importanza fondamentale e accogliamo “Rebirth” a braccia aperte e gli conferiamo un bel 85/100 non solo per l’originalità ma anche per la produzione eccellente e per la cattiveria sonora che a tratti emerge.