>>“Stone And Death”- daRKRam – recensione cover
Le rocce, i sassi su cui camminiamo sembrano elementi così primordiali e privi di vita. Il nostro passaggio passa indifferente sopra di essi e loro rimangono lì, nello stesso punto di prima o solo lievemente spostati dal nostro peso. E se tutto questo potesse mutare, se potessero muoversi e sopraffarci? Ci sono dei timori nell’uomo, delle paure innate da dei nostri pensieri turpi che dalla visione di questi elementi così naturali e primitivi tremano, e generano a nostra volta delle ansie inesplicabili. Questo è il punto di partenza dell’album “Stone And Death”, primo disco solista di daRKRam, alias Ramon Moro, nel quale musicalmente possiamo percepire questa morsa da cui il protagonista cerca di uscire.
Il concept del disco è proprio formato dalla insolita emozione provocata dalla visione di una frana ai piedi di una montagna. L’imponenza della natura che perde la propria staticità e rischia di crollarci addosso. Questo volto umano e imprevedibile che prende invece parte in un soggetto totalmente inorganico e inamovibile per volontà propria. La montagna e la sua maestosità sono sempre state nel collettivo pensiero come significato di trascendenza, dimora degli dèi e termine dell’ascensione umana. Molti paesi hanno una montagna che considerano sacra, il cammino in salita ha proprio la simbologia di un’elevazione spirituale e atto di fede. Nel caso del concetto di questo disco ciò viene a mancare e porta un decadimento sentimentale, facendolo sprofondare sotto l’impetuosità del crollo. L’uomo non è nulla di fronte alla grandiosità dei monti. Ci si sente realmente inferiori e impotenti ai piedi di un gigante così silenzioso e statico. L’essere inattivo è solo una impressione. La natura non va mai sottovalutata, se si pensa che solo una scossa potrebbe cambiare radicalmente il susseguirsi degli eventi, diventando in questo caso un informe viso, deturpato, come quello che sembra intravedersi nella copertina del disco. È un volto trasformato in roccia o un sasso nel quale si sta intravedendo una faccia umana ormai segnata dall’aver sfidato qualcosa o di essere capitata in un momento instabile della natura. Un grigio soggetto che pare essere il tentato autoritratto del musicista che resta nascosto; si intravede una barba, la cavità della bocca al centro e i fori in cui un tempo c’erano degli occhi, o forse si stanno formando dietro un plumbeo masso. Da lontano la cosa è più evidente, la forma sembra quella di un cranio. La morte come la natura che silente fa ricordare di esistere.
di Sara “Shifter” Pellucchi(https://www.facebook.com/shiftersara?fref=nf&pnref=story)
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