Ostinàti- Stone Wall
Arriva il primo album de gli Ostinàti dal titolo “Stone Wall”.
La band siciliana si cimenta in sperimentazioni progressive jazz, nelle quali risuonano i fasti della scena fusion e smooth jazz degli anni d’oro.
Il disco si apre con “Syncro”, un brano dai mille volti nel quale si viaggia a suon di ritmiche scomposte, sulle quali danza un sassofono al quale fa eco una chitarra elettrica che lo accompagna assiduamente nelle prime frasi, per poi colorarne le armonie ed i silenzi durante il solo. Poi ancora soli di synth e chitarre.
Si passa poi a “St. James Street”. Questa volta tutto è decisamente più funky, più fusion e così proseguendo si arriva a “Speak No Evil”, omaggio a Wayne Shorter, una romantica ballata fusion da chiaro di luna o lume di candela, nella quale gli strumenti danzano sensualmente sulle ali delle note.
Ancora tanta Fusion in “Smooth Lava” in queste atmosfere da jazz club. Tanto ritmo. Tanto da far muovere il corpo in maniera automatica. Gran lavoro nella parte ritmica da parte del gruppo. Il groove del brano ed in generale della band è davvero potente e ben curato. Questo brano è stato realizzato in collaborazione con Saro Tribastone e le collaborazioni non finiscono qui.In “The End Of Horizon” c’è l’apporto di Jah Sazzah, Marco Pluchino, Claudio Giunta, Sebastiano Scirè e Veivecura. A farla da padrone sono senz’altro le percussioni che si mescolano al sound in maniera egregia in questa sorta di danza latina. E mentre tutto scorre, all’improvviso, appare una tromba con sordina e qui c’è la magia. Il brano prende una direzione totalmente differente, divenendo a tratti mistico e, senz’altro, la ciliegina sulla torta è proprio questa.
“Stone Wall” si apre con un riff di basso e subito entra nella dimensione della fusion, strizzando ancora una volta l’occhio alla scena americana degli anni d’oro, così come “Runner Mode” che si spinge di più verso il progressive, con ritmiche più sostenute e frasi melodiche più rapide di scuola post bebop. Una delicata ballad, un po’ nostalgica e malinconica è “Settembre”. Il tocco è decisamente ponderato e pacato. Sentito. Così come un musicista sa sentire davvero cosa c’è dietro ogni singola nota, ogni singolo tocco sulla corda, sui tasti, sulle pelli di una batteria. Poi che bello è l’organo che apre “Zu Monucu House Blues” e quanto ritmo. Tanto ritmo. Tanto da far invidia alle grandi formazioni. Un brano degno di nota stracolmo di blues e di swing. Pazzesco. Consiglierei l’ascolto del disco solo per poter arrivare a questo brano. E in ultimo, come dice lo stesso titolo, c’è “The Last Song”. Questa volta una ballad in stile latin jazz molto classica a chiusura di un disco nel quale non manca l’ostinazione nel credere profondamente in ciò che si vuol fare senza badare a cosa il mondo vorrebbe.
Questi sono gli “Ostinàti” e questo è il loro “Stone Wall” e noi vi invitiamo ad ascoltarlo.