Marix ci parla di Corpi Celesti

1)Benvenuto su System failure. Hai pubblicato un nuovo album, Corpi Celesti. Puoi presentarlo ai nostri lettori?

Corpi celesti è un album di nove canzoni (in realtà dieci ma il testo di “Donnaluna” è preso pari pari dall’Ulisse di Joice e non ho ottenuto il permesso di pubblicarlo) che raccontano di personaggi esistiti, esistenti e alcuni di fantasia, senza sentirmi legato ad un genere musicale specifico.

2)Ci parli della tua formazione da musicista?

Mio padre mi ha mandato a lezione di pianoforte a cinque anni dicendomi che quella, dopo la scuola, era la cosa più importante nella vita. Ho resistito a fatica e con scarsi risultati fino ai dodici anni. Liberatomi da questo giogo ho imparato a strimpellare la chitarra per conto mio fino a quando ho capito quale era il mio vero amore: il basso. Solo a ventun anni però ho avuto la mia prima esperienza in un gruppo, I beatbox. A quello ne sono succeduti altri quattro nell’arco di vent’anni. Nel 2012, due anni dopo lo scioglimento dei La-di-Da, ho cominciato a soffrire di crisi da astinenza musicale e non volendo ricominciare da capo con altre persone ho provato a fare i miei primi esperimenti compositivi fino al 2014 quando, con l’aiuto di Davide Mahony, è nato il primo album “Il peggio di me” seguito, nel novembre del 2016, da “Corpi celesti”.

3)Da dove è nato il titolo del disco? Ci parli anche della cover?

Raccontando di personaggi a mio avviso speciali, “Corpi celesti” vuole rimarcare la loro unicità, pianeti a sé stanti nell’universo. La cover è il frutto di una cooperazione familiare. Il disegno è realizzato per l’occasione da mio figlio Andrea. Un razzo parte dalle rive di un lago circondato da cipressi alla volta di un sole/cervello. Nel lago si specchiano vari pianeti e, fra le sue acque, si intravede Moby Dick. Il retro copertina raffigura l’atterraggio dell’astronave che ha le sembianze di una boccetta di profumo. All’interno del booklet i testi hanno come sfondo le fotografie scattate da mio figlio Lorenzo alla scultura realizzata da mio figlio Davide.

4)Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Leggo molto e amo il cinema, la maggior parte dell’ ispirazione arriva da li.

5)Quali sono i punti forti della tua musica? Cosa può incuriosire un eventuale nuovo ascoltatore?

Cerco di evitare acrobazie musicali alla ricerca dell’originalità. Mi piace pensare inoltre che i testi, raccontando storie, incuriosiscano gli ascoltatori al punto tale da informarsi sui loro protagonisti.

6)Come nasce una tua canzone?

Dalla voglia di condividere l’emozione ricevuta da qualcosa che ho letto, visto o vissuto, dalla ricerca di un’atmosfera che riesca a descriverla. Alla fine arrivano le parole.

7)Se la tua musica fosse una città a quale assomiglierebbe?

Spero a una città diversa a seconda del brano.

8)C’è un brano in questo disco al quale ti senti molto legato?

In realtà li amo tutti indistintamente.

9)Quali sono gli artisti o gli album che ti hanno maggiormente influenzato?

Credo che tutta la musica che ho ascoltato abbia lasciato un segno dentro di me, dalla classica alla techno. Trovo però che nelle canzoni dei Baustelle ci sia il giusto equilibrio fra argomenti musiche e testi.

10)Hai delle sorprese nascoste o dei sogni nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è trovare, finché vivo, qualcosa che mi emozioni al punto tale da volerne cantare.

11)Con chi vorresti collaborare un giorno? Con chi sogni di suonare? E in quale festival?

Il mio fare musica è una passione, un’esigenza, una fantastica alternativa alle sedute di psicanalisi e per far si che resti tale ho scelto di non trasformarla in un lavoro. Di conseguenza ho somministrato la giusta dose di bromuro ai miei sogni.

12)Ci descrivi il tuo concerto perfetto?

Un concerto alla fine del quale nello sguardo del pubblico io riesca a leggere il ringraziamento per aver ricevuto qualcosa.

13)Siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata. Ti va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Siate generosi con voi stessi e con gli altri. Amen