Love Ghost – Sabertoothed

Dopo l’uscita di vari singoli, fra cui Outer Space dello scorso anno, tornano a farci compagnia con la loro giovane musica (anche se saldamente fondata su quella meno giovane degli anni ’90) i californiani Love Ghost con un EP composto da quattro nuovissimi pezzi di un genere che cammina senza un vero e preciso equilibrio fra il grunge e l’hip hop.

Il nostro ascolto parte da “Tribe”, un brano che ti entra delicatamente nelle orecchie con una morbida cassa in 4/4 che domina l’intro del pezzo. Un momento dopo la struttura riesce sospendere l’ascoltatore per qualche istante prima di dargli un assaggio di quello che sarà l’impasto musicale principale della traccia. Sfumature elettroniche colorano la ritmica e regalano ambientazioni intriganti che ci accompagnano fino al climax della canzone dove a fare da padrone sono le chitarre che creano un elettrizzante muro di suono spezzato da inserti ad effetto killswitch.

Evoca invece qualcosa in stile anni ’80 l’intro di “Step in the Arena”, sicuramente dalle vesti più elettroniche rispetto al brano precedente. Qui il cantato (che porta un testo che stimola il difendersi da chi prova a distruggerti psicologicamente) padroneggia con evidenza sullo strumentale e fa saltare fuori richiami allo stile di Billy Corgan nonché ci regala dei rapidi passaggi dove sembra aleggiare da qualche parte uno spirito vocale simile a quello del più noto Eminem. Un brano davvero interessante, non facilmente collocabile nell’elenco dei generi e che offre veramente una grande quantità di spunti stilistici stimolanti.

“Hated” sembra invece qualcosa di completamente diverso dai precedenti due brani. Un momento giustamente soft (siamo alla terza traccia di un EP di quattro pezzi) che l’ascoltatore deve avere prima di concentrarsi sul finale. Emergono grandi qualità in questo brano, dove le capacità canore di Finnegan Bell meritano tutta l’attenzione delle nostre orecchie. Una canzone che parla dell’emarginazione e degli effetti che questa può avere sulla salute mentale di chi la subisce con un mood assolutamente non deprimente ma a tratti in grado di caricarci e concederci emozionalmente il beneficio della speranza. Non particolare come il brano precedente ma decisamente credibile.

Il finale, con “War, I Swear”, si preannuncia interessante già dalle prime battute. La linea melodica ci ricorda qualche tratto dei Kasabian. Fresca e moderna, questa è una canzone che vuole parlare dei sentimenti che cambiano nel tempo e che possono condizionare il nostro modo di vedere, in modo positivo, quello una volta lo era e ora non sembra esserlo più. Questo pezzo è sicuramente il più pop di questo nuovo lavoro dei Love Ghost.

A dirla proprio tutta è anche un piacevole, e inatteso, finale di un disco che è stato saggiamente costruito per darci qualcosa di curioso nelle prime tracce prima di ammorbidirci con la terza e di chiudere con qualcosa di più “sicuro”. Dopo tutto, è un lavoro prodotto da Danny Saber (un marchio di garanzia se pensiamo che vanta collaborazioni con i Rolling Stones, Marilyn Manson e David Bowie!) e siamo sicuri che diventerà sicuramente il portfolio di questa band che, a dispetto della giovane età dei componenti, vanta comunque esperienze live internazionali.