Intervista a Trè Hùs

1) Benvenuti su System failure. Come si è formata la vostra band? Cosa c’è dietro il nome della band?

Luca: Hola! La band è nata per la voglia di darci, a livello personale, una “ventata di aria fresca” dopo anni passati a sbilanciare musica, cervello e cuore su generi molto differenti tra loro. È necessaria poi una certa alchimia per far funzionare tutte le nostre teste insieme.

Pietro: L’idea stessa di una casa sull’albero in islandese è il non plus ultra dell’hipster. Complimenti comunque per il nome della zine, poteva essere il sottotitolo della mia vita.

Elvira: Comunque la risposta di Pietro fa ridere perché è vera.

2) Ho letto che “I Trè Hùs sono una fantasia melodrammatica di Elvira Caobelli, Luca D’Isola e Pietro Falezza. Con un suono che mixa elementi di pop, elettronica, rock alternativo”. Potete commentare tali parole?

Pietro: È bene o male il miscuglio dei generi che proviamo a inserire nei nostri brani, cercando di essere un filo originali (bugia).

Elvira: Sicuramente per me parte da un profondo legame emotivo con quello che scriviamo, dato dalla nostra sopracitata “voglia” di sentirci liberi. Ma credo un po’ per tutti noi. Anche per Pietro che la seppellisce sotto una montagna di sarcasmo.

Luca: Personalmente poi a me non è che piaccia più di tanto etichettare la nostra musica sotto un’unica “etichetta”, è veramente quello che ci viene.

3) Diteci qualcosa del vostro background musicale. Nominate pure 3 album che hanno segnato la vostra vita…

Elvira: Io sono per i classiconi, dischi che sono come un bel film che non smetteresti mai di riguardare: Grace di Jeff Buckley, Ten dei Pearl Jam e Little Earthquakes di Tori Amos.

Luca: Sapendo che Pietro abbonderà me la gioco di classe con Music For Theatre di Apparat e tutta la discografia dei Kraftwerk.

Pietro: Io vengo da generi che hanno sempre avuto a che fare con realtà alternative e underground, solo molto più aggressive. Sarebbero veramente troppi da enunciare, facciamo che ti cito i primi che mi vengono in mente: Currents dei Tame Impala, tutta la discografia dei degli Exlosions In the Sky che mi ha insegnato che riverbero e delay non sono pedali ma valori da custodire gelosamente – ma non quell’ultima cosa delle soundtrack che era un po’ “gne ”- e, Mr. Simpatia di Fabri Fibra, che non c’entra un cazzo ma è come il prezzemolo. Sta bene con tutto, ed è perfetto per non sembrare un poser, visti i titoli precedenti. Menzione d’onore all’emo. Tutto. Incluso Lil Uzi.

4) Come prendono forma le vostre canzoni? Parlate del processo creativo alla base…

Pietro: Esco, faccio qualche sorta di cazzata, mi deprimo, apro Tumblr come una ragazzina, scrivo tutto, chiamo Lorenzo Tambosso (a.k.a Shiver/co-writer di gran parte del nostro materiale), lui mi dice “si ok ma manca groove”, mandiamo tutto agli altri, mi prendo il merito per loro e dico un sacco di bugie nelle interviste.

Elvira: In realtà ci sediamo dopo aver ognuno scritto qualcosa in diversi momenti creativi e cerchiamo di lavorare tutto, con l’apporto di Lorenzo (Shiver) cerchiamo di trovare un’identità sonora che sia unitaria e al contempo rispecchi quello che tutti scrivono.

Luca: Poi si sa che il momento creativo è un qualcosa di isolato, ma che al contempo è bello se condiviso. Puoi usarne da solo, ma in compagnia ha un altro sapore. Come la droga.

5) Ho ascoltato il vostro brano dal titolo Black&Blue, online su Youtube. Riguardo tale brano ho letto che “Black and blue è un pezzo che vuole trasmettere emozioni nostalgiche, legate al passato. Cerca di farlo, oltre che con il testo, attraverso un “colore” sonoro che passi dal mix di layer vocali e strumenti, per creare un’atmosfera eterea ma non surreale, uno sguardo distante e allo stesso tempo vicino sul tema del ricordo e del confronto con esso nelle orecchie dell’ascoltatore”. Quanto è importante portare l’ascoltatore in un mondo alternativo a quello reale?

Pietro: Scherzi a parte, la musica deve suscitarti un qualche tipo di emozione. È un rapporto che per me si basa più sulla reciprocità che sull’evocatività: io non riesco ad avere alcun rapporto con musica nella quale non possa rispecchiarmi e percepire anche un filo di verità (soggettiva) nelle parole o nella musica di chi l’ha scritta. L’onestà nel momento artistico è importante, forse è l’unico momento dove conta davvero. Per dire le bugie c’è sempre tutto il resto – il lavoro, l’università, le relazioni e le interviste.

Elvira: Assolutamente d’accordo con il discorso della connessione emotiva. Se la musica non ti suscita un’emozione, quella per te non è musica.

Luca: Amen sorella.

6) Da quello che ho potuto ascoltare con Black&Blue la vostra musica sembra dream pop, un dreampop che fa pensare ad una certa Grimes sognante…Come avete elaborato il vostro particolare sound?

Elvira: Per me è stato molto importante elaborare un sound atmosferico e suggestivo, che, a partire da layers di voci e strumenti, riuscisse a convogliare tutto quello che è proprio anche delle nostre personalità, più che del fare musica in sé. Che intervista esaustiva per un solo singolo però, al disco pretendiamo di poterla suddividere in capitoli.

Luca: Sarà una release che spazierà da suoni di synth “grezzi e aggressivi” per arrivare ad accordi melodici e linee vocali che abbiano un buon compromesso tra melodie pop e introspezione quasi “eterea”.

Pietro: Copiando. “Hai presenti i Daughter? Ecco, buttaci un synth”. Comunque devono ancora esaudire la mia pressante richiesta di campionare un micetto e creare il violino più fastidioso e coccolino della storia. Infami. Uso la qui presente intervista per sollecitare.

7) Sta per uscire, prossimamente nel 2018, un vostro EP. Possiamo avere qualche anticipazione a riguardo?

Luca: Entriamo in studio a breve, i brani sono già stati scritti, ma al momento non ci va di spoilerare troppo.

Pietro: Il mio Iban, scrivetemi numerose/i.

Elvira: E poi Pietro è il re degli spoiler, quindi in realtà basta che stiate attenti a quello che butta sul suo profilo instagram. Se suona etereo ed è lì che prova a emulare il Moog di Stranger Things, è roba che quasi sicuro vi ritroverete nel disco. Da qualche parte.

8) A nostro parere la scena electro/dreampop in Italia sembra ancora abbastanza insufficiente rispetto a quello che arriva dall’estero. Dateci un vostro parere a riguardo…

Pietro: In realtà non proprio dai, in tanti circoli Arci o localini sparsi per l’Italia ho visto tante realtà che si avvicinano ai canoni di genere che ci hai dato. Da lì a ricordare però i nomi dei gruppi che sento a una serata (possibilmente ubriaco), è tutto un altro film. *con tono di voce del miglior videomessaggio di Berlusconi* “Siamo noi l’unico nome che ricorderete”. Cazzate a parte, a noi interessa suonare e poterci esprimere liberamente attraverso la musica.

Elvira: E fare i soldi.

Luca: E la droga. In realtà il nostro paese ha una storia musicale molto più credibile di quanto si pensi, e credo che comunque sia giusto accontentare tutti i tipi di ascoltatore. È solo un peccato a volte vedere realtà già affermate rubare spazio ai giovani talenti in quelle che sono le forme di diffusione più “ufficiali” della musica, anche se le cose stanno cambiando un poco anche lì. Il music business è comunque un business, quindi è anche una questione – per l’appunto – di business. E le realtà underground forse rispecchiano uno dei momenti dove c’è più purezza nel rapporto tra musica e metodo di diffusione (business, appunto). Perdona il pippone, spero di aver risposto.

9) Come vedete la scena underground in Veneto? Ricca, povera, stimolante o cosa?

Elvira: Variegata.

Luca: Quella Veronese poi sta venendo su pure bene mi pare, gli eventi non mancano. E lo dico da Mantovano.

Pietro: Su tanti fronti? Stimolante e ricca di proposte per tutti i generi. Viviamo in una regione che ha avuto la fortuna, nel bene e nel male, di svegliarsi e attivarsi tanto. Quando ho cominciato a suonare da ragazzino gli eventi interessanti li promuovevano solo a Milano.

10) Con quale band o artista indipendente vorreste collaborare un giorno? Su quale palco sognate suonare? Parlateci anche delle vostre ambizioni come band…

Pietro: Io sono amico di tutti, quindi sono i grandi palchi a venire da me. Tipo quelli che pianto per sembrare più simpatico di quanto non sia realmente. (L’intervista è scritta, ma immaginatemi con il sopracitato tono di voce).

Elvira: Ipse dixit. Però James Blake sarebbe un sogno, anche i Radiohead.

Luca: Tutti i sopracitati, aggiungendo anche The XX e Moderat. Magari su un palco di qualche festival dove poter dare il meglio di sé, lo dico anche essendo quello che si occupa dell’aspetto visual. Anche se il vero sogno è suonare con Pietro.

11) Per finire, lasciate un messaggio ai nostri lettori…

Pietro: Skippate le mie risposte, non aggiungono contenuto e sono solo la manifesta prova dei miei già evidenti problemi di ego.

Elvira: Fa ridere perché pt. 2. Un bacione.

Luca: Io vi voglio lasciare più ispirati come siete venuti, quindi credeteci e sognate raga. Noi nel mentre faremo del nostro meglio per cercare di farvi mettere il prossimo disco in loop.