Intervista a Zi-CKA in the Head

Benvenuto su system failure. Ci parli del tuo percorso artistico fino a qui?

Io incomincio a fare il rap e produrre basi tra il 99 e il 2000 anche se i miei primi contatti con il rap e l’hip hop cominciano con Jovanotti su Radio Deejay. Era verso la fine dellla golden age dell’hip hop italiano e con la mia crew (Warez e poi XVS) facevamo freestyle prima nei garage / soffitte e poi nei locali tra la provincia di Salerno e Napoli. All’epoca c’erano molte jam con microfoni aperti. A Parte il rap, durante l’Università insieme ad altri amici diamo vita a questa Jam Band di trip hop / hip hop progressivo chiamata “Local Komite” la band non lascia mai lo stato della sala prove ma fu molto importante per lo sviluppo di un altro progetto impro/live/elettronico chiamato “La Cura Ludovico” con il quale mi sono esibito come MC con rime improvvisate al momento. Nel 2006 insieme ad un po’ di amici a Salerno diamo vita a “Radio Asilo” radio pirata del C.S.O.A. “Jan Assen” dove io avevo uno show chiamato “Asse Zeta” condotto insieme a Dj Zero. Nel 2007 esce il mio progetto solista sotto il moniker di People in My Head chiamato Converter Music. Il progetto era un misto di elettronica, hip hop, dub con un bel po di distorsioni industrial. Metà 2008 mi trasferisco prima a Belfast e poi in Inghilterra per un PhD in Acoustica Ambientale, a Salford, una città attaccata a Manchester. In Inghilterra, con un po di stabilità economica, compro un giradischi, vinili, un po’ di equipment da bedroom producer e riprendo la produzione di beats gettando le basi per qualcosa che adesso conoscete come “Habit & Changes pt.01”. Durante la Mia permanenza a Manchester scendo spesso a Londra dove frequentavo il Bunker Studio del gruppo Hip Hop Guardian of the Ancient Wisdom (GOTAW) che continuo a frequentare quando mi trasferisco a Londra, da dove vivo dal 2013. Con il mio compare DanDNA dei GOTAW creiamo il progetto audio video “2FAM” (Frat From Another Mother) con il quale produciamo il nostro primo EP “Meal Deal” e contribuiamo con 3 tracce alla compilation “5 years of club soda records” prodotta dalla prestigiosa label di bass music inglese “Fat Kid On Fire”. Verso la fine del 2014 ho ripreso a fare “radio” riprendendo lo show Asse Zeta che adesso è una piccola radio grazie da un bel po’ di rifugiati che condivide e trasmette musica da Brixton da diversi social media.

Come è nata in te la passione per la musica elettronica? Perché questo genere e non altri?

Io sono un “ascoltatore seriale” di musica ma non ho una vera e propria cultura musicale… nel senso che non suono strumenti e non sono capace di “leggere la musica”. Quando sono venuto a conoscenza, tramite il mio compare Rab, di tool come il campionamento, la sintesi e l uso delle digital DAW ho scoperto che si poteva creare la musica senza conoscerla (in modo convenzionale) e da lì mi sono appassionato a questo genere perché mi ha dato la possibilità di esprimere la mia creatività. Poi quando ho cominciato ad andare ai concerti/serate specialmente al centro sociale vicino casa, mi ricordo di live set di artisti come Neil Perch, Retina.it, Marco Messina e i Polina e da lì mi sono innamorato della figura del dub master e su come queste persone manipolavano e controllavano il suono in tempo reale. Io da sotto il palco cercavo di capire come tutte queste cose accadevano e scoprire che la musica elettronica ti permette in un certo senso il “controllo” del suono. Gran parte dei principi adoperati dai “tool” nella musica elettronica poi me li sono poi ritrovati nel mio percorso di studio/professionale e questo mi ha dato la possibilità di approfondire ancora di più questo genere attraverso conoscenze acquisite però in altri campi.

Come prende forma una tua canzone?

Non c’è un preciso workflow. Di base io comincio con un sample musicale che ha catturato la mia attenzione o attraverso la creazione di un drum beat o di un giro di basso. Una volta che uno di questi elementi è pronto poi si cominciano ad aggiungere nuovi suoni o strumenti cercando di creare un loop… meglio se è ipnotico. Contemporaneamente a questa fase di looping comincia la fase “della distruzione sonora” dove io cerco di dare una mia “impronta” al tutto specialmente per quanto riguarda i bassi, le distorsioni e la spazialità del suono… diciamo che qui si mischia L’ipnotico con l’acido. Una volta che ho creato uno o più loops inizia l’arrangiamento del pezzo e una prima fase di mix del tutto. Dopo svariate iterazioni si riesce a trovare un compromesso tra l’arrangiamento del pezzo e il suo ascolto fino a quando il pezzo “prende vita”. Una cosa molto importante in tutto questo è dare un nome al tuo progetto… perché almeno per me è importante per settare cosa il pezzo devo trasmettere.

Come scegli i tuoi feat? Con quale criterio scegli queste persone?

Per me un feat è qualcosa che serve a rendere il tuo pezzo più completo perché a volte qualcun altro ha skills, sensazioni o sentimenti che tu magari non hai. L’ospite deve avere qualcosa che mi “incuriosisca” o mi piaccia, una buona capacità di scrittura, fare rime o suonare. Una cosa importante e che ci deve essere una stima reciproca tra chi produce il pezzo e colui che partecipa. Una stima prima sul piano personale e poi su quello musicale. Questo già di per se e’ una buona base per una collaborazione. E poi l’ospite si deve fidare di quello che poi io farò con il suo contributo e deve avere pazienza dei miei lunghi tempi di produzione. A volte il caso fa accadere le migliori collaborazioni.

Che strumentazione usi per l’elettronica? Quali programmi?

Uso un programma di editing come Audacity o Audition per tagliare i campioni e creare la mie librerie di suoni e poi divido le mie produzioni tra Reason e Ableton live. Su tutte e 2 i software ho creato un bel po’ di strumenti / effect chains che uso per generare il mio suono. In questo periodo sto esplorando Logic.

Abbiamo recensito “Habit & Change Pt. 1”. Dove è stato registrato?

Diciamo che è stato registrato un po’ ovunque tra Milano, Salerno, Pontecagnano, Cava dei Tirreni, Civitanova Marche, Brixton e Manchester. A parte le tracce registrate in studio dal buon Enrico Tiberi il resto sono state principalmente registrate da me con il mio “studio portatile”.

Ci parli dell’artwork di “Habit & Change Pt. 1”. Cosa rappresenta? Chi l’ha creato?

L’artwork(subito sotto) è stato creato da una mia cara amica Elena Viviano. mentre il progetto grafico è stato portato avanti da Carmine “Scissor” Palladino. L’artwork rappresenta il concetto di Abitudine e Cambiamento (Habit & Changes) che è legato a come interpretiamo/viviamo il tempo. Il front dell’artwork raffigura due figure femminili che hanno queste mani pesanti nel terreno (L’Abitudine), mentre l’ambiente attorno a loro cambia. Il back dell’artwork rappresenta invece il peso del tempo con questa bilancia con la quale si cerca di raggiungere un equilibrio dinamico tra gli Habits e i Changes.

Quale traccia preferisci di “Habit & Change Pt. 1”?

Tutte, e voi? Se dovessi sceglierne tre direi: 80Hz (from Bass), LASN (Keep inna danz) e Losing Chains.

Abbiamo notato che le ultime canzoni del tuo album sono un po’ diverse dalle altre….Perché questa scelta?

Perché non è un viaggio vero e proprio se tu parti da una condizione per poi ritornare a come sei partito.

“Habit & Change Pt. 1” e i tuoi album precedenti. Quali le somiglianze e quali le differenze?

Le strutture della maggior parte dei pezzi in “Habit & Changes Pt.01” sono più semplici se paragonate a People in my Head o alle produzioni 2FAM. Ovviamente tutti questi progetti cercano di avere una consistenza sonora anche se non si riconoscono in un genere musicale ben definito.

Quale è il filo rosso che collega le tue canzoni?

Esprimere un qualcosa che è solo tuo e che è diverso da quello che ci circonda.

Come è la scena electro di Londra o inglese in generale a tuo parere? Quanto ti ha influenzato?

Io sono un appassionato di bass music, una scena molto di nicchia che parte dall’Inghilterra ed ancora adesso crea influenze in tutto il mondo. Basti pensare alla nuova generazione di produttori di dubstep/140 (per esempio Hebbe, De-Tu, D-Operation Drop e Numa Crew) che hanno saputo riprendere la lezione e la mentalità di Mala e del DMZ e portarla a dei nuovi livelli. Più che influenzare è una cosa confortante e stimolante quando vedi che i generi musicali evolvono quasi in modo organico perché sono sostenuti e nutriti da una sottocultura molto ricca.

Perché sei finito in Inghilterra tra tanti paesi?

Diciamo che sono stati i primi ad offrirmi una borsa di studio per fare un dottorato quando ero in una sorta di “punto di non ritorno”. Da lì ho avuto l’opportunità prima cosa di essere indipendente e poi di crescere professionalmente e di togliermi un bel po’ di soddisfazioni nel mio campo (Ingegneria Acustica). A parte per lo studio/lavoro sono sempre stato affascinato dalla cultura musicale inglese.

Come hai vissuto e stai vivendo ancora l’emergenza sanitaria?

È stato un periodo molto duro specialmente nella limitazione della socialità e rapporti personali che in una città enorme come Londra sono importanti per mantenere una sanità mentale. Spero che il peggio sia passato ma bisogna sempre tenere alta l’attenzione.

In un mondo in crisi economica, climatica e sanitaria quale è il ruolo della musica secondo te?

Parafrasando i miei amici Uru e Youthman ‘A musica int’ a vita te n’allevia ‘e pen’!

Se la tua musica fosse un libro, un quadro o un film?

Un quadro l’Abbraccio di Klimt, Un film “Grosso Guaio a Chinatown” di Carpenter, un Libro “Alta Fedeltà” di Nick Horby

Quali sono i tuoi miti musicali?

Massive Attack, The Bug, Mala, El-P, DJ Shadow, Sangue Misto, Kaos One, Colle Del Fomento e gli Stadio.

Per finire, saluta i nostri lettori e dai qualche consiglio a chi sta iniziando a produrre musica elettronica….

Bella System Failure è stato un piacere essere ospite del vostro blog! Per chi comincia adesso a smanettare dico solo una cosa… siate curiosi!!