Intervista a Yuts and Culture

Come si è formata la vostra band? Come vi siete conosciuti?

La nostra band, Yuts and Culture, ha intrapreso un percorso musicale davvero affascinante e dinamico. La band, già esistente dal 2016 come gruppo Reggae Roots, nel 2018 con l’ingresso del cantante Vincenzo Baldassarre e di nuovi musicisti si avvia verso un’evoluzione significativa. Questo cambiamento ci ha spinto ad esplorare sonorità diverse, portandoci verso una fusione unica di Reggae con influenze Funk e Soul, un’esperienza che si riflette chiaramente nel nostro primo album, “Naked Truth”. Con il tempo, abbiamo affinato il nostro sound, spostandoci verso una dimensione Funky-Jazz, allontanandoci progressivamente dalla nostra matrice Reggae. All’inizio eravamo un gruppo di sette elementi, ma man mano che la nostra musica si evolveva, abbiamo accolto nuovi membri: fiati e coriste. Stabilendo così la nostra formazione attuale, creando un vero e proprio collettivo.

Black music. Perché questo genere musicale e non altri?

La nostra band ha deciso di intraprendere un percorso musicale che si ispira profondamente alla Black music poiché rappresenta in modo autentico il viaggio che abbiamo vissuto fino ad oggi. Pur essendo partiti da ascolti e generi diversi, ci siamo trovati a convergere verso la musica Afroamericana, che ha saputo unire le nostre diverse identità artistiche. Questo stile non è solo un punto di riferimento; è un’espressione autentica delle nostre emozioni e delle nostre storie. La potenza del funk, l’intensità del soul e la complessità del jazz ci hanno catturati, ispirandoci a creare un suono che rifletta non solo le nostre influenze, ma anche il nostro vissuto e la nostra visione del mondo.

Il loro album di debutto, “Naked Truth”, rappresenta questa evoluzione, fondendo ritmi in levare con groove funk e soul, mantenendo una forte connessione con la tradizione musicale degli anni ’70 pur abbracciando la modernità. Potete commentare queste parole spiegandoci meglio?

Il nostro primo disco, “Naked Truth”, è stato senza dubbio il frutto di una passione comune e profonda per Bob Marley & The Wailers e per il Reggae, una musica che sentiamo nostra a livello viscerale. Ogni brano dell’album trasuda quell’amore per le vibrazioni in levare, ma la nostra identità musicale non si ferma qui. Artisti come Curtis Mayfield, Marvin Gaye, Al Green, D’Angelo e Prince hanno avuto un ruolo chiave nel definire il nostro sound iniziale. Queste influenze soul e R&B, ci hanno ispirato a trovare un equilibrio tra ritmi avvolgenti e un sound caldo e autentico, intriso di groove e sentimento. Abbiamo scelto di rifarci agli anni ’70 non solo per l’estetica sonora, ma perché quell’epoca ha un fascino speciale per tutti noi. È stato un decennio di sperimentazione e rivoluzione musicale, e la sua energia trasgressiva e autentica ci ha catturato fin dall’inizio. La differenza d’età i membri della band, inoltre, si è rivelata una risorsa preziosa: ci ha permesso di arricchire il nostro sound con elementi di modernità e freschezza, senza perdere di vista il gusto per i suoni vintage. Ognuno di noi ha portato nel progetto il proprio background musicale, e questo ha dato vita a un mix unico che rende il nostro sound attuale, pur mantenendo un’anima legata a quel passato che amiamo.

“I got you” è il nuovo singolo. Potete presentarlo ai nostri lettori?

“I GOT YOU” nasce dalla percezione di una crisi profonda che investe la società, dove spesso il male genera altro male e sembra prevalere la legge del più forte. Questa situazione di disconnessione e disarmonia tra le persone, così come tra l’uomo e la natura, ci ha colpiti a fondo, ispirandoci a cercare un modo per riflettere su questi temi. Questo brano rappresenta il pilastro di quello che è stato poi il processo creativo dell’intero album per quanto riguarda scelte armoniche ed arrangiamenti. Proprio qui, musica anni 70’ e modernità si fondono perfettamente nella nostra visione.

Come prende forma una vostra canzone? Chi si occupa del songwriting?

Il processo creativo di una nostra canzone inizia quasi sempre dalla sezione ritmica: basso e batteria si fondono per creare un Groove che diventa il punto di partenza, il “cuore pulsante” del pezzo. Questa base ritmica è essenziale perché getta le fondamenta su cui ogni altro elemento può trovare la sua collocazione. A partire da questo scheletro, aggiungiamo progressivamente gli altri strumenti, seguendo l’ispirazione del momento ma tenendo sempre a mente una visione d’insieme che guidi il pezzo verso la sua forma finale. Quando la base musicale inizia a prendere forma, l’attenzione si focalizza gradualmente sulla linea vocale, che diventa il punto centrale dell’arrangiamento.

Su quale palco sognate di suonare? Quali sono le vostre ambizioni?

Il nostro sogno più grande è sicuramente quello di vedere il pubblico vivere le nostre canzoni, cantarle a memoria, emozionarsi con noi. Immaginiamo quella connessione unica che si crea quando chi ascolta riconosce ogni nota, ogni parola, perché ha fatto propria la nostra musica. Più che il palco in sé, ci ispira l’idea di raggiungere le persone, di creare momenti che restino, di sentirci capiti e accompagnati da chi ci segue. Sogniamo certo palchi importanti, ma per ora il “dove” e il “come” non sono fondamentali.