Intervista a Venus Ship

Venus Ship è un collettivo di otto musicisti germogliato dall’underground bolognese. Ci raccontate come è germogliato?

Approfitto di questa prima domanda per presentare subito il collettivo: Andrea Salvato (flute), Marco Vecchio (alto sax), Federico Privitera (trumpet), Giuseppe Lastella (trombone), Michele Murgioni (Tuba), Daniele Marrone (el. Bass), Mattia Bassetti (drum), ed infine io (Ugo Moroni), che sono il fondatore, chitarrista e compositore/arrangiatore della band. Questa formula semi orchestrale di “Venus Ship” nasce da un’alchimia tra gli strumentisti a seguito di mille avventure insieme… Io, Marco e Giuseppe ci siamo conosciuti tra le file del conservatorio di Bologna, ci siamo ritrovati a suonare per più di un decennio insieme, consolidando oltre che una forte empatia musicale anche una profonda amicizia. Insieme ci siamo trovati in diverse big band dell’underground bolognese, ed è proprio qui che abbiamo conosciuto e stretto amicizia con altri musicisti che, sarebbero poi diventati le colonne portanti di Venus Ship (Daniele, Federico, Mattia). Con Michele invece ci siamo conosciuti in un’altra band con cui attualmente suoniamo (Bantu Beat), mentre l’incontro con Andrea è stato puramente casuale… eravamo ad una Jam, io ero seduto al tavolo con degli amici quando ad un certo punto inizia a suonare un flautista al fulmicotone (Andrea)… alla fine della jam gli vado incontro e senza pensarci due volte lo invito ad unirsi ad un’orchestra che gestivo in quel periodo… Nel corso del tempo e degli eventi è nato il collettivo che, alla base, ha ideali e visioni comuni, ma soprattutto un sentimento profondo di stima ed amicizia.

Venus Ship is an alien spacecraft crossing the wild planets of 70s prog, funk, jazz improvisation. Potete commentare questa frase?

Questo era lo slogan della prima band “Venus Ship”, una band totalmente diversa da quella che è oggi. Si trattava di un quartetto dal sapore progressive, con un abbondante uso di tastiere e Synth ed era formata da me alle chitarre, da Marcello Cassanelli (Fender Rhodes, Moog e Prophet), Lorenzo Mazzocchetti (Organo Hammond), Antonio Rapa (batteria)… Purtroppo quella formazione si sciolse nel periodo del covid ma, di quella band resta un bellissimo vinile ed un cartone animato (su YouTube) dal carattere SCI – FI (da qui lo slogan)… Quindi, con un disco edito alle spalle e l’approvazione dei miei vecchi compagni decisi di portare avanti il nome Venus Ship e dargli una connotazione diversa mantenendo un legame con gli anni 70…

Quali sono le vostre influenze musicali?

Questa è una domanda molto impegnativa… parlo per me, sebbene ci sia una forte connessione con gli altri membri della band… di Default tutti i musicisti di “Venus Ship” provengono da studi di matrice Jazzistica in conservatorio. Questo, potrebbe essere un elemento di connessione tra le teste della nave Venere… come, un altro elemento di connessione, è sicuramente l’amore per tutta la “Black music” (Fela Kuti, Coltrane, Ellington, Mingus, Count Basie, Hanckok, Quincy Jones, Curtis Mayfield, Coltrane; Parker, Ornette Coleman, Etta James, BB King, e molti molti altri)… Personalmente, non ho mai avuto barriere, ascoltavo sin da bambino qualunque cosa mi venisse proposto da Stravinsky ai Nirvana, dai Fugees alla musica balcanica, dal cantautorato italiano (Guccini, Nomadi, Dalla e Pino Daniele) al rock Statunitense e anglosassone, dal blues di Muddy Waters al Progressive degli Area o della PFM, ecc… non ho filtri, se qualcosa mi piace l’ascolto e la analizzo…

“Underground foxes” è il nuovo singolo. Lo presentate ai nostri lettori?

Underground Foxes è stato il primo brano con cui la Band si è cimentata in sala prove, il primo brano che ho scritto per questa formazione… quello che ha aperto le danze (per intenderci)… É un brano importante e ci definisce come gruppo, parla di temi sociali (a cui la band è particolarmente legata), mette in scena e denuncia le contraddizioni della società contemporanea, con tematiche di lotte per i diritti civili lontani nel tempo, ma più attuali che mai…Tutto questo poi viene narrato splendidamente dalla ritmica e calzante voce di Avex che arricchisce il brano col suo “Flow” unico.

Quanto è importante trasmettere emozioni e sensazioni al proprio pubblico?

Avere un pubblico ed entrare in connessione con esso è per noi fondamentale.

Su quale palco sognate di suonare?

Difficile dirlo, per noi ogni live è unico ed irripetibile proprio per lo scambio che si crea col pubblico che ci ascolta e che interagisce con noi… Suoniamo per le persone più che per il palco…

In un mondo al collasso per tanti aspetti quale è il ruolo della musica?

A mio avviso, il mondo è da sempre al collasso, ogni epoca storica ha le sue contraddizioni, le sue guerre e le sue lotte di potere… La musica allo stesso tempo è sempre stata un potentissimo mezzo di comunicazione, ha guidato rivolte, sommosse, è la voce dei popoli con il suo potere evocativo, rituale, spirituale, narrativo… Per quanto riguarda la contemporaneità… con l’avvento di internet prima e poi dei “socials” i messaggi ed i contenuti Audio/video si sono moltiplicati in maniera esponenziale (ognuno può dire la sua, e di per se questa è una cosa bella), resta poi a noi la capacità di filtrare quelli che sono i contenuti più adatti alle nostre esigenze…

Un live del quale conservate un bellissimo ricordo?

Il primo Live non si scorda mai… il 3 novembre 2023 debuttavano al “Bologna Jazz Festival” presso il “Binario 69” di Bologna.

Cosa non deve assolutamente mancare in un vostro live?

Il pubblico… e la band (hahahaha)