Intervista a Under Changeover

Adriano Iiriti, pianista di formazione e in musica noto con il nome Under Changeover. Benvenuto su system failure. Ti abbiamo conosciuto per il singolo WHEN YOU CHANGE ROAD OVER THE FLUVIAL HOUSE in collaborazione con FLAVIO CALAON. Quale è la differenza tra suonare da solo e collaborare con un altro artista?

Grazie a voi per l’intervista ed interesse al mio progetto. Diciamo che nello specifico con Flavio ci siamo detti di lasciar perdere il nostro percorso di musicisti, (entrambi suoniamo il pianoforte e veniamo dal conservatorio) e anche tutti gli aspetti elettronici dei nostri progetti. Quindi ci siamo liberati di ogni forma di costruzione mentale e teorica per trovare il nostro mix per il pezzo. Quando invece produco e scrivo da solo devo capire solamente se quel che sto registrando è sincero verso me stesso.

Abbiamo recensito “Finding you”. Quali sono le differenze tra questo album e “Moving”? Come si è evoluta la tua musica?

Dal punto di vista sonoro e musicale “Moving” rimandava appunto al movimento quindi la mia decisione di staccarmi dal mondo delle composizioni al pianoforte ma senza dimenticarle totalmente, guardando indietro vedo l’album molto vicino a tutto quel che mi piace del mondo elettronico. Nel nuovo album “Finding You” invece il mio approccio è stato totalmente diverso, è stata la mia ricerca perseverante della mia identità sonora, ho passato mesi senza ascoltare nessuna musica appunto per trovare dentro di me la giusta strada.

Quali sono i riferimenti musicali tuoi in genere e quali quelli per questo tuo album “Finding you” in uscita a giugno?

Nessuno, appunto per evolvere artisticamente e trovare la mia identità i miei riferimenti musicali sono stati i miei synth, la mia musica, il mio approccio. In genere comunque ammiro molto Nils Frahm, Joy Division, Tim Hecker per citarne alcuni.

“Apre la stagione RACLETTE 2020 con uno show visuale-sonoro presso il Teatro Foce di Lugano-Svizzera”. Ci puoi parlare di questa esperienza?

Per questo show visuale-sonoro ho preparato tutto assieme al mio amico e collaboratore Andrea Masciadri, abbiamo rielaborato le visuals usate nel videoclip ufficiale del mio primo singolo “A Spark” usando anche effetti luce. L’idea era di suonare in un teatro appunto per avere la migliore acustica nel mio genere di musica e con dietro in formato gigante questi video colorati in una sorta di viaggio di un mondo sconosciuto.

Photo credit: Margherita Rocchi

Un aneddoto in particolare riguardo la tua carriera artistica?

Agli inizi della mia carriera artistica ricordo con molto piacere i giorni passati a registrare ambientazioni e suoni di field recording, credo che abbia sviluppato in me una certa attenzione al dettaglio del suono e alle differenze che puoi anche solo trovare nel registrare il traffico, l’acqua, il vento.

Riesci a bilanciare la tua carriera artistica e la tua vita?

Anni fa appunto ho preso una forte decisione, di licenziarmi dal mio posto di lavoro per trovare la mia strada nella musica, credo che sia difficile comunque bilanciare il tutto ma alla fine si tratta solo di fare le scelte giuste per stare bene con se stessi.

Che strumentazione usi per l’elettronica?

Nord Lead A1, Korg Minilogue, pedalini di chitarra di vario genere e campionamenti fatti da me sulle percussioni come la TR-909 e un rullante comprato al mercatino dell’usato.

Per te quanto è importante l’identità sonora?

In questo momento è fondamentale, come ben si sa la maggior parte degli artisti inizia a creare musica in base ai propri gusti e in base a cosa ascolta, il vero passo avanti è riuscire scrivere musica che arrivi da te soltanto senza farsi influenzare troppo dai propri gusti o piaceri. Mi è sempre rimasta impressa questa frase che disse Miles Davis: “You need to play a lot of times before you sound like yourself”

La tua musica è tanto ambient e psichedelica. Quanto è importante far viaggiare la mente dell’ascoltatore?

Nella mia musica cerco sempre di essere molto sincero verso me stesso, e spero che questo approccio poi arriva anche a chi ascolta, vorrei suscitare emozioni profonde, colorate e di impatto, quindi si una sorta di viaggio che uno può fare con se stesso ascoltando la mia musica.

Quale è il filo rosso che unisce le tue canzoni?

Arrivare dritto al punto.

In passato facevo musica elettronica con FL Studio. Ho visto come funziona Logic Pro. Tu che programmi o programma consigli a chi si vuole cimentare nella creazione di musica electro? Qualche consiglio particolare a chi è “alle prime armi”?

Avendo studiato al Centro Europeo di Musica e Acustica ho usato tutti i programmi in circolazione, Ableton credo sia quello più intuitivo e che si avvicina di più ad un approccio immediato per chi vuole iniziare a creare musica. Il consiglio che do è di fare musica con gli strumenti che si ha a disposizione e non cercare sempre qualcosa in più, bisogna essere in grado di fare musica importante nell’immediato.

Per concludere la nostra chiacchierata, saluta i nostri lettori e raccontaci qualche aneddoto in riferimento ad uno dei tuoi tanti live…

Ringrazio a tutti quelli che hanno letto la mia intervista e spero che possa avvicinare alla mia musica per chi non mi conosce. Ricordo con divertimento e ansia le ore che anticipavano il ROAM Festival, in apertura di Apparat suonavo io. La strumentazione di Apparat era stata persa dalla compagnia di linea in Germania e quindi era a rischio tutto il concerto, tramite amici e gli organizzatori in due ore siano riusciti a trovare localmente tutta la strumentazione necessaria per far suonare Apparat e la sua band.