Intervista a The magic power

Benvenuti sul nostro sito. Come vi siete conosciuti?

Michele Righini:
Ci siamo conosciuti alcuni anni fa, all’incirca nel 2018, tramite il sito “VillaggioMusicale”, che mette in contatto i musicisti per formare una band o comunque per collaborare. Avevo già avuto un’esperienza con una band di Lucca, nel 2015, ma che poi non era sfociata in niente di concreto. Quando ho conosciuto Nico Pellegrini abbiamo passato mezza giornata a passeggiare per Lucca e a parlare della nostra vita e delle nostre esperienze. Per vari motivi il progetto musicale in quel periodo non partì, però restammo in contatto e a dicembre 2021, in una fase particolare della mia vita (piuttosto stressante e depressiva) ho sentito il bisogno di tornare a fare musica e stavolta in modo più professionale, e subito ho pensato che Nico Pellegrini fosse la persona giusta. In realtà non l’avevo mai sentito suonare, ma mi era rimasto molto simpatico e così l’ho contattato e a gennaio 2022 abbiamo iniziato a provare le mie canzoni in modo acustico, solo io al piano e alla voce e Nico Pellegrini al Cajòn (anche se lui nasce come batterista vero e proprio).

Una domanda a Michele. Teatro, romanzi, musica, cortometraggi etc. Quanto è importante essere eclettico? Quanto è importante impegnarsi su più fronti?

Michele Righini:
Direi che per me è fondamentale, anzi, più che fondamentale, è “vitale”. La mia mente non riesce a stare ferma solo su una forma artistica. Diciamo che vado a periodi; in questo momento mi sto concentrando molto su questo progetto musicale con Nico Pellegrini, però nel frattempo sto portando avanti anche alcune nuove idee per dei romanzi (anche se tra la musica e il lavoro come docente supplente, non mi resta molto tempo). Ho anche in mente di produrre dei nuovi cortometraggi… Diciamo che se potessi sdoppiarmi (o triplicarmi) mi piacerebbe portare avanti due o tre carriere artistiche diverse, tutte allo stesso momento. Ma per ora non ho questo dono.

“Fuori dal tempo”, un concept album che pone tanta importanza sulla parola….Potete commentare questa mia frase?

Michele Righini:
Si, hai perfettamente ragione; le “parole”, i testi, sono fondamentali in questo album. Nel comporre canzoni io parto sempre dai testi, quasi mai dalla musica. Sulla base dei testi costruisco poi la melodia. Ed è vero, i testi di questo album sono davvero importanti per me; in qualche modo mi sono serviti per portare avanti una sorta di auto-analisi interiore; ho guardato dentro di me e ho cercato di vedere quali fossero le mie paure più profonde. “Fuori dal tempo”, la title-track del nostro album ad esempio, parla, in qualche modo, della paura della morte, dei demoni interiori che spesso ci divorano, ma parla anche di una grande cura che può farci restare giovani più a lungo, e cioè l’arte, e la creatività in generale. Allo stesso modo un po’ tutte le canzoni dell’album parlano di dolore, di sofferenza, ma cercano sempre anche di trovare un modo per uscire da quella sofferenza: in “Verso il futuro”, ad esempio, il modo per uscire da quella sofferenza è il ritorno al passato, a quando eravamo adolescenti, per riconnetterci al nostro io più autentico e vero. Altri brani sono più delle riflessioni su quello che dovremmo fare per essere delle persone migliori, come “In cerca del battito dei cuori”, dove pongo l’accento sull’importanza di uscire da noi stessi, dal nostro ego, per connetterci al cuore degli altri. “Cambiare il mondo” è un inno a cercare di cambiare le cose che non vanno attorno a noi, mentre i testi di alcuni brani (quelli composti nel 2022), come “Nascere di nuovo”, “Preghiera per la connessione totale” e “L’alba di un nuovo inizio” (che sono poi forse i testi più profondi dell’album), sono venuti fuori senza premeditazione, mentre stavo meditando; le parole mi sono arrivate alla mente mentre stavo cercando di non pensare a niente e di rilassarmi; sono dunque uscite fuori come da una profondità magica, insondabile, dove la coscienza si incontra con l’inconscio. E forse è vera l’affermazione con cui Bob Dylan disse che le canzoni sono nell’aria, e noi siamo solo il tramite con cui esse nascono e vanno verso il mondo esterno. Queste tre canzoni uscite fuori nel 2022, in questi stati di meditazione, sono proprio nate come flussi di coscienza, totalmente libere; credo siano tra le cose migliori dell’album e ancora sono sorpreso da come sono venuti fuori i testi di quelle 3 canzoni.

Ci potete parlare della genesi di “Fuori dal tempo”?

Michele Righini:
Per rispondere a questa domanda devo tornare un po’ indietro. Diverse delle canzoni dell’album sono infatti nate tra il 2016 e il 2022, quindi un arco di tempo molto lungo. Poco prima, nel 2014, avevo iniziato a suonare di nuovo il piano, dopo quasi 30 anni che non facevo musica; ho detto “di nuovo” perché suonavo il pianoforte già da piccolino, quando avevo circa 8/9 anni; suonai per un anno il piano e poi smisi (purtroppo). La voglia di comporre canzoni è venuta fuori molti anni dopo (anche se già da adolescente avrei voluto formare una band, ma ero troppo timido per andare di fronte ad un pubblico e poi non sapevo più suonare il piano, e non avevo la giusta spinta per riprendere a suonarlo). Però nel 2014 successe qualcosa: iniziai a scrivere testi, uno dopo l’altro; nel giro di un anno credo di averne scritti almeno una quarantina. Li canticchiavo ma non sapevo come musicarli. E’ così che ho ripreso in mano l’idea di ricominciare a suonare il piano, e le canzoni che fanno parte dell’album nascono, come già detto, per gran parte, da una selezione di questi moltissimi brani che ho scritto (inizialmente in lingua inglese). Le canzoni che mi piacevano di più avevano testi piuttosto impegnati e profondi, molto interiori ma anche, in qualche modo, con uno sguardo sulla società contemporanea. Il momento propizio per arrangiarli in modo professionale è stato tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, quando, come già ho raccontato, ho contattato Nico Pellegrini, il mio percussionista, e abbiamo iniziato a provare i brani assieme. Era un momento un po’ difficile per me, ero senza lavoro e in un momento in cui avevo un gran bisogno di tirare fuori le mie emozioni in qualche modo. E la musica è il modo migliore per esternare le proprie emozioni. La musica può essere davvero catartica. E in fondo l’idea alla base di questo “concept” album era proprio quella di creare un’opera che potesse essere “catartica” per l’ascoltatore, come un viaggio interiore che, dalle prime canzoni, che sono forse le più drammatiche, conduce verso le canzoni finali, quelle più spirituali, come “Dentro al cuore del mondo” e “Preghiera per la connessione totale”, che prendono per mano l’ascoltatore e lo conducono verso una sorta di meditazione guidata, sino al sorgere del sole, “l’alba di un nuovo inizio”, la canzone finale, che è un po’ l’opposto della sensazione di drammatico smarrimento e di morte che pervade le strofe del primo brano, “Fuori dal tempo”.

Cosa rappresenta l’artwork di “Fuori dal tempo”?

Michele Righini:
Intanto devo ringraziare la mia amica Simona Peres, che ha disegnato e dipinto splendidamente (su mia idea iniziale) la copertina(in figura subito sopra). L’idea per l’artwork mi è venuta in mente mentre stavo praticando meditazione. Rappresenta soprattutto il significato del brano “Dentro al cuore del mondo” (che inizialmente doveva anche essere la “title-track” dell’album), ma c’è anche dentro il significato di un brano come “Preghiera per la connessione totale” e “In cerca del battito dei cuori”. E’ andata così: mentre ero con gli occhi chiusi, immerso nella meditazione, ho iniziato a immaginare che dal mio cuore fuori-uscisse una luce bianca e calda, che andava a connettersi con un ideale “cuore del mondo” (che io ho immaginato essere il cuore del “Grande Spirito”, il Dio dei Nativi Americani, un popolo la cui spiritualità mi sta molto affascinando ultimamente). Tramite questa connessione con il “cuore del mondo”, ho immaginato che il mio cuore riuscisse a connettersi anche con tutti i cuori delle persone dell’intero pianeta, e anche con le stelle dell’universo. La copertina rappresenta dunque il senso ultimo e più importante dell’album, quello cioè di un forte invito verso tutta l’umanità ad uscire dal proprio ego, dal proprio piccolo mondo e a connettere il proprio cuore al cuore delle altre persone. Ogni essere umano secondo me ha il dovere di cercare un migliore contatto con le altre persone. Per farlo però dobbiamo imparare a rispettare noi stessi e apprezzarci totalmente, solo così possiamo davvero connetterci agli altri, al loro cuore, alla loro anima. Ultimamente invece, vuoi anche per gli ultimi anni “psicologicamente drammatici”che abbiamo vissuto, vedo le persone sempre più chiuse in se stesse, sempre più nervose, sempre più chiuse verso il prossimo. Per questo credo che questo album sia importante e vorrei che il suo messaggio arrivasse a più persone possibili.

“Laboratorio Musicale Pellicano”. Come è collaborare con loro?

Michele Righini:
Diciamo che abbiamo collaborato con un’unica persona, che è poi il proprietario del “Laboratorio Musicale”, e si chiama Piero Pellicanò. Lui lavora da più di due decenni in ambito musicale, è musicista lui stesso e ha collaborato con diversi musicisti professionisti, tra cui Michela Lombardi e Paolo Vallesi. E’ lui che curato ogni aspetto della registrazione in presa diretta e del mix finale delle tracce. Piero è una persona con cui ci siamo trovati benissimo, è socievole e sempre molto rilassato e tranquillo, e forse è anche per questo che siamo riusciti a registrare tutti e 10 i brani dell’album in poco più di 4 ore di registrazione. Ci ha fatto sentire a nostro agio e quando sono arrivato alla registrazione dell’ultimo brano avrei voluto ricominciare da capo! Ero ancora pieno di energia. E’ sempre presso il “Laboratorio Musicale” di Piero che abbiamo tenuto il nostro primo effettivo “concerto”, il 17 settembre.

Nel mondo odierno, che sembra al collasso per tanti aspetti, quale è il ruolo della musica?

Michele Righini:
La musica per me è l’arte che più di tutte può unire le persone e può “cambiare il mondo”. Ma per farlo deve parlare al cuore dell’ascoltatore e deve parlare col cuore e l’anima del musicista, in modo diretto, senza fronzoli. Vedo invece tanti prodotti musicali che oggi vanno per la maggiore e che hanno successo, ma hanno successo perché parte di un’industria discografica che crea continuamente fenomeni da “barraccone”, che durano giusto il tempo di una stagione, o poco più. Vedo tanta “finzione” nella musica che ha successo oggi. Per trovare “musica con l’anima” abbiamo bisogno di scavare più in profondità, nell’underground musicale, dove ci sono i veri ruggiti di un’energia che lentamente inizia a riprendere quota. Credo che il mondo, forse lentamente, andrà verso una nuova fase; da una parte ci sarà forse un mondo sempre più dominato dalle macchine e dalla finzione, ma dall’altro sta crescendo sempre di più uno scontento in gran parte della società che avrà bisogno di trovare uno sfogo. E’ da quella parte di mondo, che è un mondo “risvegliato”, che bisogna ripartire. E’ da lì che nascerà una nuova umanità, un nuovo modo di vedere le cose. Ci sarà un ritorno all’umano, all’umanità; forse non in tutto il mondo, ma in una buona parte si. Ci vorrà tempo forse, ma succederà. Magari prima di quello che pensiamo, e la musica avrà una grande importanza in questo cambiamento.

Chi sono i vostri miti musicali? Con chi vorreste collaborare?

Michele Righini:
Per quanto riguarda i miei musicisti preferiti non posso non citare quello che è sempre stato, almeno fin dal 1991, il mio eroe musicale, Joe Jackson, musicista inglese che ho sempre amato molto. Poi apprezzo moltissimo Bruce Springsteen, Bob Dylan, Van Morrison, Tom Waits, ma anche Elvis Costello, Warren Zevon e Graham Parker (ma potrei continuare a lungo). Tra i musicisti ormai scomparsi ultimamente ho un grande amore per Elvis Presley. Tra gli italiani non posso non citare Frabizio De Andrè o Franco Battiato. In generale sono molto ecclettico nei miei gusti musicali, cerco di ascoltare un po’ di tutto, ma non posso dire di non avere i miei “artisti preferiti”. Per quanto riguarda le collaborazioni non ti saprei dire, per il momento vedo il mio mondo musicale molto distante da quello dei musicisti che conosco e che ascolto, però ovviamente spero di collaborare con altri musicisti in futuro, magari anche famosi, perchè no? Sarebbe bello.

Nico Pellegrini:
A me piacerebbe collaborare molto con Giuseppe Scarpato, per quanto riguarda la musica italiana, invece con Bruce Springsteen per quando riguarda la musica straniera. I miei miti musicali sono i Led Zeppellin” i Deep Purple, i Jethro Tull, i Dire Straits, i Black Sabbath, Ronnie James Dio, Paul Rodgers, Billy Idol, Freddie Mercury. Mi piacciono molto anche Phil Collins e Peter Gabriel, ma anche Robert Plant, come solista. Il mio batterista preferito è Jeff Porcaro dei Toto.

Se la vostra musica fosse un quadro, un libro o un film?

Michele Righini:
Se la mia musica fosse un film direi “Into the Wild”, perché rappresenta bene come mi sento in questo momento e quello che esprimo anche nell’album. Questa voglia di andare fuori dagli schemi, fuori dall’ordinario, questa sensazione, che c’è anche nel film, di abbandonare le cose che si conoscono per andare incontro all’ignoto. In definitiva l’abbandono della paura, degli effetti materiali, per vivere della sola “presenza”, dell’essere qui, adesso, in questo momento, fuori dalle paranoie, fuori dallo stress, dalla confusione. Vivere il presente per quello che è. Uscire fuori dall’ordinario, dagli schemi, per creare magari un nuovo mondo, anche solo un “nuovo mondo” interiore, come nel film. Se la nostra musica fosse un quadro forse direi un quadro di Van Gogh, magari “Starry Night”. C’è molta magia nei dipinti di Van Gogh, è come un’immersione in un mondo ultraterreno. Un viaggio oltre i sensi, verso l’ignoto.
Se fosse un libro…Questa per me è difficile. Scrivo romanzi e sceneggiature, ma in effetti non sono una grande lettore; però direi un romanzo di Murakami, uno scrittore giapponese che mi piace molto, forse sceglierei il suo romanzo intitolato “1Q84”.

Nico Pellegrini:
Se la nostra musica fosse un quadro per me sarebbe la “Monna Lisa” di Leonardo Da Vinci. Se fosse un libro forse un libro di “Sherlock Holmes”, qualcosa di misterioso. Se la nostra musica fosse un film, direi “Il profumo del mosto selvatico”.

Spiritualità, viaggio interiore. Quanto sono importanti per voi?

Michele Righini:
Come ho già avuto modo di accennare durante l’intervista io pratico meditazione, almeno quando riesco. Per il resto non mi posso proprio definire un “credente”, sicuramente non delle religione cattolica. Però ultimamente mi sono avvicinato alla spiritualità dei nativi americani, e sento che nella connessione con la natura ci sia una sorta di forza spirituale molto potente, come un’energia che si sprigiona dal suolo, dalla terra e che, se riesci ad essere presente a te stesso, può sollevarti verso le stelle. In fondo quello che è più importante è riuscire a trovare dei momenti in cui riusciamo ad “elevarci” dalla nostra condizione terrena; dobbiamo riuscire ad uscire da noi stessi, come in una sorta di meditazione. Probabilmente riusciamo a fare qualcosa di simile quando facciamo qualcosa che ci piace, allora siamo “presenti”, non ci sono più stress né depressioni, siamo immersi totalmente in quello che facciamo, stiamo “meditando” in qualche modo; non abbiamo paura di niente perché stiamo amando totalmente quello che facciamo. Ho sentito questo stato di “elevazione” soprattutto quando ho tenuto il mio primo concerto intero, ormai un mese fa. Qualcosa che non avevo mai sentito prima: mentre suonavo ho iniziato a sentire una sorta di totale stato di rilassamento mentale e di “connessione totale” col pubblico che assisteva al concerto; una cosa che non mi era successa prima, né quando suono in casa da solo né durante le registrazioni in studio (sarà perché non c’è un vero pubblico ad assistere?). Dal vivo, quel giorno, è successo davvero qualcosa di magico e spirituale. Ecco, si, questa è la “spiritualità” che mi interessa; non tanto “credere” in un Dio astratto, ma toccare con mano la “presenza”, la spiritualità. Essere energia che scorre nello spazio. Essere “Fuori dal tempo”, in qualche modo, parafrasando il titolo del nostro album.

Nico Pellegrini:
Per me la spiritualità è molto importante. Sono cresciuto imparando molto dalla “meditazione”; essa mi ha portato ad acquistare un senso della “spiritualità” molto forte. Credo che una delle nostre canzoni in particolare, “Dentro al cuore del mondo”, abbia dentro un forte senso di spiritualità.

Per finire, salutate i nostri lettori e parlateci di cosa avere in progetto per il futuro…

Michele Righini:
Spero che riusciremo a portare in giro la nostra musica il più possibile e spero che riusciremo a fare, dopo il primo, molti altri concerti e altri album. Questo a livello musicale, poi un’altro mio grande sogno, che inseguo da decenni, è quello di riuscire a realizzare un film, un lungometraggio che arrivi nella sale cinematografiche. Un saluto a tutti i lettori del sito; speriamo di incontrarvi a qualche nostro concerto e, mi raccomando, ascoltate e comprate il nostro album, su Amazon si può scaricare digitalmente alla modica cifra di 7,99 euro. A presto!

Nico Pellegrini:
Spero che faremo molti concerti, sia in Italia che fuori dall’Italia (magari anche fuori dall’Europa). Fare gli album mi piace, ma preferisco suonare dal vivo e far conoscere la nostra musica tramite i concerti.
Un saluto a tutti i lettori del sito!

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