
Intervista a Stefano Bruno
Benvenuto su system failure. Ci parli del tuo percorso artistico fino a qui?
Ciao. Il mio percorso artistico è iniziato come autodidatta nel 2010. Ho iniziato col karaoke e le jam session per tastare il palco e via via ad avere le prime esperienze come cantante anche in band di coetanei. In seguito ho iniziato a creare melodie e brani, però mi sembrava di essere una barca nell’oceano… inediti in italiano. Trovo lavoro all’Esselunga come salumiere e così decido di dedicare ogni sforzo al mio sogno/bisogno per migliorare la tecnica vocale e approfondire altri aspetti della musica. Dal 2014 al 2019 studio alla NAM di Milano, allargando i miei orizzonti musicali e potermi misurare in contesti sempre più professionali. Nel 2017 faccio parte del coro soul gospel SOUL VOICES Milano diretto da Wendell Simpkins. Nel novembre 2019 è uscito su tutti digital stores “Ho cercato il tuo nome”, il mio primo singolo e adesso finalmente sto per fare uscire il mio primo album.
Ho letto queste parole dal comunicato giunto in redazione: “Quel bisogno istintivo di esprimere le proprie emozioni e il proprio universo interiore lo portano a scrivere dei testi giocando col pianoforte o una chitarra”. Puoi commentarle?
Si. Fin dai tempi della scuola utilizzavo la scrittura in maniera catartica per cercare di mettere ordine al casino che ho dentro. E’ un bisogno istintivo, perché dettato esclusivamente dall’istinto e da una forza misteriosa, primordiale e irrazionale. Scrivere è fisiologico. Mi aiuta a vivere meglio e riconnettermi al mio magma interiore, esternare quel mondo rinchiuso dentro, la voglia infinita di dare un senso ai miei silenzi. Perché giocare? Perché io non so suonare. Suonare è un’altra cosa a meno che non parli inglese…
Come nasce una tua canzone? Parlarci del processo creativo alla base…
Come ho detto prima alla base di tutto c’è un bisogno comunicativo. Un bisogno di dire e di dare voce a qualcosa, o a qualcuno che non può farlo, di raccontare, di condividere un’idea, un pensiero, un avvenimento, un’emozione, un ricordo. A volte comincio dal testo altre volte dalla musica, dipende. Non esistono regole giuste o sbagliate quando si parla di creatività. Sicuramente ho sempre avuto tra le mie doti un buon orecchio, una grande sensibilità e spirito di osservazione. Sarà che sono anche un buon ascoltatore che da sempre preferisco ascoltare che parlare.
Di cosa parlano i testi delle tue canzoni? A cosa ti ispiri? C’è un filo rosso che lega le tue canzoni?
I testi delle mie canzoni parlano d’’amore e di temi come emozioni, erotismo, smarrimento, inquietudine, viaggio, il contrasto tra realtà e sogno. E poi il mare… Spesso mi manca questo rapporto con il mare. In passato mi ha ispirato tanto e ritorna spesso nelle mie canzoni, perché è l’unico posto che ogni volta riesce a darmi un forte senso di pace. Per quanto riguarda l’ispirazione, dipende. A volte è fortuita. Capita che sto camminando e mi assale un’idea che devo annotare su un foglietto di carta o uno scontrino per non dimenticarla. A volte capita che sono al lavoro o sto guidando e devo interrompere quello che sto facendo per registrare la melodia che arriva all’improvviso per evitare di perderla. A volte invece fa parte di un processo più emotivo e laborioso che irrompe dopo anni. Può essere qualcosa che hai vissuto oppure no o soltanto un “trip” pazzesco in vite di altri, scene di vita quotidiana di altre persone sconosciute o di un film, un libro o l’articolo di un giornale, un paesaggio o un quadro. Il disco che uscirà tra settembre e ottobre si intitola PER LE STRADE DEL CIELO, un neologismo da me creato e il filo rosso che lega e accomuna le canzoni che ne faranno parte. “Per le strade del cielo” è l’inquietudine di chi sente ogni tanto quello strano bisogno di allontanarsi, perdersi per poi ritrovarsi. E’ uno stile di vita che significa sognare, stare con la testa fra le nuvole, con la testa per aria.
Quali artisti o band ascolti? Nomina anche 3 album che ti hanno particolarmente segnato…
Sono cresciuto ascoltando musica italiana e i cantautori (Pino Daniele, Dalla, Battisti, Carboni, Tiziano Ferro, Antonacci) e “frugando” tra i vinili dei miei: Sting, Duran Duran, Pink Floyd, Beatles, David Bowie, Deep Purple, Scorpions. 3 album che mi hanno segnato: La voce del Padrone (Battiato), Anime salve (De André), The dark side of the moon (Pink Floyd)
Ho letto che hai studiato per approfondire la tua tecnica vocale. Cosa puoi dirci a riguardo?
Quando studi ti rendi conto di tanti aspetti che prima ignoravi e non immaginavi nemmeno. Ho deciso di studiare perché volevo fare il salto di qualità per acquisire maggiore consapevolezza nei miei mezzi, per imparare a conoscere e sfruttare meglio la mia voce. Per non rimanere senza voce dopo le prove o dopo un concerto. Per apprezzare meglio e capire che la voce è uno strumento che va curato e salvaguardato. Per allargare i miei orizzonti musicali, esplorare generi nuovi e diversi. Capire come interagire meglio con i musicisti.
Abbiamo pubblicato “Carlotta”. É un riadattamento di “Où est passée ton ame?” della band francese La Fèline. Ci parli della genesi e dell’evoluzione di questo progetto?
All’origine “Carlotta” era un testo abbozzato che avevo scritto nell’estate del 2014 in vacanza alle Cinque Terre. Ma poi era rimasto lì chiuso nel cassetto per quasi 6 anni. Come avete scritto voi nella recensione, anche secondo me il brano che hanno scritto loro è una chicca. Agnès e la sua band sono una vera forza. Sarebbe un sogno poter fare qualcosa live insieme a lei. Quando ho sentito il brano loro per la prima volta sono rimasto stregato e l’ho riascoltato più volte in loop. Mentre lo riascoltavo per l’ennesima volta eccitato, una notte di marzo, in pieno lockdown ho avuto un flash, ho iniziato a canticchiarci sopra il testo integrandolo e terminandolo in una notte. Sono una persona molto umile e le ho scritto, mandandole il demo chiedendole il permesso prima di pubblicare la cover. E lei mi ha risposto nel giro di un’ora complimentandosi per la nostra versione.
Riguardo “Carlotta”: Il testo ultimato durante il lockdown è stato ispirato da una ragazza che prendeva il sole sulla spiaggia di Monterosso, Cinque Terre e contiene citazioni e riferimenti letterari a Montale. Approfondisci queste parole e parlaci di come hai trascorso il lockdown….
In realtà facendo il salumiere in un supermercato non ho avuto nessuna tregua. Come ho detto prima, il testo fa riferimento a un’estate del passato, ma in una situazione così assurda e surreale come quella che abbiamo appena vissuto, passato, presente e futuro si mescolano e si confondono. A Monterosso, Montale soggiornò per molto tempo e trascorreva le sue estati, ispirato dal mare e dalla bellezza della natura. “Limoni” e “Meriggiare pallido e assorto” sono due delle poesie contenute in “Ossi di seppia”. Era il luglio del 2014 e davanti alla mia stuoia, a pochi metri, avevano steso il telo due ragazze. Una semplice, mora e delicata, con un fiore tatuato sulla schiena e l’altra loquace ed esuberante. La seconda ogni tanto chiamava per nome la prima: Carlotta. Quella voglia di estate, di conoscersi e di lasciarsi andare senza alcun timore, un tentativo di approccio che non c’è mai stato che rivivono per sempre in una canzone.
Cosa ti manca della dimensione live?
Mi manca il palco. Mi manca la mia band. Mi manca il pubblico… Mi manca persino l’ansia…. Insomma! Mi manca tutto…
Com’è stato collaborare con Francesco Campanozzi e Max Lotti. Come li hai conosciuti?
Ricordo sempre da dove sono partito e da dove ho iniziato. Collaborare con Francesco e con Max, oltre ad essere divertente è stata un’esperienza fondamentale per il mio percorso artistico. Stiamo parlando di persone che lavorano nell’ambiente musicale da circa 20 anni. La prima volta che li ho incontrati in studio avevo le idee confuse e annebbiate; così mi hanno introdotto nel loro territorio fatto di indie. Con loro ho imparato a destreggiarmi in studio, a mettere a fuoco i brani, stravolgerli e lavorare anche in autonomia sulle produzioni. Mentre parlavo in studio con Max ho scoperto pure che lavorava nella scuola di musica che frequentavo. Il mondo è piccolo.
Quali sono le differenze tra “Carlotta” e i tuoi lavori precedenti?
“Carlotta”(artwork subito sotto) è una sorta di ponte tra quello che è stato fatto finora e quello che farò. E’ il brano più ritmico che mostra altre sfumature di me, che molti non conoscevano e non si aspettavano. Un mash-up di generi che amo ovvero synth pop, rock e world music.
Per te conta più il talento o lo studio? Come si devono intrecciare in un artista?
Quello che conta di più secondo me è la determinazione. Talento dà quella marcia in più, ma è effimero se non viene coltivato con impegno, studio e costanza. Bisogna raggiungere quella consapevolezza dei propri strumenti ma c’è bisogno anche di trovare insegnanti giusti che sappiano valorizzarti e non sminuirti.
Siamo in un mondo in crisi climatica, economica ed ora anche sanitaria. Ebbene, quale è il ruolo della musica in questo mondo?
Tutto sembra fermo ma in realtà si muove. E questo è grazie alla musica! Si. Credo che la musica e l’amore siano le uniche forze in grado di sovvertire gli eventi e spostare ogni cosa. Il ruolo della musica è sempre quello di unire e di accompagnare le persone in ogni fase della vita, dando luce, speranza e forza nei momenti più bui.
Oltre alla musica che arti preferisci?
La letteratura, la fotografia e la pittura. Da qualche anno ho iniziato ad appassionarmi anche al cinema. Mi piace trovare un connubio fra le diverse arti oltre a conoscere nuovi artisti con cui confrontarmi, interagire, “contaminare” a vicenda il nostro stile, lavorare o semplicemente scambiare opinioni e punti di vista.
Per finire, saluta i nostri lettori e dai qualche consiglio a chi sta muovendo i primi passi nel mondo della musica….
Un saluto a tutti gli amici di system failure. Osate sempre! Non pretendete solo di essere ascoltati, ma ascoltate e lavorate anche insieme ad altri artisti. La musica non è un’arena spietata dove vince il più forte e chi prevale sugli altri.Seguite il vostro cuore e le vostre emozioni, rimanete sempre fedeli e coerenti a voi stessi senza lasciarvi condizionare dalle mode e dai troppi cialtroni che ci sono in giro.
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