Intervista a Roberto Quassolo

Benvenuto su system failure. Puoi parlarci delle tappe essenziali del tuo percorso artistico?

Per prima cosa vorrei ringraziarvi per l’attenzione e per avermi concesso questo spazio. Credo che una dei momenti fondamentali del mio percorso abbia a che veder con la passione di mia madre e di mio padre per la musica. Pur non essendo musicisti hanno da sempre stimolato entrambi la mia curiosità in ambito musicale e sostenuto ogni mia iniziativa. Cominciai così ad appassionarmi al canto, e già adolescente ebbi la possibilità di calcare i miei primi palchi, erano quelli del liceo, ma di lì a breve divennero quel dei locali della zona, con la mia prima band. La passione cresceva di giorno in giorno e cercai quindi di migliorarmi spinto oltre che dai miei genitori dagli amici che incontravo durante il percorso.  Mi iscrissi così al CPM di Milano ed in quella circostanza l’incontro con musicisti di livello, mi fece capire quanto ancora dovessi crescere. Mi appassionai alla chitarra elettrica, al pianoforte ed al flauto traverso, purtroppo non ebbi la possibilità di terminare gli studi come avrei voluto. Non smisi comunque di cantare.  Significativo fu quindi l’incontro con Danielle Mandelli ed Alessandro Battini con i quali ho condiviso quasi vent’anni di vita e musica realizzando ben 4 album e calcato palchi anche in diverse località estere. Ed ora, eccoci qui con un nuovo progetto.

Riesci a bilanciare la tua carriera artistica e la tua vita?

Credo di sì, o meglio, ritengo che la cosa accada quasi in modo naturale. Non riesco ad immaginare un artista indipendentemente dalla propria vita. Direi che è la vita stessa a rendere l’artista tale. Per cui non mi pongo la questione in questi termini. Cerco solo di vivere ogni giorno il più intensamente possibile, a volte ci riesco a volte meno. È proprio in questi momenti che inaspettata arriva l’ispirazione, ciò che rende l’Arte vita e la vita Arte.

Suonare per una band e suonare per se stessi. Quale è la differenza secondo te?

Non credo di poter dire di aver mai suonato per una band, nel senso che non mi sono mai trovato nella condizione di essere un turnista od ospite all’interno di concerti o situazioni che non mi coinvolgessero o comunque mi appassionassero in qualche modo. Preferisco, pertanto, dire che ho da sempre suonato con delle band. Quello che accade quando sei su un palco è qualcosa di indescrivibile e poterlo condividere con persone che sentono quello che tu senti è altrettanto meraviglioso. Se poi c’è quella giusta alchimia ancora meglio. Se la intendiamo in questo modo nemmeno penso quindi di suonare per me stesso. Io faccio musica in un certo senso per “stare con…..”. Se invece al suonare per se stessi diamo un’ accezione catartica allora si, suono perché ne ho un disperato bisogno.

“La musica diventa il fil rouge di tutta la sua vita.” Puoi commentare queste parole riprese dal comunicato stampa?

Come accennavo all’inizio ho avuto la fortuna di avere due genitori appassionati di musica che da sempre mi hanno sostenuto ed educato all’ascolto. Credo sia stato quindi inevitabile lasciarsi contaminare ed attraversare da melodie ritmi e parole e note. Crescendo poi credo sia stata la musica a scegliere me e non viceversa, in particolare la musica rock, quella che non potevi non ascoltare ad alto volume, che non potevi non urlare, quella fatta di iconiche figure che veicolavano attraverso l’intensità delle emozioni messaggi rivoluzionari. Era qualcosa che nasceva da dentro a tratti incontrollabile, che non comprendevi a pieno, ma nemmeno desideravi comprendere, Tu eri in Lei e lei era in Te. Ed oggi? Oggi è come allora.

Hai tenuto diversi concerti live. Quale è uno che ricordi particolarmente? Perché?

Premesso che ogni esperienza live lascia a suo modo tracce indelebili, quelle a cui per certi aspetti sono particolarmente affezionato sono quelle relative agli esordi, ed in particolare un festival tenutosi nel piacentino ed il primo concerto in Germania. Il primo in quanto rappresentava di fatto la prima uscita con una band in cui proponevo brani originali dei quali avevo curato linee melodiche e testi. Il secondo poiché era di fatto un sogno che si realizzava, il primo tour, la prima esperienza all’estero, sentire i testi delle tue canzoni gridati a gran voce ogni volta che rivolgevi il microfono verso il pubblico.

Quanto ti piace suonare unplugged?

L’unplugged ha a che fare con la dimensione più intima dell’artista. I brani generalmente nascono così. Solo poi si sviluppano e vengono arrangiati. La dimensione acustica risulta immediatamente autentica e veicola emozioni in modo altrettanto sincero. Pur amando le sonorità elettriche, trovo quindi meraviglioso svestire brani, sapientemente arrangiati, del loro abituale abito per riportarli a sonorità più semplici o addirittura dar loro nuova vita. In una società come quella odierna in cui si ha l’impressione che per farsi ascoltare sia necessario alzare i toni ed il volume, la dimensione dell’unplugged ti “costringe all’ascolto sottovoce”.

Abbiamo visto il video di “Invisibile”: molto bello. Come è nato? Dove è stato girato? Raccontaci tutto per bene….

Grazie, sono davvero felice vi sia piaciuto. Il tutto è nato dall’incontro artistico con Claudia Palermiti, regista e compagna di liceo, alla quale ho semplicemente fatto ascoltare la canzone cercando di rimanere il più distante possibile dall’interferire con ciò che musica e testo potevano suscitare in lei, non volendo in alcun modo condizionarne il vissuto. Ciò che ne è emerso è stato per me una piacevole sorpresa, un viaggio introspettivo, così come speravo potesse accadere, ma al femminile. Il coinvolgimento di Roberta Rigano talentuosa attrice siciliana ha contribuito poi alla riuscita del video, in cui la protagonista, una giovane donna, sceglie di allontanarsi da una realtà frenetica e disumanizzante, per ritornare nei luoghi a lei più cari rivivendo emozioni che la riporteranno alla riscoperta di se stessa. Quali paesaggi migliori quindi, se non quelli delle nostre campagne in cu ancora oggi fortunatamente si respira aria di vita semplice ed ancora l’uomo può sentirsi parte di un tutto più ampio che amo chiamare Natura. Nel caso del video in questione le campagne sono quello di Zinasco, più precisamente località Bombardone, piccolo paese in provincia di Pavia

Di cosa parla “Invisibile”? Ci parli della genesi di questo progetto?

Il progetto nasce, cresce e si sviluppa lentamente evolvendosi in un percorso di crescita sia personale che artistico/musicale. Il Fabbricanuvole, questo il titolo dell’Album, prossimamente in uscita per LaPOP, da cui è tratto il singolo, vuole essere un esortazione ad andare oltre la superficie delle cose e prendere maggiore contatto con se stessi e con la parte più profonda che abita in noi. In questa cornice è per così dire inquadrabile “Invisibile”. Un brano introspettivo a tratti autobiografico, di cui non dire di più. Ho sempre amato infatti, ascoltare la musica lasciandomi guidare dalle emozioni che di volta in volta scaturivano dall’ascolto. Mi piacerebbe quindi immaginare che gli ascoltatori facessero altrettanto, ognuno a modo suo. “Invisibile”, così come le altre mie canzoni, dicono quello che tu vuoi che ti dicano. L’auspico è che ognuno possa farle proprie, come è avvenuto per la regista del video e per coloro che ad oggi sono riusciti ad ascoltare il brano.

Perché hai deciso di intraprendere una carriera da solista?

Quando suoni con una band per molti anni può accadere di non sentirsi più completamente liberi di sperimentare nuove sonorità o comunque nuovi possibili scenari, correndo il rischio di rimanere per così dire intrappolati in una serie di routine e cliché che possono a mio modo di vedere ostacolare il flusso creativo. Il tempo passa le persone cambiano e con questo anche il modo di intendere la musica, ecco quindi spiegato la scelta di intraprendere un percorso da solista, il che comunque non esclude la possibilità di collaborazione future.

Deep Purple, Led Zeppelin, Jetrho Tull. Soprattutto gli ultimi hanno segnato un pezzo della mia vita. Cosa significano questi nomi per te?

Quando penso agli anni 70 culturalmente e musicalmente parlando non posso ancora oggi non entusiasmarmi. Difficile pensare ad un periodo storico così florido dal punto di vista creativo e musicale. Ai nomi citati potrei sicuramente aggiungerne molti altri, alcuni meno noti ai più, ma la cui impronta è rimasta indelebile nel tempo. Da non dimenticare anche band nostrane, quali PFM ed AREA ad esempio, riferimento per molti musicisti ed appassionati di rock.

Quale è il futuro per il rock secondo te?

Credo che il rock sia veramente un’attitudine un modo di intendere la vita, e non solo musica. Ritengo quindi ci farà compagnia ancora per molti anni, almeno finché riusciremo ancora ad emozionarci danzando la vita con le nostre emozioni. Agli artisti l’arduo compito di farsi da interpreti di questo costante divenire.

Per finire, saluta i nostri lettori e raccontaci un aneddoto riguardo la tua carriera artistica….e magari spiegaci pure cosa contraddistingue un vero rocker…..

Era una sera d’estate, e dopo una lunga sessione di prove con la band, io e l’allora bassista dei Dark Horizon, Davide Marino eravamo in macchina sulla strada del ritorno, che si preannunciava molto lunga, in considerazione del tragitto da coprire, ma anche della stanchezza accumulata. Come ero solito fare imboccai l’autostrada ed accesi l’autoradio per ascoltare le registrazioni delle prove ed improvvisare qualche melodia. Mi persi tra le note ed il tentativo di trovare un testo che potesse essere efficace, dimenticandomi completamente della presenza in auto del mio compagno di viaggio, che rannicchiato sul sedile, complice l’ora tarda e una velocità di crociera costante, si era probabilmente assopito. Prosegui con la sensazione di essere in macchina completamente da solo, fino al momento in cui girandomi per pochi secondi alla mia destra ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse guardando. Mi girai allora di scatto per sincerarmi che non vi fosse nessuno. Potete immaginarvi la mia reazione quando incrociai lo sguardo di Davide che mi guardava fisso negli occhi con aria stupita. Feci un urlo incredibile rischiando di perdere il controllo della vettura. La reazione del mio compagno fu altrettanto meravigliosa e si concluse mandandomi gentilmente a quel paese. Il tutto si risolse con una risata che ancora oggi ricordiamo con piacere. Essere un rocker per me significa anche questo. Ore in macchina per raggiungere luoghi lontani, meglio se in buona compagnia e con una sei corde, sedersi e bere un buon bicchiere di vino o birra e ascoltarsi e raccontarsi, dar vita ai propri sogni, vivere la vita e farlo con passione. Grazie a tutti, buona vita