
Intervista a Riél
Come è nata in te la passione per la musica?
Credo di aver avuto 6 anni e mi ricordo mio padre che mi fece vedere un live dei Guns and Roses. Non dimenticherò mai tutte quelle persone che urlavano a squarciagola le le loro canzoni. In quel momento ho deciso che almeno una volta nella vita avrei voluto provare quella sensazione. Da lì ho sempre voluto rendere la musica una carriera.
Come hai elaborato il tuo sound?
Diciamo che lo sto ancora elaborando. Il pubblicare musica mi ha davvero aperto gli occhi su cos’è effettivamente che rimane di più alle persone e come voglio trasmettere il messaggio all’interno delle mie canzoni. Sicuramente c’è tanta sperimentazione, il giocare con diversi tipi di suono fino a trovare l’ispirazione e partire da lì, sentire quello che i suoni stessi sussurrano e da lì ricavare una melodia e poi una canzone.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Nel panorama italiano ho sempre ascoltato i Negramaro e la voce di Giuliano Sangiorgi è sempre stata un’influenza importante. Al giorno d’oggi invece uno degli artisti che ammiro di più nella scena italiana è sicuramente Mahmood. Per quanto riguarda musica internazionale invece direi artisti come Willow, Charlie Puth e The Weeknd.
M&M-D&G. Come è collaborare con loro?
Da artista si sentono sempre storie dell’orrore quando si fa riferimento ad etichette discografiche, management e l’industria musicale in sé per questo motivo sono davvero felice di poter dire che in M&M-D&G ho trovato totalmente il contrario. Sono dei professionisti che lavorano in questo settore da anni e mi hanno guidato nel modo migliore possibile mantenendo sempre a cuore la mia espressione artistica senza mai l’intenzione di snaturare la mia musica che è quello di cui molti artisti hanno paura. Sono persone di cui mi fido e con cui ho tanto piacere a lavorare, anzi se non fosse per loro la mia musica non sarebbe quello che è oggi, mi spingono sempre nel modo migliore possibile a sperimentare e trovare la mia vera voce per arrivare a produzioni degne di poter essere chiamate tali.
Come nasce una tua canzone? Che ambiente crei intorno a te stesso? Cosa ti ispira?
Direi che una mia canzone nasce decisamente dai suoni, faccio periodi in cui ascolto una quantità spropositata di musica di generi e culture diverse, poi mi chiudo in studio e gioco con suoni e strumenti diversi, è il suono e il timbro che fa nascere diversi tappeti melodici e l’intenzione dei brani.
“Cielo di spine” è il nuovo singolo. Lo puoi presentare ai nostri lettori?
Certamente, di solito, la fine di una relazione nasce dalla volontà di almeno una delle due parti di volersi separare. Beh ci sono volte in cui una relazione deve finire anche quando nessuno dei due lo vorrebbe. Questo brano parla proprio di questo, una relazione in cui ormai l’amore non basta più, in cui ci si fa solo del male a vicenda, un’amore tossico che trascina entrambi sempre più a fondo. Partendo da questo presupposto il testo è la conversazione che si ha quando ci si confronta con la realtà e si capisce che per quanto si tenga all’altra persona la cosa migliore è lasciarsi andare. “Credimi non riesco a vedere la fine, anche se amarti è saltare in un campo di mine”.
Cosa puoi dirci invece del video?
Volevo creare un video che complementasse la canzone senza per forza rappresentare semplicemente quello che dice il testo. Per questo motivo ho cercato di esprimere con diverse immagini le emozioni che una situazione come quella raccontata nella canzone può evocare. Immagini forti e suggestive che sono apparentemente scollegate dal tema del brano ma che riescono a suscitare le stesse sensazioni da un punto di vista diverso.