Intervista a Mille

Benvenuta su system failure. Ti presenti ai nostri lettori?

Sono Mille, la somma di numerose grandi piccole catastrofi, alternate a riprese, che hanno dettato le canzoni che scrivo.

Molti ti conoscono come lead vocalist dei Moseek. Cosa ti ha lasciato in particolare questa esperienza tra cui la partecipazione ad X-factor?

Xfactor è il paese dei balocchi, un contesto che mi ha attraversata positivamente e che mi ha insegnato tanto e dato altrettanto in termini di visibilità avendo poi fatto un tour consistente in tutta Italia. Io e Davide, il batterista dei Moseek col quale suonerò anche nel tour di Mille, abbiamo lavorato alle nuove cose, non ci sono release schedulate, il progetto Moseek è una parte che vive dentro di me e che mi nutre, sempre.

Come scrivi solitamente i testi delle tue canzoni? Ci parli del processo creativo alla base?

Scrivere canzoni è come innamorarsi ogni volta, non sai cosa succede e diventa difficile annotare la cronologia esatta. Si delineano in testa delle parole legate ad una melodia, mi accorgo che sta succedendo magari mentre cammino per strada, nello spogliatoio della piscina, in fila alla posta. Queste frasi assumono la forma di un mantra che cerco di fissare nella mente, o al limite sul registratore vocale del telefono. Si mette in moto cosi una spinta che mi porta a sedermi al pianoforte e a centrare quello che si è mosso in testa. E’ cosi che invento le canzoni che scrivo.

Hai frequentato scuole per il canto o sei autodidatta?

Ho iniziato a studiare canto subito dopo Xfactor con Eleonora Bruni, e ho fatto un percorso di logopedia parallelamente insieme ad Alessandra Banzato. Fausto Cogliati, il producer che affiancava Fedez a Xfactor mi ha insegnato a cantare le parole. Invece Maurizio Mariani, produttore e bassista, mi ha insegnato a rispettare la mia voce e il mio viso e a cantare senza dimenticarmene. Questi i nomi delle persone cui le mie corde vocali sono grate.

Secondo te, qual è la cosa più importante nello scrivere una canzone ? Hai mai paura di rivelare aspetti della tua vita personale a estranei attraverso la tua musica? Qual è il migliore verso che hai mai scritto?

Diventa necessario per me essere aderente alla realtà dei fatti che vivo, necessario non per scrivere una canzone che piaccia agli altri, ma per scrivere anzitutto un pezzo che faccia stare bene me. E’ un po’ come nella coppia, se non stai bene con te stesso diventa difficile la convivenza con qualcun’ altro. E le canzoni necessitano di una certa cura della relazione, se non vi è sincerità non c’è rapporto duraturo.

Puoi parlarci del tuo singolo “La vita le cose”? Di cosa parla?

“La vita le cose” è stata dettata letteralmente dal mio trasferimento da Roma a Milano, poco più di un anno fa. La geografia dei sentimenti cambia assieme alla geografia del corpo e mi ha permesso di notare alcune piccole cose e di riconoscergli una poetica. Sono anche le piccole cose che rendono un rapporto “speciale” quello che ti fa superare una vita di litigate, perché quella volta che fai pace azzera qualsiasi ostacolo.

Che cosa ha ispirato “Animali” di cui è presente un video su Youtube?

Se la geografia del corpo de LVLC mi vede in movimento, in “Animali” il mio corpo è totalmente fermo e rinchiuso in alcuni schemi e abitudini che quasi bloccano le speranze. In quella canzone nonostante tutto, sono cosciente che, in fondo, la felicità è semplicemente a portata di mano.

Qual è stato il miglior momento della tua carriera? E il più difficile?

Ogni volta che seguo pedissequamente le mie idee e riesco a condividerle con il team con cui lavoro. Ogni volta è il momento migliore di questo mio percorso, perché mi fa percepire che metto un mattoncino dopo l’altro, costruendo basi solide. Le volte in cui non sono stata abbastanza forte da sostenere le mie idee, facendo un passo indietro in favore di meccanismi non legati alla musica e al “fare”, quelli sono stati momenti bui, ma comunque di grande insegnamento.

Quale è la canzone con i Moseek alla quale sei legata in modo particolare dal punto di vista affettivo ed emozionale?

Sono molto legata ad Elliott che ho scritto diversi anni fa, ricordo luogo e momento e anche quando l’ho fatta ascoltare in studio con la mia chitarra e una voce che scoppiava di entusiasmo. C’è poi chi si è tatuato lo spartito sul braccio. Ha un grande significato per me.

Quali sono i tuoi piani per il futuro?

Farmi trovare allenata e capace di essere felice per quello che di buono arriverà.

Il miglior spettacolo dove hai mai suonato…

Ho calcato numerosi palchi importanti, in Italia, in Inghilterra, abbiamo suonato allo Sziget di Budapest, ma probabilmente il momento in cui mi è scoppiato il cuore è quando ho cantato insieme a Skin durante l’after party della finale di Xfactor. Ho avuto la sensazione di ricevere davvero un bel regalo dalla vita.

Quanto ti manca la dimensione live a causa dell’emergenza sanitaria del coronavirus Come hai vissuto i giorni di quarantena?

Mi manca l’aria per quanto mi manca il palco. I giorni di quarantena li ho vissuti con la calma necessaria per non farmi mangiare dall’ansia, e ho cercato di occupare il tempo a disposizione pensando che era un qualcosa in più e non qualcosa che stava fuggendo via.

Siamo in un mondo in crisi climatica, economica ed ora anche sanitaria. In un mondo così quale è il ruolo della musica?

Per ogni momento della vita esiste una musica di accompagnamento, pensiamo alla ninna nanna, ai canti di protesta, alla sigla del telegiornale, alle serenate, ai saluti delle persone care che ci lasciano. La musica è capace di parlare anche quando noi uomini non abbiamo sufficienti parole per esprimere quello che proviamo. E in questo senso, la musica è salvifica.

Oltre la musica quali arti preferisci?

Amo il teatro, amo disegnare. Le copertine dei primi due singoli, ma anche dei prossimi, le ho disegnate io, davanti ai colori sono una bambina in estasi, e fanno parte di una serie di disegni che faccio, che si chiama “Tette sulle spalle”. Sulla mia pagine instagram ci sono un po’ di video mentre disegno.

La colonna sonora della tua infanzia….

“We are the world”, Caruso di Lucio Dalla, i dischi di Venditti che suonano in casa.

Per concludere saluta i nostri lettori….

Laddove ci sono orecchie e occhi accoglienti io mi sento sempre estremamente grata.