Intervista a Max Deste
1)Bentornato su System failure. Ci parli in poche righe della genesi di “Ok silenzio”? Dove è stato registrato? Qualche difficoltà nel processo di registrazione? Aneddoti a riguardo?
È sempre un piacere 😉 Dunque, le dieci canzoni dell’album sono state composte e registrate in circa nove mesi presso HRS (Heaven recording Studio) di Lugano che ha curato gli arrangiamenti (con Roberto Colombo e Ricky di Filippo) e la produzione. Non è stato un parto difficile, in questo caso, ma direi lungo. Per ogni brano ci siamo presi il tempo di curare ogni minimo dettaglio, sia a livello testuale sia a livello sonoro.
2)“Ok silenzio” è ispirato dalla pratica della meditazione. Certo in una società super-veloce come la nostra è un tema di certo in controtendenza. Puoi commentare queste mie parole?
Credo che in questo momento storico ci sia proprio bisogno di fermarsi ogni tanto, riprendere contatto con se stessi, il proprio corpo e la propria mente. Rivalutare anche le piccole cose, apprezzare e accontentarsi di quello che si è e di quello che si ha, riscoprire i rapporti con le persone su un piano più fisico. Un proverbio zen dice: “Quando dormo, dormo, quando mangio, mangio. È una questione anche di sanità mentale. La tendenza generale, invece, mi sembra quella di correre e fare più cose alla volta. Di rispondere agli stimoli del presente a volte in modo nevrotico. E poi siamo letteralmente sommersi da input di ogni tipo… Il titolo, in conclusione, riprende quello di una delle mie band preferite, ossia i Radiohead, nel mitico album “Ok computer”, del 1997. All’epoca i computer stavano diventando degli elettrodomestici ad uso e consumo di tutti. In questi due decenni possiamo dire che hanno migliorato la vita dell’uomo? Ho qualche dubbio… Mi sembrava azzeccato, a distanza di vent’anni, di rispondere idealmente (e umilmente), sostituendo la parola “computer”, con tutte le sue implicazioni, con quella “silenzio”, che evoca situazioni diametralmente opposte, più legate alla sfera umana.
3)Su quale canzone dell’album mi dovrei soffermare e perché?
Le canzoni sono legate tra loro, e ruotano attorno al tema principale che è quello della condizione umana oggi nel 2018, quindi l’approccio giusto sarebbe quello di avere una visione insieme. Tuttavia, dovendo scegliere, citerei “La ruota del tempo”, la prima, dove viene messo l’accento sull’impermanenza delle cose. Niente è fatto per durare. Tutto si trasforma, a tutti livelli. Questo dovrebbe suggerire di vivere il presente con un senso di apertura, di meraviglia, di amicizia come un qualcosa di irripetibile, e al tempo stesso non soffermarci troppo a rimuginare sulle cose passate, o su quelle che devono ancora venire. Dovrebbe anche suggerire che è sempre nel presente che seminiamo quello che saremo nel futuro, e dunque siamo i primi responsabili di quello che ci accadrà. Siamo i primi responsabili del nostro karma, che nella tradizione buddhista non si arresta con la morte…
4)Dell’album ci ha colpito particolarmente “Disconnessa”. Di cosa parlano il brano e il video? Com’è nata questa canzone? L’hai dedicata a qualcuno?
“Disconnessa”, così come “L’ombra della rete” parla di una nuova tremenda dipendenza… parla in particolare di noi tutti, quindi anche di me, che siamo costantemente collegati alla rete, e che viviamo purtroppo le relazioni in modo non più abbastanza fisico. Proviamo ad immaginare per un attimo di restare senza smartphone per un po’ di tempo, non dico molto, anche solo una settimana. Siamo in grado? Forse dovremo educare le persone ad un uso più “sano” del cellulare e della rete. Soprattutto le nuove generazioni, che a differenza mia, sono cresciute con il telefonino in mano.
5)Che strumentazione hai usato per l’elettronica nell’album?
La programmazione elettronica è opera di Roberto Colombo. Posso dire che abbiamo usato diverse tastiere analogiche…
6)Dal comunicato stampa giunto in redazione di parla, tra le tante cose, di “algoritmi sempre più potenti e invadenti”. Quanto è importante rispettare la privacy delle persone secondo te?
A mio avviso questo è un alto problema serio. Non ho una soluzione. Però, senza scomodare il grande fratello di George Orwell nella sua straordinaria opera dal titolo “1984”, mi chiedo fino a che punto si possa parlare di democrazia, dal momento in cui vengono gestiti, non si sa bene da chi, miliardi di dati che ci riguardano.
7)Ho letto anche che la tua musica “risulta sapientemente contaminata da venature dance, folk, rock, funk e gipsy”. Come hai fatto a fondere tali generi musicali?
Ascolto molta musica, seguo molti generi, e per questo motivo credo che in modo spontaneo queste influenze vengano fuori nel momento della composizione.