Intervista a Lift

Giulia Giovagnoli, Baz e Sara Ciabucchi formano i Lift, band alternative rock/pop. Qui abbiamo recensito il loro album “Il Primo Album in Italiano”. Li abbiamo intervistati. Leggete cosa hanno da dire….

Benvenuti su System failure. Ci parlate del vostro percorso artistico fino a qui?

Grazie per la vostra attenzione, prima di tutto. Lift è un progetto che nasce, con l’obiettivo di fare musica propria, verso la fine del 2011. Siamo partiti a bomba con un EP di brani in inglese per arrivare al nostro album “Il Primo Album in Italiano” passando per un demo, il The B-Demo (sempre in lingua inglese) e con la voce di Giulia che ha abbracciato la band nel 2014. Con lei è sbocciata anche l’esperienza live che ci ha fin qui regalato circa quaranta occasioni per portare in giro per l’Italia (con un fuori pista in Irlanda) la nostra musica.

Come è nata in voi la passione per la musica?

In diversi modi. Qualcuno forse l’ha ereditata da un famigliare e qualcuno si è appassionato alla musica in gioventù. Difficile dirlo e trovare, per ognuno di noi, il momento giusto in cui è scoccata la scintilla ma l’unica cosa certa è che ce l’abbiamo dentro da quando ancora non ci era permesso di guidare un motorino!

Ci parlate del vostro background musicale?

Dobbiamo dire che è abbastanza assortito e che ognuno di noi è partito iniziando ad ascoltare cose anche distanti dagli altri, quindi con ben poco in comune. La cosa curiosa però è che quel poco che abbiamo in comune ci ha fatto incontrare, in due diverse occasioni. Ci chiedi quale gruppo musicale ci ha fatto incontrare? Gli U2.

Quando e come è nata l’esigenza di realizzare “Il Primo Album in Italiano”(in cover subito sotto)? Su quale traccia mi dovrei soffermare e perché?

Va innanzitutto spiegato che se quest’album è stato scritto in italiano è principalmente merito di due persone che ci hanno convinto a mettere da parte i testi in inglese. La prima è Ale Formenti, uno degli organizzatori dell’Urban Ecofestival, una delle nostre prime esperienze live, che ci ha prima selezionati per la finale dell’evento e poi presi da parte (letteralmente) per consigliarci di provare a scrivere italiano. Lui ci ha davvero messo il tarlo in testa. Poco tempo dopo, è arrivata la spinta definitiva da parte di (sì, caspita, proprio lei!!!) Carmen Consoli che, durante un momento in cui abbiamo avuto la fortuna di incontrarla, ci ha fatto capire quanto fosse importante per degli italiani esprimersi nella propria lingua. Alla Cantantessa non si può dire di no! La fase successiva ha visto l’avvento di un fiorente momento dove uscivano fuori i pezzi con una certa facilità. Così è nata la naturale esigenza di realizzare l’album. Ma è stato tutto abbastanza normale. Non ne abbiamo dovuto nemmeno discutere, perché sembrava la cosa ovvia per tutti. Le cose stavano andando bene. Poi, va detto, abbiamo anche avuto la fortuna di avere la ciliegina sulla torta con la partecipazione della poli-strumentista inglese Mally Harpaz (che, fra l’altro, ha pubblicato il suo primo album da solista Zoom In Zoom Out proprio una ventina di giorni fa) in due dei pezzi del disco (Il Cammino e Aspettando Quel Momento). È stato un motivo in più per sentirsi orgogliosi di quello che stava venendo fuori. Mentre L’Esigenza, il brano (per giocare con le parole della tua domanda), è stata l’ultima canzone ad essere inserita nel disco. La pubblicazione dell’album, in quel momento, era diventata davvero una necessità. Difficile dirti su quale traccia ti dovresti soffermare. È un po’ come chiedere a dei genitori su quale figlio devi concentrare il tuo interesse. Dipende anche dal mood che abbiamo. Le tematiche raccontate nei testi sono diverse e non è davvero possibile scegliere, per noi. Forse è più facile per chi ci ascolta. Anzi, sicuramente!

L’album, oltre al talento, cosa rivela di voi?

Beh, grazie per il complimento! Il nostro LP è l’audio-foto di quello che erano, musicalmente, i Lift in quel determinato periodo. Ma sicuramente rivela molto delle nostre emozioni, delle nostre insicurezze, del nostro modo di approcciare alla vita e di quei momenti che l’hanno caratterizzata.

Con quale criterio avete scelto i brani contenuti nel disco?

Abbiamo scelto quelli che credevamo più pronti per essere “consegnati” al pubblico. Sono quelli grazie ai quali abbiamo deciso di lanciare questa sfida e metterci in gioco in modo, possiamo dire, più serio rispetto al passato.

Quanto è importante la tecnica nella produzione musicale?

La tecnica ti da sicuramente tante possibilità in più e ti rende la vita decisamente più facile sia in fase di composizione che di esecuzione. Noi non siamo dei virtuosi e basta ascoltare i nostri pezzi per capirlo. Indubbiamente, da quando è nato il tutto, qualche passo avanti lo abbiamo fatto e ci rendiamo conto che le cose si semplificano un po’. Solo con la tecnica, e senza buone idee, comunque non pensiamo si possa andare troppo lontano nella produzione musicale.

Come scrivete solitamente i testi delle vostre canzoni?

Con la penna, con la tastiera del pc o con quello che capita… anche col sangue, se necessario! Scherzi a parte, non c’è una precisa regola. A volte il testo arriva da solo e devi essere veloce a portarlo su un pezzo di carta prima che ti sfugge di mente. Altre volte ci sono degli spot qua e la, un mosaico, che va completato. In genere le idee nascono sempre da esperienze personali o di persone vicino a noi. Altre volte sono semplicemente visioni come ne Il Coprifuoco e Ritornerà che sono due pezzi che raccontano due momenti diversi della stessa storia immaginaria.

Secondo voi, qual è la cosa più importante nello scrivere una canzone?

L’avere un importante messaggio da trasmettere agli altri attraverso il buon vettore di una bella melodia.

Avete mai paura di rivelare aspetti della vostra vita personale a estranei attraverso la vostra musica?

No, e sicuramente questo è già avvenuto, anche celatamente, in qualche parte dei nostri testi passati e presenti. L’obiettivo è comunque anche quello di trasmettere agli altri quelle emozioni e quelle sensazioni che sono state importanti per noi, che ci hanno segnato la vita o una parte della stessa. Cercare di raccontare emozioni o sensazioni non vissute direttamente è un po’ più complicato.

Qual è il migliore verso che avete mai scritto (o il più significativo per voi)?

Quello che dobbiamo ancora scrivere! Possiamo però dirti quale potrebbe essere quello più vero… “l’amore ogni giorno esce all’alba e non sa se ritorna al tramonto…”(da Il Sottile Equilibrio dell’Amore)!

Qual è il suono a voi più affine?

Ci hanno associati a tanti artisti. Parecchi di questi sicuramente hanno caratterizzato le nostre playlist ma per altri è stato un caso. Onestamente, proviamo a non assomigliare a nessuno. L’impresa è ardua però proviamo ad assomigliare solo ai Lift. Quello che sentite è il nostro modo di comunicare, una lingua musicale che forse assomiglia alla lingua di qualche altro artista, ma di sicuro non perché proviamo ad imitarlo. Di volta in volta, ognuno di noi dosa il proprio ingrediente nelle quantità e qualità che sente più idonee al pezzo che stiamo realizzando.

Un album che ha lasciato un segno indelebile nella vostra memoria…

Qui è il caso di rispondere singolarmente…

[Giulia] “I treni a vapore”, album di Fiorella Mannoia del 1992. Ero ancora troppo piccola per comprenderlo appieno quando me ne sono impossessata dalla collezione di casa. Eppure, la profondità della sua voce e quell’accordo di apertura dell’album, dopo venti anni, mi emozionano ancora allo stesso modo. Senza dubbio questo disco ha lasciato un’impronta musicale indelebile dentro di me.

[Baz] Dico “Pop”, degli U2, uscito nel 1997. Posso decisamente affermare che se oggi mi trovo a rispondere a queste domande insieme a queste due amiche, e compagne di avventura, è grazie a quel disco. Sono convinto che, se non l’avessi mai ascoltato, la mia vita oggi sarebbe completamente diversa.

[Sara] “Jagged Little Pill”, Alanis Morissette 1995, è il primo album che ho comprato con “coscienza”. Questa ventenne canadese energica con chitarre vibranti e testi diretti mi aveva letteralmente stregato!!

Cosa ne pensate dell’attuale cantautorato italiano?

Ci sono tante belle realtà in Italia, di qualità, un po’ ovunque. Mancano però strutture dove farle esprimere perché quelle poche che ci sono, soprattutto nella nostra area geografica, optano per soluzioni più “sicure”. E sulla superficie dell’acqua trovi quindi uno strato di cover band e tribute band che toglie ossigeno ai progetti originali. Servirebbe più equilibrio.

Per affermarsi conta più il talento o lo studio?

Serve un po’ di tutto. Serve parecchio anche sapersi muovere e trovare le persone giuste.

Progetti imminenti?

Stiamo cercando di collezionare qualche data per l’estate dove sicuramente inseriremo qualche novità in scaletta senza smettere di promuovere il lavoro de “Il Primo Album in Italiano”, nel quale crediamo, anche magari con una o più videoclip. Sulle novità possiamo anticiparvi che ci stanno dando molta soddisfazione e ci fanno sentire cresciuti sia nella musica che nelle tematiche.

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