Intervista a Kosmogonian

1)Benvenuti su System failure. Potete parlarci del vostro percorso fino a qui?

Portiamo avanti questo progetto esattamente dal 16 aprile 2016. Due anni dopo, appena un mese fa, ci siamo fatti un regalo pubblicando il nostro singolo d’esordio “Hybrid”: un nome, una garanzia, dato che è il giusto connubio dei differenti stili musicali dai quali proveniamo. Ci siamo mossi un bel po’ sul territorio, avendo avuto la fortuna d’incontrare e instaurare rapporti con persone splendide che hanno creduto in noi, e di suonare in realtà differenti l’una dall’altra. Siamo stati in giro per la regione, ci siamo fatti conoscere. Ultimamente abbiamo deciso di prender parte all’Arezzo Wave, passando le selezioni provinciali del contest. Adesso ci attenderà la fase regionale.

2)Potete parlarci del vostro background musicale? Nominate anche 3 album che hanno segnato la vostra vita…

Veniamo tutti e quattro da generi musicali differenti, se non per certi versi totalmente agli antipodi. Il batterista Fabio De Iaco, ad esempio, prima di consacrarsi al post rock, ha bazzicato alternative e nu metal, fino al pop punk. Molto in linea a queste influenze anche i trascorsi di Antonio Epifani, chitarra del gruppo, dedito anche all’alternative italiano di CSI e Marlene Kuntz. Andrea Maddaloni ha sempre puntato sul prog, nonostante abbia spaziato fra numerosi generi; un po’ come Andrea Ungaro, che partendo da Vasco, ha poi scoperto il rock inglese, il soul di Wonder e il jazz-pop di Norah Jones. Parlando di album, ognuno ha i propri capisaldi: “Meteora” dei Linkin Park, “We’ve The Facts And We’re Voting Yes” dei Death Cab for Cutie e “Rise and Fall of Academic Drifting” dei Giardini di Mirò (DE IACO); “Grace” di J.Buckley, “Pink Moon” di Nick Drake e “Tabula Rasa Elettrificata” dei CSI (EPIFANI); “Score” dei Dream Theater, “Meddle” dei Pink Floyd e “The Mountain” degli Haken (MADDALONI); “Black Holes & Revelations” dei Muse, “Hunky Dory” di Bowie e “The Bends” dei Radiohead (UNGARO).

3)Come nasce in voi la passione per la musica?

Ungaro: Come già detto, con Vasco. A otto anni sentii la sua versione di ‘Generale’ di De Gregori. Direi due in un colpo. A dire il vero fu mia madre a instradarmi, ancor prima, verso i laboratori di musica d’insieme, progetti bellissimi per i più piccoli. Crescendo ho cominciato a fare sul serio prendendo lezioni private di piano, poi mi innamorai delle chitarre di Landau e Burns. Avevo undic’anni.

Epifani: Colpa di mia sorella maggiore, dei suoi dischi di svariati gruppi rock e della presenza di una vecchia chitarra in casa. A circa 7 anni cercavo di riprodurre ad orecchio accordi e melodie, ma avvertii fin da subito la necessità di un maestro, figura che ho ritrovato in Massimo D’Astore.

De Iaco: Verso la scuola media, grazie ad alcuni compagni di classe che si erano approcciati già al rock, incominciai a conoscere ed ascoltare generi come metal e alternative rock, fino ad aver voglia di imparare a suonare la batteria. Ho sempre fatto tutto da solo, senza alcuno strumento a casa, suonando ad orecchio, cosa che continuo a fare ancora oggi.

Maddaloni: Verso i 6 anni con i primi vinili di mio padre ed i CD di mia madre e mio fratello, ero sommerso da un connubio artistico talmente ampio che alla fine è risultato inevitabile intraprendere quella strada. Ho cominciato a suonare la chitarra verso i 10 anni da autodidatta, ed il basso verso i 17. È con questo strumento che però ho trovato una confidenza che con la chitarra non avevo, appassionandomici ed applicandomici ogni giorno, entrando nei gruppi come bassista (nel mio primo gruppo da bassista c’era anche Andrea Ungaro).

4)Come nascono le vostre canzoni? Parlate del processo creativo alla base…

Non abbiamo dei canoni fissi per quanto riguarda la composizione, alla base c’è sempre l’idea di un singolo componente su cui si lavora tutti e quattro assieme per sviluppare melodie e armonia del brano; non seguendo regole ben precise, si tentano le proposte che ognuno avanza, fino a trovare la quadra che mette tutti d’accordo.

5)Abbiamo recensito il vostro disco Hybrid. Come è nato? Dove lo avete registrato? Difficoltà nella registrazione? Qualche aneddoto a riguardo?

“Hybrid” è un progetto che avevamo in cantiere già da un bel po’. Dopo solo pochi mesi di prove generali assieme abbiamo fin da subito avvertito la necessità di incidere su disco quel che avevamo da dire. L’idea iniziale non era quella di un EP, quanto quella di un vero e proprio album di molte più tracce, ma in corso d’opera ci siamo accorti che la strategia migliore era quella di puntare su poche tracce di qualità quanto più alta possibile.
Il disco è stato registrato al Last Floor Studio di S. Michele Salentino. 5 brani registrati in presa diretta, un’esperienza bellissima durata complessivamente una settimana. È stato il nostro primo lavoro, per cui ancora desideriamo ringraziare l’infaticabile Ciccio Barletta per l’impegno e la dedizione che ci ha messo, oltre al lavoro di mastering di Francesco Guadalupi nel suo Ohm Studio! Difficoltà ce ne sono state, dovute soprattutto al fatto che era la prima esperienza di noi quattro come band in uno studio di registrazione; paradossalmente, però, queste difficoltà ci hanno aiutato a capire alcune cose che non andavano nei brani, a migliorare certi aspetti degli stessi in corso d’opera e ad indirizzarci nella ricerca della nostra “identità sonora”.

6)Quale traccia di Hybrid preferite e perché?

In coro unanime ti diremmo Good Morning Travellers, l’ultima traccia dell’album. È il brano che maggiormente ci identifica come collettivo e dove possono percepirsi le ascendenti sonore di tutti e quattro. È un pezzo che parla di migrazioni, di sbarchi, di cancelli chiusi in faccia. Per la verità, vuol essere un messaggio di speranza per tutte quelle persone che sono riuscite ad arrivare a destinazione, un augurio affinché la terra ospite possa esser per loro l’inizio di una nuova vita.

7)Progetti in cantiere?

Sicuramente un paio di live, magari quest’estate. Abbiamo una gran voglia di suonare, tanto e nei posti più disparati! Nell’immediato saremo a Bari, per la fase regionale del contest Arezzo Wave. E poi, un altro disco. Stiamo ancora discutendo se trattarlo da secondo EP, utilizzando tracce che avremmo già voluto pubblicare ma che sono rimaste nel cassetto, oppure se scrivere da zero un “capolavoro di album”, come direbbe Maddaloni.

8)Con chi sognate di suonare e su quale palco?

De Iaco (drums): Personalmente, non ho una preferenza. Mi piacerebbe condividere il palco con chiunque mi faccia brillare gli occhi non appena tocca lo strumento. Sarebbe un onore imparare dai grandi artisti, indipendentemente dal loro successo o dalla loro fama.

Epifani (guitars): Coi Marlene Kuntz…anche in una cantina adibita a sala prove andrebbe benissimo!

Maddaloni (bass): Personalmente, sognerei di aprire un concerto del mio gruppo preferito, i Dream Theater, magari in un grande teatro.

Ungaro (voice): Io sinceramente vorrei uno stage tutto per me. Magari al Glastonbury, Coachella, cose così. Certo che se lo riproponessero, anche il Festival Bar mi garberebbe. Ma in genere ho megalomanie.

9)Dove vi vedete tra 5 anni? Quali sono le vostre ambizioni come band?

Al momento, ci godiamo l’esperienza dell’Arezzo WAVE e il disco che abbiamo in cantiere, senza limitarci o porci punti d’arrivo. Che lo si faccia indipendentemente o sotto un’etichetta, è una cosa che si vedrà col tempo. L’unica cosa che ci auspichiamo, oltre che di abbracciare una sempre maggiore cornice di pubblico (in Italia come all’estero), è di continuare ad avere lo stesso entusiasmo di adesso, e di sfornare musica sempre nuova, senza perdere i nostri stili primari, trovando anzi un compromesso fra questi.

10)Riuscite a conciliare la vostra vita con la vostra carriera artistica? Quante volte provate a settimana?

Mettiamo anima e corpo in quel che facciamo e, fortunatamente, bisogna riconoscere che nessuno di noi prende la propria carriera artistica sottogamba. Abitudinariamente, ci si vede in sala almeno un paio di volte a settimana; se poi ci sono live imminenti, le ore di prove si moltiplicano! Cerchiamo sempre di trovare il giusto equilibrio per compensare i tempi di tutti, e dobbiamo dire che ci riesce benissimo.

11)Un consiglio a quelle band che stanno muovendo i primi passi nel mondo della musica…

Non fatevi abbattere dalle critiche, anzi accettatele come costruttive, come uno sprone a metterci sempre più passione in quello che fate. Perseverare, persistere. E poi suonare, suonare, suonare. Farsi le ossa. Investire tutto su sé stessi. Crederci sempre, perché come in ogni cosa della vita, i risultati prima o poi arrivano.

12)Quale messaggio volete trasmettere con la vostra musica? Di cosa parlano i vostri testi?

Non siamo nati per trasmettere messaggi. Ci piace raccontare storie. Diciamo pure che siamo degli story-tellers. Se poi qualcuno volesse affibbiarci dei messaggi, ben venga, ma le interpretazioni sono sempre qualcosa di libero e personale.

13)Un saluto ai nostri lettori per concludere…

Ciao a tutti i seguaci di System Failure! Ascoltate sempre roba buona, e leggete molto, ché leggere fa bene. Se poi leggete di musica, tanto meglio.