Intervista a Koroth

1)Benvenuti su System failure. Raccontate il vostro percorso artistico fino a qui…

Salve ragazzi, innanzitutto grazie per averci concesso questo breve spazio per raccontare la nostra storia. I Koroth nascono nell’Aprile 2014 da giovani ragazzi con tanti sogni e ancora poca esperienza in ambito musicale. Il nostro primo Ep, “Till Victory Tear Us Apart” viene registrato, infatti, poco più di un anno dopo, nel Giugno 2015, seguito dai primi live a partire dal Settembre dello stesso anno. Dopo una serie di esperienze dal vivo e un secondo album, intitolato “Last In Heaven First In Hell” e rilasciato nell’Ottobre 2017, la band subisce un cambio di formazione, passando da un timbro di voce femminile a uno maschile e alternando più di un batterista. Possiamo tranquillamente affermare che il 2017 sia risultato uno degli anni più complicati per la band, tanto da essere rimasti inattivi per diversi mesi. Tuttavia il nostro amore per la musica e la voglia di suonare si sono rivelate delle componenti fondamentali, tanto da riportare il gruppo, totalmente rinnovato, in studio per la terza volta nel Febbraio 2018. Ebbene, eccoci qui, “Metamorphosis” è attualmente il nostro biglietto da visita e la formazione è più compatta che mai.

2)Come è nata in voi la passione per la musica metal?

Ognuno di noi si è avvicinato al metal all’età di 12/13 anni, fondamentalmente sotto consiglio di amici, parenti o conoscenti. Ciò che ci colpì sin da subito fu l’energia trasmessa dalle note e dalle voci davanti alle quali ci trovavamo, un qualcosa di mai sentito sino ad allora e in grado di motivarci e caricarci nella vita di tutti i giorni. Da allora il metal è rimasto un punto di riferimento fondamentale all’interno dell’ambito compositivo, soprattutto per quel che riguarda la capacità che il genere ha di trasmettere emozioni.

3)Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound?

I Koroth, in quanto band, non sono altro che un connubio di grandi nomi estrapolati dalla scena metal nazionale ed internazionale. Ciò che tuttavia rende i Koroth “unici” nel proprio genere risiede nei più svariati gusti musicali che caratterizzano ciascun componente in ambito personale. Architects, Periphery, Bring Me The Horizon ed Opeth sono solamente alcuni dei nomi che rappresentano il fulcro della nostra ispirazione. Nonostante questo, in quanto musicisti, ci impegniamo costantemente nel non rimanere circoscritti alla musica metal come unico punto di riferimento, bensì di spaziare il più possibile all’interno dei generi, quali rap, jazz, post-rock e blues.

4)Come nascono le vostre canzoni? Parlate del processo creativo alla base….

Possiamo affermare che le nostre canzoni nascano principalmente da noi stessi, in primo luogo in quanto persone e, successivamente, in quanto musicisti. Esse non sono altro che la traduzione in musica e parole di ciò che viviamo quotidianamente a livello emotivo. Naturalmente, tutto questo processo viene costantemente accompagnato da un aspetto più tecnico, attraverso il quale cerchiamo di rendere un brano degno del suo nome dal punto di vista musicale. Il fine primario, dunque, è quello di essere il più trasparenti possibile agli occhi dei nostri ascoltatori, coinvolgendoli a trecentosessanta gradi nel nostro concetto di musica.

5)Abbiamo recensito il vostro “Metamorphosis”. Come è nato questo disco? Dove è stato registrato? Difficoltà nel processo di registrazione? Aneddoti a riguardo?

“Metamorphosis” nasce dalla necessità di mostrare al mondo e a noi stessi di essere protagonisti di un vero e proprio processo di cambiamento, che abbraccia tanto l’aspetto musicale, quanto quello personale. Il disco è stato registrato presso i Divergent Studios, sito in Acquaviva delle Fonti, all’interno dei quali sono stati prodotti anche i due precedenti album. Il processo di registrazione, ad essere sinceri, è risultato molto più attento e veloce rispetto alle passate occasioni, grazie alla maggiore consapevolezza e maturità che ognuno di noi ha sviluppato nel corso degli anni. Mai come questa volta, infatti, sapevamo quello che volevamo e come ottenerlo. Vi è un particolare aneddoto circa una simpatica coincidenza che accomuna “Metamorphosis” e il nostro penultimo album: in entrambi i casi, il primo giorno di registrazioni è stato accompagnato dalla presenza della neve che, tuttavia, non ha intralciato il corso delle operazioni.

6)Su quale canzone di “Metamorphosis” mi dovrei soffermare e perché?

La canzone sulla quale ci si dovrebbe soffermare, secondo noi, è ‘What We’ve Lost’. Il singolo, primo estratto dall’album, sancisce l’evoluzione del nostro sound, distaccandosi dal passato e introducendo l’ascoltatore in questo processo di Metamorfosi, ed è la perfetta sintesi di ciò che l’album rappresenta: da un lato riff energici, dall’altro parti orchestrali e melodiche. Lo Yin e lo Yang della filosofia Koroth.

7)Ci parlate della cover di questo disco? Cosa rappresenta?

La cover del disco(subito sopra), realizzata da Davide Giandomenico, con il quale la band ha avuto modo di collaborare in più di un’occasione, non è che una rappresentazione di un cambiamento totale, sia da un punto di vista anatomico – come dimostra la figura antropomorfa che cerca di dimenarsi all’interno del suo involucro arboreo – sia da uno più emotivo e personale, evincibile dalla presenza di un cuore, unica componente prettamente umana della creatura. La presenza di una catena che funge da tramite tra i due corpi, non mostra altro che il peso dato a ciascuna sfumatura dell’animo umano mediante i vari brani dell’album.

8)Su quale palco sognate di salire?

Piuttosto che parlare di “palco”, ci piacerebbe, in futuro, poter suonare assieme a tutti quei gruppi o artisti che prendiamo come riferimento, giorno dopo giorno, in questo percorso di crescita musicale. Come e dove non ha molta importanza, ciò che conta davvero è avere la possibilità di suonare e coltivare la nostra passione.

9)Con quale artista o band indipendente vorreste collaborare?

Ci piacerebbe tantissimo poter collaborare con gli Shokran, band djent con richiami alla cultura egiziana. Traiamo ispirazione dal loro operato, non solo per la loro indiscutibile bravura tecnica sullo strumento e nel suonare il genere, ma anche perché apprezziamo un sacco il loro tentativo di creare un connubio tra musica e cultura, cosa che abbiamo tentato di fare con il brano [24,17-21], vera e propria citazione al filosofo latino Lucio Anneo Seneca.

10)Per voi conta di più il talento o la tecnica?

Talento e tecnica, per noi, sono 2 facce della stessa medaglia. Il talento, benché innato, resta fine a se stesso se non accompagnato da un’adeguata preparazione tecnica. Così come, la tecnica, è fine a se stessa se non si possiede il giusto talento per renderla ascoltabile ed apprezzabile per chi si approccia alla tua musica.

11)Cosa pensate della scena metal italiana?

Per quanto consapevoli che la scena metal italiana sia piena di musicisti talentuosi e progetti meritevoli d’ascolto, siamo dell’idea che ciò che manca sia una vera e propria cultura del sostegno e della solidarietà tra gruppi, tanto nel metal quanto nel panorama musicale generale. Si sente tanto parlare di sostegno alla scena metal ma gli stessi musicisti, molto spesso, non fanno nulla per supportarla e contribuiscono all’estinzione di questo concetto, che, come gruppo, riteniamo fondamentale per la sopravvivenza della musica.

12)Per finire, un saluto ai nostri lettori….

Un saluto a tutti i lettori di System Failure, continuate a supportare queste realtà indipendenti, essenziali per piccoli gruppi come noi per potersi esprimere e raccontarsi a trecentosessanta gradi!