Intervista a I LOVE DEGRADO
1. I Love Degrado, benvenuti sulle pagine di System Failure. Raccontateci un po’ di voi: quando e come nasce questo duo, ma soprattutto quale è l’idea dietro questo nome?
Ciao! Il progetto nasce nel 2014, quando abbiamo deciso di unire i nostri mondi apparentemente distanti per vedere cosa saltava fuori. Poi ci abbiamo preso gusto ed è nato il progetto I Love Degrado. Il nome nasce un po’ per dare fastidio, un po’ per far sorridere, un po’ per riflettere. Abbiamo notato che quando parli di degrado la gente tende ad avere un’idea molto precisa e schematica, tendenzialmente riassumibile con sporcizia, gente che fa festa in modo sguaiato, droghe più o meno leggere, donne e uomini di facili costumi che danno spettacolo. Nessuno associa al degrado, ad esempio, il suv che ti taglia la strada, il governo che taglia i fondi per la scuola o la salute, la pubblicità che ti taglia le palle ogni volta che vuoi vedere o ascoltare qualcosa. Ecco, in confronto a QUESTO degrado, noi ci sentiamo più vicini a quell’altro, quello delle bottiglie e degli umori corporali liberi, quello che ti permette di pensare e uscire dagli schemi. E poi è una cosa catartica: se ami il degrado riesci ad amare tutto, ad accettare te stesso e gli altri, ad essere una persona, forse, più aperta e libera.
2. È da poco uscito il vostro secondo album “Siamo dei cazzo di pionieri ci abbiamo sempre creduto”, anche in questo caso, oltre a parlarci del disco, vogliamo qualche indiscrezione sul titolo!
Il fatto è che siamo un gruppo profondamente democratico (ed essendo in due, diciamo che ci piace vincere facile!). Per questo scegliamo sempre dei titoli con due parti, così, quando ci chiedono qual è il titolo del nostro album possiamo dividerci il compito nel dirlo. Cerchiamo sempre di mettere un qualcosa di personale in tutto quel che facciamo, dai titoli alle composizioni.
3. Quali le differenze dal vostro full-lenght d’esordio “L’inesorabile declino della civiltà occidentale – L’esotismo a buon mercato dei bazar”?
Il primo disco è nato completamente (o quasi) da jam semi improvvisate. I brani sono stati strutturati in modo da poter essere eseguiti live nella maniera più fedele possibile al disco, senza troppi loop o sequenze. Il secondo è, invece, più ricco di sovraincisioni, più “da studio”, forse più ragionato, anche se non meno vissuto. Inoltre, un po’ per scelta, un po’ per ragioni “di business” abbiamo deciso di farcelo completamente da soli, questo ha fatto sì che avessimo più tempo e più tranquillità per provare soluzioni diverse, cancellare o aggiungere idee e strumenti. Musicalmente è meno electro e più rock, forse un po’ più immediato.
4. Il vostro nuovo lavoro è disponibile anche su musicassetta. Pensate che questo formato vivrà una nuova giovinezza come è stato per il vinile, o resterà un feticcio per nostalgici?
Sarà sicuramente un giovane feticcio. Per noi è stata una scelta dettata più dalla bellezza dell’oggetto che dalla sua reale fruibilità. In questo periodo storico così tecnologico, il cd ci sembrava ancora più obsoleto della cassetta.
5. Il primo singolo che ha accompagnato l’uscita di questo l.p. è “Giovani di belle speranze in malarnese”. Ce ne volete parlare?
Riassumendo, arriviamo in saletta – ti piace questa linea di basso? – un tot – ti piace questo groove – di brutto! – ottimo – il ritornello bello incazzato? – ovvio – bella lì! Più o meno è nata così…poi il titolo è frutto di una poesia stralunata, diciamo che siamo giovani dentro e in malarnese fuori…
6. Instrumental che unisce Jazz ed elettronica. Diciamo che osare non vi spaventa?
Se fai musica originale, te ne devi infischiare di quello che va per la maggiore, dell’hype, delle mode, ne va della tua onestà intellettuale. A noi piace fare questo guazzabuglio di rumori, e cerchiamo di farlo al meglio delle nostre capacità, senza paure o tentennamenti. Tutto quel che facciamo nasce in modo naturale, l’unica discriminate è: se non ci piace non lo facciamo
7. Chi vi ha ispirato?
Ci sono un sacco di musicisti e band che ci hanno piacevolmente preso a schiaffi sulle orecchie da quando abbiamo iniziato a fare musica. Adoriamo i Beatles e gli Einsturzende Neubaten, che vediamo come enormi punti di riferimento. Poi, tutta la scena tedesca anni ’70 (il cosiddetto Kraut rock), i Neu! su tutti, e alcuni gruppi post rock, come per esempio i Trans AM. Anche Cure, Joy division, Siouxsie and the banshees e tutta quella musica ad attitudine Rock.
8. In concerto vi presentate in coppia ma anche con una formazione allargata (We Love Degrado): quali le differenze a livello di sound? E quale è il vostro rapporto con i live?
In realtà come We love degrado (che poi significa che a noi si unisce il chitarrista e amico di una vita Alessandro Betti) abbiamo suonato poche volte, più che altro abbiamo registrato… potete cercare su youtube “Children”, un tributo alla nostra adolescenza, e ci teniamo a specificare che è uscito prima della scomparsa di Robert Miles – RIP. Al momento portiamo avanti una collaborazione con Tommaso Buldini, un amico e artista incredibile, vi invitiamo a cercare i suoi lavori, e insieme a lui proponiamo Demoniaco, in cui abbiamo unito le nostre follie, la parte musicale è la nostra, la parte di visual e di urla è di Tommaso. Il nostro rapporto con il live è: cercare di far viaggiare più persone possibili insieme a noi, portarle su mondi a loro sconosciuti e lasciarle un po’ lì, prima di spegnere tutto e tornare a casa.
9. L’album sarà presentato prossimamente dal vivo in un secret show nella vostra Bologna. Come mai questa decisione?
Ci piaceva l’idea di sentirci un po’ al centro dell’attenzione e circondarci degli amici, delle amiche e delle persone che ci supportano e che apprezzano il nostro lavoro, senza le tensioni e le ansie che si porta dietro un concerto-presentazione.
10. Grazie della disponibilità. Avete un ultimo messaggio per i nostri lettori?
Amatevi. amateci e grazie a System Failure per questa bella chiacchierata!