Intervista a Human Suit

1)Benvenuti su System failure. Presentatevi ai nostri lettori in poche righe…

Siamo gli Human Suit di Venezia e siamo un duo synth pop formatosi qualche anno fa. Chiara canta e suona il basso, Marco si occupa dei synth e della programmazione.

2)Come è nata in voi la passione per la musica?

Marco: credo che l’abbia acquisita da mio padre. Suonava l’organo in band locali che riproponevano i successi pop e rock anni 70. Ma la passione è sbocciata quando capii che la musica poteva essere qualcosa di più che 3 minuti di facile svago.

Chiara: non ricordo come sono passata dal semplice ascoltare al desiderio di suonare e fare musica, ma credo di aver sempre avvertito una spinta che mi portava in questa direzione e a voler migliorare, acquisire nuove competenze, fare nuovi ascolti e sperimentare generi particolari.

3)Che musica ascoltate? Nominate anche 3 album che hanno segnato la vostra vita…

Ascoltiamo veramente di tutto.

Marco: Ho difficoltà a scegliere da un menù di dieci piatti, figurati gli album della vita. Direi () dei Sigur Ros, Mechanical Animals di Marilyn Manson e The Fragile dei NIN.

Chiara: Non riuscirei a ricondurre tutto a tre album ma parlando di elettronica sicuramente hanno giocato un ruolo chiave i Linkin Park, i NIN e i Prodigy, sotto luci diverse.

4)Abbiamo recensito il vostro Ep Sublimation. Come è nato? Parlateci della sua genesi dicendo pure dove è stato registrato e se ci sono state difficoltà nel processo di registrazione…

Sublimation non è altro che il risultato delle nostre prime scritture e della necessità di tradurre in musica alcune esperienze di vita. Per le primissime canzoni siamo partiti da dei giri armonici e qualche idea di drum machine, le successive sono nate a partire dal concept che poi abbiamo deciso di portare avanti nel disco. A volte eravamo in camera di Marco, a volte in una stanza col pavimento con segni di cedimento, per restare ancorati all’aspetto industrial. Stese le bozze, realizzate le prime demo e trovati dei produttori, ci siamo chiusi un inverno nello Studio Magister di Preganziol con Alessandro Favero e Lorenzo (Lollo) Veronese per dare un’identità ancora più forte alle tracce e definirne meglio le atmosfere. Non li ringrazieremo mai abbastanza per il loro contributo. Una delle difficoltà era la stanchezza che dopo 13 ore di studio cominciava a farsi sentire. Oh, e il computer che singhiozzava con i progetti da oltre 100 tracce, oltre a tutto il tempo che ci è voluto per smaltire una dieta a base di caffè, pizze e toast con salsa rosa.

5)Quale traccia preferite di questo Ep e perché?

Marco: Per ora Broken Doors. Penso riassuma abbastanza bene i toni che volevamo dare. A fine mese avrò sicuramente cambiato di nuovo idea.

Chiara: per ora Collecting Clouds perchè adoro che ci siano delle virate più pesanti, debitrici di altri ascolti per me importanti. Inoltre penso che le canzoni che abbiamo composto dopo l’EP siano in continuità proprio con questa traccia. A fine mese avrò cambiato idea come Marco.

6)Ci parlate della cover dell’Ep? Chi è l’autore e cosa rappresenta?

L’autrice è Irene Brazzolotto, una talentuosa grafica a cui ormai affidiamo la totalità dei nostri lavori. Le abbiamo fatto ascoltare le canzoni e le abbiamo lasciato carta bianca per l’ideazione dell’artwork.

Il risultato ci è subito piaciuto perché abbiamo trovato che coniugasse bene la componente eterea e quella più pesante della nostra musica.

Per gli osservatori acuti all’interno dell’artwork ci sono degli elementi nascosti che danno qualche informazione in più.

7)Quattro tracce dell’Ep rappresentano concettualmente quattro delle cinque fasi dell’elaborazione del lutto teorizzate da Elisabeth Kübler Ross. Potete parlarci di questa cosa?

Non è buffo che il nostro primo EP parli di lutto? Volevamo un filo conduttore per le tracce e man mano che venivano scritte la teoria della Ross sembrava calzare a pennello. Questa sostiene che il processo di elaborazione del lutto si articoli in cinque fasi: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione. Ogni brano ne simboleggia una fase, tanto che spesso fra di noi li chiamiamo così, per ciò che rappresentano, dimenticandoci i titoli ufficiali. Nel disco manca l’ultimo passaggio, che arriverà a tempo debito, quando il lutto sarà superato. Abbiamo cercato di fare ciò utilizzando delle analogie: una emblematica è il montare di un temporale, come metafora della rabbia, in Collecting Clouds. La cosa divertente per l’ascoltatore è cercare, a partire dal mood di ogni canzone, di ricostruire l’ordine delle tracce in modo che sia coerente con la successione delle fasi del lutto.

8)Il singolo Unlistened (facente parte di Sublimation) è stato scelto dal team di game developers Sunderika come main theme del loro videogioco COSMIC. Come vi siete sentiti quando è successa questa cosa?

Piacevolmente sorpresi e onorati. Una volta visto il videogioco abbiamo constatato che in effetti le atmosfere erano davvero affini. Infatti alla fine è stato utilizzato l’intero Sublimation per le colonne sonore.

9)Un’altra domanda emozionale. Come vi sentite quando suonate? Come vivete l’atmosfera del live?

Marco: prima di un live hai sempre quella sensazione di.. beh, preoccupazione. Ma il momento che inizi a suonare il ghiaccio si scioglie e ti senti vivo. E una volta che ci si lascia guidare dalle canzoni viene tutto da se.

Chiara: mai come con questo progetto ho avuto la sensazione di raccontare agli altri qualcosa di davvero significativo per me. Cerco di focalizzarmi su questo mentre suono e di farmi avvolgere dall’atmosfera e dalle luci che utilizziamo per comunicare nella maniera più spontanea e vera possibile. Ah, e prego con tutto il cuore che non ci siano problemi tecnici.

10)Quali sono i maggiori problemi che avete riscontrato in sede live? Come è il vostro concerto perfetto?

Sicuramente quando non leggono la nostra scheda tecnica. Abbiamo un set abbastanza articolato che ha delle necessità particolari, perciò è importante che qualora ci sia un service questo le abbia presenti. Nel piccolo delle nostre possibilità cerchiamo di dare un’esperienza completa e reputiamo che tutte le componenti (sia audio che visive) del nostro set live siano fondamentali per raggiungere questo scopo. Siamo sempre stati pienamente disponibili ad adattarci su tutti i fronti, ma quando arrivi sul posto fiducioso che ci sia tutto e ti ritrovi con due prese di corrente in croce e con un mixer con quattro canali che fai? Il nostro concerto perfetto è quando riusciamo a trasmettere la radice emotiva della nostra musica a chi ascolta e sentiamo tornare energia dal pubblico.

11)Che strumentazione usate per l’elettronica?

Siamo in due a montare e a gestire il set, sia la parte audio che visiva, perciò abbiamo delegato tutto al portatile: mix, backing track, virtual instruments, effetti voce, proiezioni e luci. L’unico escluso è il basso. Manipoliamo tutto tramite controller midi e Kaoss pad che interagiscono con MainStage e Live. La programmazione di conseguenza diventa piuttosto complicata e richiede tempo, ma siamo decisi ad avere una nostra peculiare modalità di comunicazione e ad offrire un’esperienza live il più personale possibile. Per farla molto semplice siamo essenzialmente sommersi da cavi e aggeggi.

12)Come nascono le vostre canzoni? Parlate del processo creativo alla base…

Come accennavamo i primi lavori sono nati a partire da una successione di accordi a cui aggiungevamo batterie, sperimentando il più possibile con synth ed effetti. Successivamente, per completare il disco, siamo partiti soprattutto dalle varie fasi del concept, cercando di costruire un’atmosfera coerente con esse. Tuttavia, dopo l’EP, abbiamo deciso di cambiare metodo e lasciarci la più ampia libertà partendo da un’ispirazione del momento, spesso un giro di drum machine, su cui poi stratifichiamo altri suoni. A volte questi esperimenti finiscono nel cestino, altre si sviluppano a diventare canzone. Bisogna dire che periodicamente apportiamo modifiche e i labor limae finisce solo nel momento del master. A prova di ciò, l’ultimo pezzo che abbiamo registrato è stato completamente stravolto il giorno prima di entrare in studio.

13)Per finire, un saluto ai nostri lettori e invogliateli ad ascoltare la vostra musica…

Amici di System Failure noi torniamo alle nostre dimore, felicissimi di avervi potuto raccontare qualcosa di noi. Se dovesse andarvi di ascoltare qualcosa di diverso, in cui potervi immergere, ma che vi faccia anche ballicchiare, ci trovate su Spotify, iTunes e tutti i retailer digitali, oltre ai social e YouTube. Grazie per la vostra attenzione!