Intervista a House of Tarts

1) Benvenute su System failure. Ci parlate del vostro percorso artistico fino a qui?

Laura: ho studiato violino dai sei ai nove anni, poi ho smesso. Pianoforte dagli undici ai tredici, poi ho smesso. Canto dai quindici in poi. Ho cominciato un progetto con un gruppo a sedici anni che è proseguito fino ai diciannove, mi sono trasferita appena abbiamo fatto il disco. Sono scostante e discontinua in ogni ambito, ma persevero.

Valentina: Suono da quando avevo nove-dieci anni, dell’infanzia ricordo soltanto la tastieraccia che avevo e che mio padre mi insegnò a suonicchiare e la chitarra elettrica del mio capo scout che ammiravo con senso di colpa e una volta mi sono messa a strimpellare di nascosto. Più avanti ho preso lezioni di chitarra e di basso, non più di un anno; forse non sono fatta per prendere lezioni o non mi sono mai accontentata di concentrarmi su un unico strumento musicale. È proprio diverso, la musica è il mio modo di comunicare.

2) Come nasce in voi la passione per la musica?

Laura: I primi ricordi che ho sono i miei genitori che mi portano molto piccola alle prime lezioni di musica e ai concerti di Battiato, che per me sono stati una folgorazione, in macchina ascoltavamo De Andrè e Guccini. Quando stavo dai nonni sempre e solo musica classica, soprattutto Mozart, a mio nonno tutt’ora se gli parli di musica leggera storce il naso. Poi io non so fare niente e non sono colta, ma la mia famiglia mi ha sempre dato buoni spunti.

Valentina: Non riesco a collocare un momento nella mia vita che mi ha fatto capire che la musica faceva parte di me. Penso sia una cosa che mi porto dentro e che sta emergendo con le varie esperienze che ho accumulato negli anni.

3) Ci parlate del vostro background musicale? Nominate anche 3 album che hanno segnato la vostra vita…

Laura: Velvet Underground and Nico, la colonna sonora di Barry Lyndon, Non al denaro né all’amore né al cielo.

Valentina: Il mio primo gruppo “da fissa” sono stati i Linkin Park, poi son passata a molto punk e molto metal per poi tornare, in questo momento della mia vita, alla new wave. Dischi: My Dreams Dictate My Reality di Soko, Disintegration dei The Cure e forse qualche album dei Nirvana.

4) Abbiamo recensito il vostro H.O.T. Come è nato? Dove è stato registrato? Difficoltà nella registrazione? Qualche aneddoto a riguardo?

H.O.T. è nato dalle ceneri della nostra routine prima dell’esperienza da fuorisede e dalla lenta maturazione di sensazioni e storie dimenticate, dall’incontro con persone incredibili che ci hanno stimolato e apprezzato ma anche e soprattutto da chi ci ha remato contro –nella vita e in questo progetto– che ringrazio per le innumerevoli ispirazioni che ci ha dato nel continuare. Quello che facciamo non vuole essere pretenzioso o colto o degno di un qualsiasi riconoscimento, questo album è il risultato di un’elaborazione di impulsi piuttosto “raw”, tutte le canzoni sono state scritte in un take o due in sala prove o a casa. Data la struttura semplice dei pezzi non abbiamo avuto grandi problemi in studio, e poi avevamo Jacopo Gobber a farci da mentore, batterista e chitarrista occasionale, produttore, sound designer e fornitore di cioccolatini. È stato divertente chiudersi ore alla ricerca del suono perfetto per la batteria più brutta che si potesse immaginare, Jacopo è un professionista e non si accontenta facilmente. Siamo uscite dal Flaming studio con il jet lag, ma non vedevamo già l’ora di tornare. Ovviamente siamo capitate a Verona negli unici giorni in cui ha nevicato, la strada dall’ostello allo studio sotto la neve è stata memorabile.

5) Su quale traccia dovrei soffermarmi di questo disco e perché?

Glimmering Beauty, è la più sperimentale ma anche una delle nostre preferite, io sono particolarmente soddisfatta della linea vocale – scritta in un take – e Valentina ha fatto un bellissimo tappeto di arpeggiatori che curato dal sound designer Jacopo Gobber ha dato il meglio.

6) Ci parlate della cover di H.O.T. ? Cosa rappresenta?

Ci piaceva molto lo stile della grafica Federica Sveva, nel suo unire il corpo femminile a simboli grafici molto schietti, le abbiamo chiesto semplicemente di aggiungere i pasticcini e suggerire un ambiente urbano. Lei ha creato una piccola Venere di Milo un po’ goth rosa caramella che ci ha fatto impazzire.

7) Delle varie canzoni ci è piaciuta molto My Lullaby…Ci parlate della genesi di questa canzone?

È una delle più cupe che abbiamo scritto, è una ninnananna orrorifica. Il testo non lascia molta speranza, parla della difficoltà di liberarsi da una relazione irrimediabilmente malsana, dalla fascinazione che questa procura, della sicurezza illusoria che nasconde un abisso.

8) Tanti sono i generi musicali presenti nella vostra musica… Come avete elaborato il vostro sound?

Credo dipenda dal fatto che ascoltiamo cose completamente diverse. Se Valentina ascolta principalmente pop e new wave, Laura ascolta cantautori, trip-hop e indie.

9) Che strumenti usate per l’elettronica?

Siamo delle capre con l’elettronica, li suoniamo principalmente a caso. Usiamo un synth MicroKorg XL, una drum machine Korg Volca Beats e un campionatore Roland SP404. Ringraziamo nuovamente Jacopo Gobber per averci aiutato a dare un senso più concreto alle nostre “crude” attitudini.

10) Come nascono le vostre canzoni? Parlateci del processo creativo alla base…

Ci riuniamo in sala prove e scriviamo improvvisando. Se c’è da rielaborare qualcosa si fa a casa, perché ci annoiamo abbastanza a farlo insieme. Se qualcosa non va, si appunta e si passa ad altro.

11) Siete studentesse a Venezia. Quanto questa città influisce sulla vostra musica? Se la vostra musica fosse una città a quale assomiglierebbe? E se fosse un quadro?

L’ambiente è fondamentale. Vivendo a Mestre, tutto influisce, dalla zona bene Piazza Ferretto, ai vicoli sporchi in zona stazione, dal tram delle due di notte che comincia a puzzare di alcol dalle otto, la quasi totale mancanza di verde che piace tanto a Valentina. Venezia compare in qualche sprazzo di atemporalità, ma è l’altra faccia della medaglia.

12) Per finire, un saluto ai nostri lettori…

Con i nostri complimenti per essere arrivati fin qui e aver sopportato tutta la nostra boria, adesso potreste anche andare su BandCamp e comprare l’album per dare un senso a questa vostra impresa titanica.