Intervista a Hollow Echoes

Benvenuti su system failure. Come vi siete conosciuti? Come è nata la vostra band?

Ciao! Ci siamo conosciuti in circostanze diverse. Walter e Martina si conoscevano già, e Luigi aveva già suonato o condiviso esperienze musicali con Walter. Successivamente si sono aggiunti Francesco “Frenk” Stefanelli alle tastiere e Francesco Schiavone al basso con il metodo più vecchio del mondo: annunci e passaparola per un progetto musicale. Siamo nati nell’autunno dell’anno scorso, quindi.

Come avete elaborato il vostro particolare sound?

Non c’è nulla di particolarmente ragionato dietro. Abbiamo un sound che probabilmente è la summa delle nostre esperienze personali e dei nostri ascolti. Nella pratica comunque Walter e Frenk hanno contribuito molto nella fase di arrangiamento e creazione di suoni ed atmosfere, ma c’è un contributo di tutti alla base del suono che emettiamo. Sarebbe tutto molto diverso senza i groove molto personali di Luigi alla batteria, senza la voce versatile di Martina o senza le linee di basso frenetiche di Francesco.

Quali sono i vostri miti musicali?

Qui facciamo rispondere ad ognuno in maniera personale.

Walter: Questa domanda mi mette in crisi ogni volta. Farei prima a dire cosa non ascolto. E vado tanto a periodi. Posso dire che delle costanti sono la musica pianistica del periodo romantico, tanta musica orientale, i Nine Inch Nails che adoro, gli iamthemorning, i Porcupine Tree ed in questo periodo un bel po’ di Battiato. Ma cambierei risposta ogni volta che mi viene fatta questa domanda. Big up per i Flares On Film che sono un gruppo delle nostre parti che io sto adorando da un po’ di mesi (supportate chi vi piace, non solo i nomi grossi).

Francesco: La mia personale “trinità” è composta da Steven Wilson, Devin Townsend e Robert Fripp, musicisti che ho sempre apprezzato per il loro approccio eclettico, originale e personale alla musica. Adoro anche il gruppo post-rock canadese dei Godspeed You! Black Emperor. E fra i bassisti ce ne sono tanti: Colin Edwin, Geddy Lee, Justin Chancellor…

Frenk: Steven Wilson, Aphex Twin, Stevie Wonder, Lucio Dalla, Mina e la scena hip hop americana underground. Eun po’ di jazz. Ho problemi? Si.

Martina: Il mio gruppo preferito di tutti i tempi sono sicuramente i Beatles. Ho iniziato ad ascoltarli da piccolissima, diventandone letteralmente ossessionata, da più grande poi ho apprezzato immensamente il loro genio nella composizione e nell’arrangiamento, soprattutto delle armonie vocali.Nel corso degli anni poi ho spaziato molto fra diversi generi: vocalmente il mio mito assoluto è Janis Joplin, la scena hard rock blues degli anni 70 è stata una parte importantissima della mia formazione musicale.Negli ultimi anni mi sono appassionata molto anche al grunge, in particolare agli Alice In Chains, ma anche alle atmosfere intime ed acustiche dell’indie folk, Damien Rice su tutti. Inoltre recentemente ho iniziato ad apprezzare moltissimo il sound elettronico dei Nine Inch Nails e anche della contemporanea Billie Eilish.

Luigi: Quelli definibili per me miti musicali sono: in primis senza dubbio i red hot chili peppers i quali si può dire mi abbiano battezzato alla musica all’età di quattro anni con l’uscita di californication. Poi altre band come skunk anansie, Alice in chains, nirvana, soundgarden, Pearl jam. In seguito all’età di 14 anni circa ho iniziato ad ascoltare band come tool, a perfect circle, porcupine tree, mars volta, John frusciante, e divoravo gli album dei the doors. Per quanto riguarda i connazionali le mie tre icone principali sono: Battiato, de André e Caparezza.

Una domanda per Martina Farinola. Hai preso lezioni per il canto o sei autodidatta?

Ho preso lezioni di canto private dal M° Nicola Bucci per alcuni anni. Credo che imparare le basi della tecnica vocale sia fondamentale per qualsiasi cantante, per capire le potenzialità della propria voce e per evitare di danneggiarla. Tuttavia sostengo che al momento opportuno sia importante anche imparare a distaccarsene consapevolmente al fine di esprimere se stessi al meglio. Ecco perché tendenzialmente non mi piacciono gli ambienti accademici.

Come nasce una vostra canzone? Ci parlate del processo creativo alla base?

Di solito le bozze sono di Walter, e successivamente ognuno dice la sua al riguardo, fintanto che il puzzle che esce non soddisfi più o meno tutti. Però magari facciamo parlare lui per una risposta più approfondita.

Walter: Ho un modo molto personale di scrivere musica e parole. Sono troppo pigro per buttare giù qualcosa plasmandolo in una direzione ben precisa o “scientifica”. Di solito sono le parole o i colori le prime cose ad ispirarmi, solo successivamente subentra un tema. Magari ho letto una parola particolarmente evocativa, questa mi fa pensare a delle sfumature di colori, questi mi fanno pensare ad una melodia o a della musica, e provo a tirare giù ad orecchio quello che sto pensando. Solo successivamente all’istinto subentra un’analisi e un tema, dove comincio ad unire i pezzi e a vedere se posso tirarne fuori qualcosa di decente. Non è un percorso lineare, e quello di sopra è solo un esempio: diciamo che sono piuttosto caotico.

E’ uscito il vostro e omonimo. Perché il tema del tempo? Ho letto che c’è anche della mitologia…

Il tema del tempo era scelto di proposito solo per un brano, If You Are Kronos. Che è anche il brano da te citato dove c’è un po’ di mitologia greca alla base, ma in realtà è tutta una metafora che miscela il nostro interesse per le culture antiche con questioni più personali. Rimandiamo ai lettori l’ascolto e la lettura del testo, no spoiler! Possiamo dire che non è stato voluto dall’inizio, è stata una sorpresa anche per noi. Ed è stato Luigi a farcene rendere conto, durante una conversazione in studio di registrazione.

Sembra che in questo disco ci avete messo anima e corpo e tanta cura per ogni dettaglio….Potete commentare le mie parole?

Alcuni di noi (Walter, ndr) sono particolarmente fissati con il curare dettagli o con il superare barriere e confini. Ma è una cosa che ci fa piacere in fondo. L’arte non è a compartimenti stagni. Walter ha scritto una poesia per il nostro disco, Martina ha disegnato delle illustrazioni per un giveaway che stiamo facendo sulla nostra pagina instagram. Non ci poniamo limiti, siamo echi che vogliono diffondersi.

Cosa rappresenta la cover realizzata da Luana F. Belsito? Come è collaborare con questa artista? Perché avete scelto proprio lei?

Luana l’abbiamo conosciuta principalmente con le sue vignette su instagram come @wallypain. Avendo approfondito ci siamo resi conto di quanto fosse versatile nei suoi progetti e commissioni. In particolare nella serie di ritratti con colori freddi: ci hanno proprio dato vibes di quello che volevamo. Quindi abbiamo scelto lei per questo. Il processo è stato divertente, per noi! Per lei un po’ meno, dati i temi molto vaghi e l’impossibilità di renderli espliciti… Ma è stata super professionale e gentile, avendoci inviato molti bozzetti fino a quando non siamo arrivati a quello che ci ha colpito. Su ciò che rappresenta invece preferiamo non dire molto. Potrebbe rappresentare una spirale dove il suono e poi si diffonde. Potrebbe rappresentare un buco nero al centro della galassia. Potrebbe rappresentare le onde sonore. Potrebbe rappresentare lo scorrere circolare del tempo. O potrebbe rappresentare solo una serie di bei colori e linee. Chi può dirlo?

In un mondo al collasso per tanti aspetti quale è il ruolo della musica?

Quello che le vogliamo attribuire, né più, né meno. Lavoro, passione, valvola di sfogo, sottofondo mentre facciamo cose, strumento per dire qualcosa, un modo per sbarcare il lunario.

Quanto è importante stupire il proprio ascoltatore?

Genuinamente ti rispondiamo che non c’importa più di tanto. Il nostro obiettivo non è stupire o far rimanere nella comfort zone chi ci ascolta, ma tuttalpiù essere fedeli a noi stessi e scrivere quello che ci pare. Che poi ci siano momenti sperimentali e momenti più catchy, sono conseguenze di come nasce una canzone, non di quello che vogliamo fare. Come stavamo dicendo, non siamo “scientifici” né “rigorosi” nella composizione. L’obiettivo è esprimerci e fare terapia, se poi piace anche gli altri, siamo ancor più contenti.

Per finire, salutate i nostri lettori e parlateci dei vostri progetti futuri….

Grazie per lo spazio concessoci! I nostri progetti futuri sono semplici: portare la nostra musica in giro il più possibile con tanti concerti, fare rete fra musicisti indipendenti e scrivere nuova musica.
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