Intervista a Fabrizio Festa

Fabrizio Festa è un cantautore dallo stile unico che ha recentemente pubblicato il suo nuovo singolo “La vita di notte”. Questo brano ci trasporta in un viaggio attraverso l’incantevole magia della notte, una dimensione sensuale, affascinante ed eternamente giovane dove i sogni prendono vita. Scopriamo insieme l’ispirazione e le storie dietro questa straordinaria canzone.

Potresti raccontarci come è nata la tua passione per la musica e quali figure, tra mentori e influenze, hanno avuto un ruolo cruciale nel tuo percorso artistico iniziale?

Credo che la passione per qualsiasi tipo di arte, e nel mio caso per la musica, sia innata. Se si crede alla reincarnazione, la musica arriva anche da “lontano”. La sento familiare, una dimensione dove non ci sono codici sconosciuti da scoprire, è parte di me, come prima espressione del vivere, è il mio linguaggio naturale. Per far comprendere ulteriormente, quando ascolto musica di altri artisti, non mi sorprendono i “passaggi tecnici”, è come se già li conoscessi, perché appunto comunichiamo nella stessa lingua, non è tanto l’espressione, quanto l’emozione che riescono a dare, a cui faccio caso. Per mentori e influenze, sono stato fortunato, perché ho vissuto sin da piccolo le “stanze” della radio. Mio padre è stato fondatore di una delle prime radio Fm in Italia negli anni ‘70, e mentre ero lì, tra le copertine dei singoli e dei vecchi album, mi mettevo le cuffie e ascoltavo di tutto. Ma se dico di tutto, davvero di tutto. Dal progressive dei Genesis, al cantautorato di Lucio Dalla, fino alla musica popolare, come quella di Alvaro Amici. L’ascolto a 360° mi ha aperto la mente, credo che per chi si approcci alla musica in giovane età, sia non solo fondamentale studiare lo strumento, ma per scrivere canzoni o tentare di farlo, sia fondamentale non avere pregiudizi di genere. Ancora oggi, spazio tra vecchi dischi di rock jazz pop, sino ad arrivare ai Sonic Youth, Jeff Buckley, Pj Harvey, Nirvana, Depeche Mode, U2, Miles Davis e a godermi degli italiani, per esempio l’ascolto delle canzoni di Fabio Concato, che adoro. Concato mi tocca le corde dell’anima, così come certe canzoni di Ron o appunto di Dalla. Poi trovo la musica etnica un bagaglio di profondità espressiva. Per concludere a mio avviso non esistono i generi, esiste la separazione tra musica bella e quella meno riuscita.

In che modo le tue esperienze personali influenzano la tua produzione musicale?

Nella maturità, riascoltando le canzoni edite e inedite che ho nel cassetto, ho notato che sono sempre nate da un mio vissuto. I miei amori, il mio essere attento a ciò che avviene intorno a me culturalmente e socialmente, quello che sento così impellente da scrivere, finisce nelle canzoni. Non ho mai scritto pensando “adesso scrivo una canzone”. I brani pensati, solitamente, non hanno niente di magico. I miei nascono da un’urgenza emozionale e sentimentale che ho vissuto intensamente; nascono da qualcosa che si “fissa” nell’anima e parte poi da dentro fino a spingermi a prendere la chitarra. Spesso mi sono ritrovato a scriverli di getto, nel tempo della durata degli stessi. “La vita di notte”, per esempio, ha avuto la stessa urgenza, con una nascita insolita. Era forte la necessità di esprimere quelle notti vissute in Salento, tanto che, pur non avendo con me lo strumento, è uscita “da sola”; canticchiavo nella testa la melodia e le parole, poi l’ho trascritta su carta per non dimenticarla e, quando sono tornato a Roma, l’ho musicata. Senza vissuto, secondo me, le canzoni “riuscite” non esistono.

Il brano “La vita di notte” sembra evocare un forte senso di libertà e giovinezza. Esiste un episodio specifico o una notte particolare che ha ispirato questa canzone?

Mi riallaccio alla risposta precedente. È stato il vivere di molteplici notti salentine a ispirarmi per la canzone. Nelle notti d’estate in Salento, c’è un forte senso di libertà, di voglia di comunicare tra la gente, di divertirsi e di godersi la vita. A Otranto, già da giugno, l’aria del vivere notturno è elettrizzante. Nel mio caso, i salentini sono sempre stati molto accoglienti e più di una volta mi sono ritrovato a sedermi per bere e dialogare con persone conosciute in quel momento, alcune delle quali sono poi diventate belle amicizie da coltivare. L’ospitalità e la cordialità innata dei posti di mare creano uno spazio/tempo magico, dove nella notte, il vivere è davvero come essere dentro un film. Ad Otranto, dove ho scritto la canzone, se esci la sera pensando di fare un giro e rientrare presto, ti sbagli: l’onda emozionale e gli incontri, se ti dice bene, ti fanno rientrare non prima delle 3 o 4 di notte. E non ultimo, si riscopre a ogni età quel desiderio sempre giovane di vivere pienamente e perdersi come eterno adolescente nelle maglie affascinanti della notte. La notte è eternamente giovane.

Come riesci a gestire la pressione e le aspettative provenienti sia dal pubblico che dall’industria musicale?

Credo che uno dei più bei complimenti che ho ricevuto nel mio percorso discografico sia stato quello di un mio ex produttore. Negli anni, ha lavorato con i più grandi cantautori italiani e si sorprese perché, secondo lui, io ero l’unico a non preoccuparmi delle aspettative del pubblico. Nel senso che la mia scrittura e quello che ho pubblicato sono sempre stati dettati da ciò che reputavo piacevole al mio ascolto e giusto da far uscire in quel momento storico. Sono sempre convinto che se non fai calcoli e sei davvero te stesso, scrivendo in maniera naturale senza pensare ai numeri, la gente alla lunga se ne accorge. Si accorge che sei autentico, senza filtri né sovrastrutture. Per me, la musica è questo: onestà, trasparenza di sé e manifestazione delle più intime emozioni. E sono convinto che, se vuoi durare nel tempo, anche discograficamente, se vuoi che la gente ti segua e non rimanga delusa, devi sempre tirar fuori verità. Poi, in questo mondo, si spera che il tempo sia galantuomo.

Quali consigli offriresti a un giovane cantautore che desidera farsi strada nell’attuale panorama musicale?

Vado oltre l’attuale panorama musicale, dove i cantautori fanno fatica a emergere, ma credo ottimisticamente che a breve, nel giro di due o tre anni al massimo, si tornerà ad avere la necessità di ascoltare anche i cantautori e di dare loro più spazio. Cosa consiglio? Se è “folle”, se ha una passione così smisurata che senza fare musica gli manca la terra sotto i piedi, gli manca l’aria, allora posso dirgli di provarci e di armarsi di pazienza e disciplina. Studiare costantemente uno strumento come il piano o la chitarra, sarà la base per la scrittura delle canzoni. Deve ascoltare senza pregiudizi tutti i generi musicali, che aprono la mente, e leggere e informarsi su ciò che lo appassiona, costantemente. Per far capire ulteriormente, se la casa non ha le fondamenta, prima o poi c’è il rischio che crolli. Poi potrà utilizzare come mezzo tutta la tecnologia che vuole, che non demonizzo. E soprattutto, deve vivere intensamente la propria vita, perché da quelle esperienze usciranno le canzoni che faranno sognare intere generazioni.