Intervista a Camilla Fascina

Benvenuta su system failure. Il tuo percorso ti ha portata a lavorare con l’indimenticabile Lindsay Kemp, coach di David Bowie, con il quale hai realizzato il videoclip “Time” pubblicato su La Repubblica.it. Cosa ci racconti di questa esperienza?

Diceva Bernardo di Chartres che noi «siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.» Prendo a prestito da Bernardo e confermo che lavorare con Lindsay Kemp è stato come camminare sulle spalle di un gigante. Inoltre Lindsay emana un’energia contagiosa. Ci diceva sempre che il palco è un territorio sacro. Questa frase mi è rimasta molto impressa, la porto con me ogni volta che entro in scena. Inoltre l’idea che Lindsay avesse precedentemente lavorato non solo con David Bowie, ma con personaggi come Kate Bush e Peter Gabriel mi faceva sentire davvero una privilegiata.

Cantautrice di Vicenza e una Docente all’Università di Mantova. Come riesci a bilanciare la tua carriera artistica con la tua vita?

Musica e Università sono due mondi che vedo in realtà molto affini: amo pensare l’insegnamento universitario come una performance, la lezione è una specie di concerto che deve lasciare qualcosa al pubblico, trasmetter emozioni, passione. Inoltre vivendo il mondo universitario mi arrivano molti stimoli per scrivere i miei testi. Tenendomi aggiornata per le lezioni, scopro continuamente cose nuove, tematiche di attualità, che poi riverso nelle canzoni.

Quale è la differenza tra suonare in Italia e suonare all’estero?

La vita mi ha portato a calcare diversi palchi, anche a New York, Chicago e in Germania. Ho vissuto un anno a Berlino. Lavoravo come PhD presso il centro di Studi Nordamericani della Freie Universitat. Da lì è nata una collaborazione con la band tedesca Fewjar con cui sono stata in bus tour per tutta la Germania. La band ha un seguito davvero particolare, il pubblico conosce tutti i testi a memoria quindi per la prima volta ho avuto davanti a me un pubblico che sapeva tutte le parole delle canzoni e che cantava a squarciagola. Un’esperienza unica. Poi quando mi sono trasferita a Chicago per motivi di ricerca ho avuto la possibilità di suonare allo Spring Fest di Chicago, e al Pianos di New York. C’è una cultura molto aperta alla musica nuova, inedita, molto rispetto e ascolto.

Quale è il filo rosso che unisce le tue canzoni? Ci parli del processo creativo alla base?

Il filo rosso che unisce le mie canzoni è la necessità e urgenza di avere una storia da raccontare. Spesso mentre leggo un libro o sono in treno, trovo l’ispirazione e annoto un testo o registro nel cellulare una melodia. Poi, una volta a casa, mi siedo al pianoforte e metto a punto le idee. Vedo il processo creativo come una “recollection in tranquillity”, come amava definirla il poeta romantico William Wordsworth. Egli sosteneva che il processo creativo avviene grazie a 2 fasi: l’esperienza dell’emozione o intuizione poi rielaborata grazie ad una seconda fase in cui il poeta si metteva tranquillo sul divano e riscriveva in maniera ordinata gli impulsi avuti in precedenza.

Oltre la musica che arti preferisci?

Adoro la danza e il teatro. Il mio percorso musicale in realtà è nato dopo, inizialmente mi sono tuffata nel mondo della danza e del teatro. Poi ho capito che la forma prediletta di espressione per me era il canto. Notre Dame de Paris di Cocciante è stato inoltre un grandissimo stimolo a cantare. Ho cominciato a prendere lezioni di canto prima a Verona, poi a Milano, dove ho scoperto anche il mondo della composizione / songwriting. Da lì ho cominciato a scrivere canzoni inedite sia in italiano che in inglese. Tuttora però amo pensare al concerto come ad una performance teatrale.

“Donne il Electroswing” è un disco che trasmette un messaggio importante e che lo fa con un sound leggero, ipnotico e accattivante, come scritto nel comunicato stampa. Quanto è importante trasmettere messaggi con la musica?

E’ la missione principale della musica. Con questo EP vorrei coccolare le donne, rallegrarle, farle sorridere tramite lo storytelling, la narrazione di storie quotidiane o di episodi ispirati al mito greco (con La Maga Circe mi tuffo nell’Odissea).

Come hai elaborato il tuo particolare sound?

Il sound è frutto della collaborazione col Maestro e Direttore d’Orchestra Adelmo Musso, un esperto di swing.

Se la tua musica fosse una città, un film o un quadro?

Che bello spunto! Se fosse un quadro vorrei che fosse Il Bal au moulin de la Galette (Ballo al moulin de la Galette), il dipinto del pittore francese Pierre-Auguste Renoir.

Per finire, saluta i nostri lettori e parlaci dei tuoi progetti futuri….

Sto lavorando alla realizzazione di uno spettacolo / concerto interamente dedicato al mare e alle sue creature per diffondere la missione di Sea Shepherd, ossia la salvaguardia degli oceani e dei loro abitanti, la fauna marina. Gli oceani sono preziosa fonte che ci fornisce l’ossigeno che respiriamo.