Intervista a Bracco di graci

Benvenuto sul nostro sito. Come è nata in te la passione per la musica?

La mia passione per la musica credo sia nata con me o io con lei, non ne ero consapevole però i miei genitori mi raccontano che quando ero piccolino e si andava in locali da ballo, mi mettevo davanti all’orchestra e immobile venivo come rapito dal suono, mi estraniavo come se il mondo circostante non ci fosse e non volevo più andar via e opponevo resistenza quando era il momento di tornare a casa.

Ci parli del tuo incontro con Lucio Dalla?

In realtà non è stato da subito un vero e proprio incontro, dopo aver appreso dove si trovava la sua abitazione, andavo sotto casa sua con la mia ragazza di quel tempo per cercare di incontrarlo, volevo sottoporgli la mia musica, però con scarsi risultati, era introvabile, così avevo perso ogni speranza poi, una notte, stavo imbucando una musicassetta nella sua buchetta delle lettere, lui arrivava in macchina con il suo manager Renzo Cremonini, così mi urla: “cosa stai mettendo lì dentro?”, io accecato dai fari non avevo realizzato da subito e quando ho capito che era lui, mi è venuto quasi un infarto, questo è stato il nostro incontro. Lo ringrazio per tutte le occasioni che mi ha dato e ancora di più per la scuola indiretta che ho ricevuto nel vedere da vicino come un genio, forse il più grande di tutti, si approcciava all’arte della musica.

Festival di Castrocaro, Festivalbar, Sanremo, Cantagiro etc. ci puoi raccontare un aneddoto di queste tue esperienze passate?

Il Festival di Castrocaro del 1991 non l’ho vissuto benissimo, ho vinto alle quattro e mezzo del mattino dopo una serie di colpi di scena, dove prima ha vinto un artista poi a riconteggi fatti ne vince un’altra, poi di nuovo conteggi inesatti e vincono insieme, si chiude il sipario con due ragazze che sfoggiano la coppa. Ero tornato a Bologna ed ero già a letto, quando mi arriva una telefonata che sarei dovuto tornare a Castrocaro in quanto alla riconta ero il vincitore e che i giornalisti mi stavano aspettando, ero spaventato ma soprattutto imbarazzato, non volevo andare, mi sembrava tutto assurdo poi hanno insistito che dovevo e sono andato. Al Festival di Sanremo del 1992 con il brano “Datemi per favore” forse le aspettative su di me erano troppe, sentivo la pressione, ricordo mi tremavano le gambe, forse non ero ancora pronto per quel salto ad ostacoli con l’asticella nel suo punto più alto, è anche successo che sul palco non sentivo dalle spie una triade di accordi che mi permettevano l’intonazione, avrei dovuto fermare tutto e ricominciare, ci vuole esperienza per questo genere di inconvenienti, la performance non è stata all’altezza, sono stato eliminato giustamente, anche se allora ho fatto fatica ad accettarlo. Al Festival di Sanremo del 1993 ero più sicuro di me e sul palco mi sentivo da Dio, con il brano Guardia o Ladro ho raggiunto il quarto posto, ho vinto il Cantagiro e il premio Rino Gaetano. Nel 1994 il brano “Uomo” ha riscontato un così grande consenso radiofonico che mi hanno chiamato al Festivalbar, mi ha emozionato la risposta del pubblico quando Amadeus mi ha presentato è stata la prima volta che ho pensato che qualcosa stesse andando per il verso giusto.

Come nasce una tua canzone? Da cosa prendi ispirazione?

Domanda difficilissima… a me succede che sono le canzoni a cercarmi, quando ho provato a cercarle ho scritto cose non buone, non mi ritengo un autore che può scrivere canzoni a comando, credo di essere un contadino spontaneo, a volte mi vengono dall’anima a volte dallo stomaco, spesso dalla rabbia, sono sensibile alle ingiustizie.

“L’uomo che vedi” è il nuovo singolo. Di cosa parla questa canzone?

L’Uomo che vedi parla della fatica giornaliera alla quale sono sottoposte le persone che lavorano e che vivono di misura, costrette a scontrarsi con problematiche che sembrano create ad arte per rendere volontariamente la vita sempre più complicata. Da qui nasce l’idea che sembra quasi che qualcuno non ci voglia più, l’incognita sembra creata ad arte per non farci mai capire in che punto siamo realmente, una sorta di labirinto dal quale si ha la sensazione della non via d’uscita, il linguaggio ingannevole e forviante fa credere spesso il contrario di ciò che poi realmente verrà fatto. Il protagonista non perde però la speranza e continua a camminare tra la nebbia sperando che dall’altra parte, quando finirà, troverà il sole.

”L’uomo che vedi” è un uomo uscito dal disincanto che ha capito che nella vita spesso nulla accade per caso ” come leggo dal comunicato stampa. Tu sei fatalista?

Non so se sono fatalista, credo ci siano forze molto potenti ed influenti che da sempre imperversano e manipolano la nostra quotidianità. Credo sia da superficiali pensare di essere del tutto liberi, dal 2020 ad oggi abbiamo toccato con mano di quanto il potere possa essere persuasivo e coercitivo, se do l’impressione di esserlo, intendo fatalista, non è per rassegnazione, per passività, semmai è per costrizione.

Nel mondo odierno, un mondo al collasso per tanti aspetti, quale è il ruolo della musica secondo te?

La musica è la forma di comunicazione più potente che ci sia, ci aiuta a stare meglio, ci consola e se fatta in modo sincero può dar vita a riflessioni, spunti per un possibile dialogo, ci dà l’opportunità di confrontarci, aprire orizzonti. La musica, come tutte le forme più nobili dell’arte è anche dissentire, non dovrebbe essere sminuita a semplice intrattenimento, non dovrebbe centrare nulla con il profitto, mi spiego meglio, il profitto dovrebbe essere una conseguenza e non il fine, oggi credo sia diventata una stampella dello share.

Ci dai pure un parere sull’ultimo Festival di Sanremo? Come è stato secondo te?

Non credo di potermi arrogare il diritto di giudicare le canzoni, trovo che un artista non dovrebbe mai farlo verso altri artisti, riguardo al Festival di Sanremo credo che oramai la musica sia diventata solo la cornice del quadro, il che fa un po’ strano, visto che l’evento dovrebbe avere la sua centralità proprio sulla musica, quindi tenendomi fuori dal giudizio musicale, non mi sono piaciuti alcuni atteggiamenti di artisti, che ho trovato fuori luogo e fuori contesto.

Per finire, saluta i nostri lettori e parlaci dei tuoi progetti futuri…

I progetti futuri sono legati dall’uscita di un singolo per volta e dal gradimento del pubblico, sarà un lavoro lungo ma pieno di soddisfazioni e dico questo perché credo che il compito dell’arte non sia cercare il successo, ma cercare e soprattutto farsi cercare dall’arte. Sono già molto soddisfatto di essere riuscito a farmi tornare la voglia di scrivere le canzoni che hanno bussato alla porta della mia anima e qualcuna del mio stomaco, canzoni che mi hanno cercato, che mi hanno convinto, appassionato, mi hanno detto prepotentemente “abbiamo ancora qualcosa da dire”. Ringrazio tutto lo staff del portale System Failure Webzine per lo spazio che mi avete dedicato e ringrazio anche tutti i suoi lettori. Ciao a tutti.