Intervista a Autorock

Benvenuti su system failure. Come vi siete conosciuti?

Mirko: Una sera, ci siamo ritrovati in casa di un caro amico per provare a suonare qualcosa, delle idee che avevamo. Niki suonava con un mestolo, un rullante trovato nella spazzatura e un bongo scassato. E io, visto che come sempre c’erano troppe chitarre, mi sono messo al basso di un amico.

Come è nata in voi la passione per la musica?

Mirko: Non credo che la passione per la musica sia una folgorazione che arriva ad un certo punto della vita, ma piuttosto nasce con te, è lì, è dentro di te. Spesso si tratta di trovare la situazione giusta, il compagno giusto, le emozioni giuste. La musica è espressione di qualcosa di tuo : sei pronto a questo ? Hai voglia di condividerlo ?

Quali sono i vostri miti musicali?

Niki: Mi interessano alcune scene musicali, perché contengono quasi sempre i semi della contaminazione e quindi dell’intuizione. Penso alla scena sperimentale tedesca degli anni 70, alla scena punk hc statunitense di inizio anni 80 o alla scena trip-hop di Bristol, per esempio. Difficile fare dei nomi nello specifico, ma indubbiamente persone come Albini e Reznor, hanno saputo indicare una direzione, pur essendo in parte trasversali alle scene di cui parlavo poco fa.

Mirko: Non credo di avere dei veri e propri miti musicali; la nostra è una passione dei suoni, delle armonie, delle strutture non convenzionali e dell’intensità. Ovviamente come tutti, abbiamo subito e subiamo, le influenze dai nostri ascolti, ma non c’è spirito di emulazione in noi, ma solo provare a comprenderne le idee, le intuizioni.

“Zona di Esclusione” nasce come colonna sonora per una serie di podcast programmati da Radio Rust Station, una web radio nata nel 2020. I podcast sono ispirati al disastro nucleare di Chernobyl e di Prypiat e agli avvenimenti successivi, poco conosciuti. Ci potete meglio approfondire il tutto e spiegarci perché avete scelto questo tema da trattare ?

Niki: Quando Stefano (un nostro amico che ha curato i podcast su Chernobyl) ha iniziato a lavorare con passione a questo approfondimento, ci ha chiesto di pensare a dei pezzi che potessero accompagnare il racconto. Nel 1986 avevo 8 anni e ricordo benissimo la sensazione di qualcosa di lontano, siderale e misterioso, che era accaduto chissà dove. Per quanto mi riguarda, ho iniziato a concepire i pezzi ritornando in parte alla mia inquietudine fanciullesca legata a quegli avvenimenti. E alla fine, quella tragica storia, mi ha fornito la chiave per raccontare un’ altra storia nella storia, come se per un assurdo gioco di specchi, fossi stato io stesso presente a Chernobyl. Ci sono stati d’animo sovrapposti e interconnessi, tra la nostra realtà e una realtà che ci ha solo sfiorato da lontano.

Quale traccia preferite di “Zona di Esclusione”?

Mirko. Io personalmente preferisco Birds; è surreale; è una cortina di nebbia intensa che rappresenta in pieno la tragedia di Chernobyl.

Cosa rappresenta l’artwork di “Zona di Esclusione”?

Niki: Una foresta, per quanto cupa, può suggerire una barriera, ma anche una protezione e forse una possibilità. Tuttavia, come scrisse Borges molti anni fa, i simboli non devono essere svelati, altrimenti il loro ‘potere’ svanisce.

Industrial, drone ambient, dark ambient, post rock. Perché questi generi e non altri?

Mirko: Sembrerà una frase di rito ma la nostra musica è espressione del momento, è al servizio delle nostre idee. In questo caso il progetto si rifà ai generi da te citati, ma se ascolti il progetto precedente o cosa stiamo suonando ora, capirai che non c’è un accanimento nella ricerca di un genere, ma delle soluzioni al servizio delle nostre idee.

Quanto della vostra vita finisce nelle vostre canzoni?

Niki: La realtà è soggettiva e ci muoviamo tra diversi livelli di comprensione (e di incomprensione) di noi stessi, degli altri e di tutto il resto. Ci sono gli aspetti fisici, materiali e apparenti, ad esempio, e poi tutto quello che affiora ed emerge (a volte) dentro di noi. Per quanto mi riguarda, sono alla continua ricerca di un’ ipotetica colonna sonora che vaga dentro di me. A volte riesco ad intuirne qualche passaggio, a condurla fuori dal labirinto e a darle una voce quasi comprensibile.

Mirko: Personalmente non c’è nulla della mia vita quotidiana che finisce nelle canzoni. Quello che c’è piuttosto, è tutto quello che vorrei dire, che vorrei che le persone che mi conoscono sapessero, quello tra le righe, la mia fragilità, tutte cose che oggi sono difficili da esporre liberamente.

Come prende forma una vostra canzone? Parlate del processo creativo alla base….

Mirko: La maggior parte delle idee le tira fuori Niki, io spesso mi occupo della quadratura e nel portare avanti insieme a lui l’idea. Per quanto riguarda il processo creativo, ad esempio, mi viene in mente che l’altra sera in saletta abbiamo fatto una prova di suoni tutti insieme e quasi ne usciva un pezzo finito. Spesso andiamo nella stessa direzione emotiva, ‘sentiamo’ le stesse cose. La musica per noi ha la stessa ‘funzione’ e quindi fluisce spontanea, onesta e reale, nuda.

Niki: Di solito scrivo un testo e prendo la chitarra, o quello che capita. A volte accade esattamente il contrario, e alla musica segue un testo. Difficilmente riesco ad adattare le poesie alla musica e quindi, per sottrazione, cerco di cucire un testo. Spesso cerco di capire che cosa sto cercando nella mia testa e di trasportarlo sullo strumento. Non è mai un lavoro metodico, ma istintivo. Se un pezzo è onesto per me, non ha bisogno di molte cose e di aggiustamenti; funziona e basta, va nella direzione che sto cercando.

Riuscite a bilanciare la vostra carriera musicale e la vostra vita?

Mirko: Non parlerei di carriere musicali, piuttosto di momenti in cui facciamo quello che ci piace e che ci fa stare bene.

La musica di Autorock esprime malinconia. Potete commentare questa mia frase?

Niki: Credo sia importante fare sempre i conti con se stessi e con chi si è per davvero. La musica spesso serve a prendere coscienza di questo e diventa un’ espressione che aiuta a stare meglio, o che comunque allevia.

Mirko: Per l’argomento affrontato nella colonna sonora credo sia il minimo, per il resto dei nostri progetti è un elemento sicuramente predominante. Ma le nostre canzoni non sono tristi, forse nascono da una sorta di tristezza, ma vogliono combatterla, per darci un po’ di equilibrio e un po’ di serenità.

Che strumentazione usate per l’elettronica?

Mirko: Se per alcune tracce abbiamo usato il telefono, ci credi ?

Niki: Con il telefono si possono fare un sacco di cose. Se hai delle idee, le devi perseguire con qualunque mezzo a disposizione. Per il resto abbiamo una drum machine e un mini synth.

Oltre la musica che arti preferite?

Mirko. Personalmente l’arte mi meraviglia tutta: non sono un bravo pittore o scultore o scrittore, forse neanche un musicista, ma quando la distingui dal resto mi lascia meravigliato. Questo l’arte deve fare: stimolare sentimenti di qualsiasi tipo.

Niki: Amo la letteratura. Le parole sono importanti e spesso hanno un potere straordinario. Apprezzo chi riesce a dire molto con poco. Leggere ti permette di osservare in più direzioni, dentro e fuori di te. Un buon libro probabilmente dovrebbe farti decidere di rimanere sempre più spesso in silenzio, ah ah ah !

Se la vostra musica fosse un film, un libro o un quadro?

Mirko: Non lo so, guardo poca tv e leggo solo libri di storia e psicologia. Ma se fosse un quadro, potrebbe essere un’ opera di Mario Costa (che ha anche fatto il mastering del disco).

Niki: Se fosse un film, sarebbe bello che contenesse un po’ della magia e un po’ del mistero delle opere di Tarkovskij e di Bergman.

Tornando al vostro album, ho letto che “Sintetizzatori, rumori e drum machine mettono in scena un immaginario viaggio alienante”. Quanto è alienante l’odierna società tecnologica, società dei consumi e società dell’immagine?

Mirko: Dipende dove focalizzi la tua attenzione. Come dicevo prima suonare, comporre o provare ti rapisce dal ciclone del mondo moderno, ma poi ci si ritorna. Ecco provare a ritagliarsi questi spazi rende tutto più facile.

Siamo in un mondo in crisi economica, climatica e sanitaria. Quale è il ruolo della musica in questo mondo?

Niki: La musica può aiutare a stare meglio, ma non risolve i problemi. Le persone invece possono decidere quotidianamente di essere individui migliori, consapevoli, altruisti e generosi. Questo sarebbe il primo passo più importante, ma non dipende dalla musica, anche se una canzone può avere il potere di innescare un cambiamento positivo dentro di sé.

Mirko: Restituirci la dimensione che abbiamo. Non servono campagne mondiali per questo o altro motivo, o canzoni dedicate i cui proventi sono dati in beneficenza. La musica deve farci rendere conto che siamo i nemici di noi stessi e solo ascoltando o provando a suonare qualcosa possiamo combattere questo nemico.

Per finire, salutate i nostri lettori e date qualche consiglio a chi sta cominciando a smanettare su sequencers e vari effetti….

Mirko: Tenete duro e siate curiosi; ogni vostra emozione ha sicuramente un suono che potete sentire o suonare.

Niki: Grazie per averci letto e ascoltato, soprattutto. Siate sempre curiosi e lavorate sodo. Se avete delle idee, usate qualunque strumento a disposizione per tirarle fuori. Le attrezzature restano solo delle macchine che hanno bisogno della nostra scintilla.

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