Intervista a Atwood

Benvenuti su System failure. Presentatevi ai nostri lettori….

Ciao lettori di System Failure noi siamo gli atWood da Milano.

Descrivete brevemente il vostro sound…

Il nostro sound è un alternative-rock contaminato da influenze post-hardcore con elementi elettronici.

Ci parlate del vostro percorso artistico fino a qui?

Siamo tutti musicisti da molti anni, e quando ci siamo conosciuti abbiamo iniziato con qualche cover riarrangiata perché l’idea sin da subito è stata quella di rendere ed interpretare a modo nostro i pezzi. Abbiamo però capito subito che cercavamo qualcosa in più, perché arrivavamo tutti da contesti di cover fatte “tanto per”, e quindi abbiamo iniziato a scrivere senza sosta. Volevamo creare qualcosa che ci rappresentasse, ma che allo stesso tempo potesse permettere agli altri di rispecchiarsi nella nostra musica. Abbiamo lavorato a questo ep a lungo e con grande impegno e perseveranza.

Come vi siete appassionati alla musica?

Bisogna tener presente che alla fine noi siamo figli dell’era di internet. Sicuramente avere accesso a tantissima musica ci ha permesso di capire che questa era la direzione giusta per noi, perché la musica non ha limiti, dà grande libertà e soprattutto è una valvola di sfogo incredibile.

Qualche aneddoto che vorreste raccontarci(live, sala prove etc)?

Beh, il nostro elemento caratteristico è la durata delle prove: siamo degli stakanovisti. Iniziamo alle 10 del mattino e andiamo avanti fino alle 19, ma a volte si fanno anche le 21. Un altro particolare curioso ci è capitato durante uno dei nostri concerti. Ha a che fare con il nostro nome: un ragazzo si è avvicinato chiedendoci come mai ci chiamassimo “al legno”, il che ci ha fatto molto ridere perché effettivamente può essere inteso così. Il bello del nostro nome è che lascia spazio a varie interpretazioni.

A cosa vi ispirate per scrivere le canzoni e quali sono i vostri riferimenti musicali?

A ciò cui si ispira buona parte dei musicisti: altra musica. Crediamo che l’ammirazione nei confronti di artisti che ci piacciono e nei quali ci rivediamo sia lo sprone principale. Noi guardiamo principalmente a band che uniscono l’elettrico all’elettronico, ovvero PVRIS, Bring me the horizon, Twenty one pilots e così via.

Abbiamo recensito il vostro disco “At Odds”. Di cosa parla? Su quale traccia del disco dovrei soffermarmi e perché?

Il disco è un viaggio alla ricerca di libertà e indipendenza, è una fuga da pressioni e polsi stretti da legacci imposti dal prossimo, in particolar modo nelle relazioni. Benché questa spiegazione possa far pensare a un disco molto cupo e negativo, in realtà la volontà di rialzarsi e ripartire è ciò che prevale. Il messaggio è di incoraggiamento. Su “Black Mirror”, senza ombra di dubbio. C’è un motivo se abbiamo deciso che avrebbe dovuto essere il nostro singolo: sia strumentalmente che liricamente è il pezzo che sentiamo più nostro, è il pezzo che ci rappresenta al meglio. Dimostra che sappiamo essere delicati ma allo stesso tempo aggressivi. Riteniamo sia il pezzo dove elettrico ed elettronico si fondono al meglio.

Perché avete scelto proprio quella cover per il disco?

Abbiamo scelto quella cover perché era l’immagine che più si avvicinava al significato dell’EP: il sentirsi chiusi in uno spazio ristretto, ma con uno spiraglio verso l’esterno.

Chi si è occupato del songwriting?

Per quanto riguarda la scrittura, le basi son state composte interamente dal chitarrista, mentre melodie e testi dalla cantante.

Dove è stato registrato il disco e che tecnica di registrazione è stata usata?

Per quanto riguarda le tecniche di registrazione, in realtà l’EP è stato registrato tutto tramite una scheda audio, almeno per quanto riguarda chitarra e basso, dopo di che è stato fatto un reamp durante la fase di mix. I synth ed i pad sono stati composti utilizzando Vst come Nexus e Massive. Infine, per quanto riguarda la batteria, ci siamo affidati al midi, che in fase di mix abbiamo cercato di rendere il più vicino possibile a una batteria acustica.

Con quale artista o band indipendente vorreste collaborare per il futuro?

Questa è una bella domanda: sicuramente gli Halflives, per una questione di affinità di genere. Se dovessimo invece guardare più in alto, i PVRIS, i Bring me the horizon e Twenty one pilots.

Salutate i nostri lettori e invogliateli ad ascoltare la vostra musica….

Un saluto ai lettori di System Failure (si chiama così vero?), non vediamo l’ora di sapere se il nostro EP vi è piaciuto!