Intervista a Alice’s Mirror

Fulvio Bucci(voce, basso), Walter Antonio Lanotte(chitarra, bouzouki, chitarra lap steel), Eduardo Bucci(keyboards, voce) e Michele Di Modugno(batteria, batteria elettronica) sono gli Alice’s Mirror, band progressive rock da Ruvo di Puglia. Li abbiamo intervistati. Leggete cosa hanno da dire….

1)Benvenuti su System failure. Ci parlate del vostro percorso artistico fino a qui?

Grazie dell’invito. In realtà il percorso artistico della band è strettamente correlato al background musicale di ciascun membro e delle relative esperienze del passato. Un bel giorno, grazie ad una jam session del tutto casuale fra Michele (batterista, ndr) e Walter (chitarrista, ndr), è nata la voglia di riportare nel nostro tempo la concezione progressive in chiave moderna. Poi il resto è storia…

2)Come è nata in voi la passione per la musica progressive rock?

-W: A circa 17 anni ho scoperto i New Trolls con “Concerto Grosso”. Ascoltavo roba decisamente più pesante all’epoca, ma quel disco mi colpì profondamente e cambiò il mio modo di concepire la musica ed i vari generi musicali. Cambiai gusti e, complici gli studi con vari Maestri, ho approfondito molta musica classica (Paganini, Liszt, Chopin, Beethoveen, Bach) e Fusion (The Aristocrats, Herbie Hancock, Shawn Lane, Allan Holdsworth, Miles Davis) fino a giungere al Prog di artisti come King Crimson, Area, Dream Theater, Radiohead e Steven Wilson .

-E: La musica progressive per me è stato il giusto compromesso per far conciliare tutte le mie passioni musicali. Sicuramente amo la scena prog degli anni ’70, senza dimenticarsi di artisti meravigliosi che oggi portano avanti quel filone (neo progressive). Personalmente trovo molta ispirazione nei Queen, Steven Wilson, Radiohead e J.S. Bach. Mi sento un alieno, pesando che così pochi ragazzi amino l’opera e la musica classica.

M: All’inizio pensavo che i generi da me ascoltati e studiati corressero il rischio di c’entrare poco con il prog puro. Successivamente mi sono reso conto, sperimentando nuove strade con gli altri, che la particolarità del nostro sound è incentrata sul fatto che ascoltiamo cose simili ma anche molto diverse. Io, ad esempio, ascolto molta musica classica (grazie anche ai miei studi e all’amore per Bach) e molta musica Fusion, Jazz con contaminazioni contemporanee.

F: Dopo un’infanzia passata ad ascoltare molta musica italiana commerciale, ho cominciato ad ascoltare le prime band hard rock & heavy metal per avvicinarmi a quello che era il prog con i Dream Theater (da cui prendo molta ispirazione per le parti vocali). Grazie alle relazioni strette con i miei compagni di studi e di viaggio, il resto è venuto da sè. Attualmente, oltre ad avere una forma mentis classica, ascolto molto dai Genesis ai Pink Floyd, dagli Yes all’ultimo Steven Wilson.

Tutti: Ormai c’è anche da dire che ci siamo “contaminati” a vicenda! Ad esempio Walter ha diffuso il verbo di Steven Wilson e Michele ha diffuso il predicato dei Protocol (di Simon Phillips) in tutto il gruppo!

3)Quali band vi hanno maggiormente influenzato?

Non siamo prolissi, basta leggere le risposte precedenti! Ovviamente un denominatore comune è sicuramente “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles, da cui secondo noi ha senso cominciare a pronunciare la parola Prog!

4)Vi chiamate Alice’s Mirror. Perché questo nome?

Inizialmente ci piaceva l’idea che la nostra musica fosse un delirio per le orecchie così come lo può essere per gli occhi un cartone animato allucinato e colorato. Complici i libri di Carroll, ed una certa passione per i cartoni Disney, Alice nel paese delle Meraviglie sembrava essere un riflesso della nostra personalità e della nostra percezione musicale. Di qui, l’idea dello Specchio e di Alice che si piega alle nostre perversioni musicali!

5)Abbiamo recensito il vostro disco “Through the mirror”. Come è nato? Dove è stato registrato? Difficoltà nella registrazione? Insomma, raccontateci tutto per bene…

“Through The Mirror” ha una gestazione piuttosto complessa. All’inizio doveva essere semplicemente un EP, poi è diventato qualcos’altro. In questo periodo (circa un anno e mezzo) abbiamo vissuto nella sala prove di Michele e nello studio di Walter, dove son nate le canzoni, le ghost track e le discussioni! Nello studio di Walter sono state registrate principalmente la batteria, il basso e le tastiere. Successivamente al Death Star Studio di Marco Fischetti (a Cassano delle Murge) sono state registrate tutte le voci e le chitarre. Infine, ci siamo occupati con Marco di mix e mastering. Scusaci ancora Marco per le continue richieste! 🙂 E’ stato molto faticoso registrare o per lo meno convivere con un certo tipo di concentrazione se si pensa che per alcuni di noi, questa è la prima esperienza di registrazione professionale. Ma la coesione fra di noi ha originato momenti esilaranti anche da un punto di vista personale: comporre alle 3 di notte non è una cosa di tutti i giorni. E’ come scoprire un emozione che non sapevi esistesse.

6)Su quale traccia mi dovrei soffermare di questo disco e perché?

Qui riteniamo opportuno che ognuno scelga il pezzo più rappresentativo per sè:

W: Sono molto legato a “Ronin”. E’ un pezzo che riguarda una vicenda che ho vissuto in prima persona. Insieme agli altri, credo di aver riflesso nel brano tutta la tristezza, la rabbia e la malinconia per l’aver condiviso un percorso di crescita con una persona, interrotto poi bruscamente. Le ragazze del coro, inoltre, mi hanno fatto venire la pelle d’oca e non smetterò mai di ringraziarle, insieme al M° Nicola Bucci.

M: Penso che “Ronin” sia il pezzo dove emerge lo spirito creativo di tutti. Per quanto riguarda la pazzia, credo che “Alice’s Dance” sia lo “specchio” di essa, in quanto abbiamo trasformato il girovagare di Alice sperduta nel Paese delle Meraviglie in una Danza con svariati generi musicali, anche molto distanti fra loro. Non riesco ad avere un pezzo preferito perché ritengo molto importante e bello il concetto di unione fra concetti, parole e musica.

F: “Ronin”… è stato il brano che più mi ha messo alla prova, vocalmente parlando. Inoltre la ritengo una mini suite dove sono racchiusi, come in uno scrigno, tutti gli elementi per un vero brano Prog. Voci, cori, chitarre e tastiere maestose e ritmi incalzanti.

E: Io suggerisco “Merigold” perché vuole essere il tentativo di scrivere una canzone folk prog dove per folk vi è un po’ l’influnza delle nostre radici popolari contaminate con altre culture.

7)Ci parlate della cover del disco?

Principalmente se ne è occupato Walter, contattando l’artista pittore di Corato Francesco Pio Marcone. Il nostro chitarrista gli propose, quasi per gioco, di fare un dipinto con uno studio di riflessi e specchi, magari con una ragazza che posasse impersonando Alice. L’idea piacque molto e grazie ad Elisabetta Di Matteo, che si è prestata ad essere raffigurata, è nato un bel quadro. Mesi dopo abbiamo deciso di farne la nostra copertina. Grazie ancora a Pio ed Elisabetta!

8)Dopo questo album c’è qualche altro progetto in cantiere?

Vogliamo portare “Through The Mirror” in tour, per far conoscere la nostra musica a più gente possibile. In secundis, abbiamo già in cantiere un nuovo progetto e nuove discussioni!

9)Come nascono le vostre canzoni? Parlate del processo creativo alla base…

Ogni singolo brano degli Alice’s Mirror può essere visto come un progetto vissuto in un laboratorio creativo dove il confronto e il mettersi in discussione sia la regola di base, la sperimentazione sia il carburante mentale e lo scopo finale sia quello di descrivere un concetto e comunicarlo in musica. Pensiamo anche che scherzare e divertirsi con la musica sia molto importante e fonte d’ispirazione: “torturando” una scala, come nel caso di Arabian o di Ronin, possono nascere dei pezzi (anche se in Ronin il concetto letterale ha deciso la direzione musicale).

10)Con quale artista o band indipendente vorreste collaborare?

Una domanda molto difficile! Per noi, almeno ora, rimangono piacevoli fantasie relative ad artisti che personalmente apprezziamo. Ammiriamo molto La Coscienza di Zeno, il lavoro di Vittorio De Scalzi, e perché no, Steven Wilson. Ma sono sogni…

11)Su quale palco sognate di suonare?

Tutti i palchi sono belli. Ma la cosa importante è l’atmosfera che si crea col pubblico. Poco importa che siano piccoli club, piazze, arene o stadi! Ognuno di questi posti ci può regalare qualche emozione. Ad esempio, se dovessimo proprio scegliere una situazione, sarebbe bellissimo suonare al “Night Of The Prog”.

12)Quale messaggio volete trasmettere con la vostra musica?

Non abbiamo un messaggio universale pre-confezionato. La nostra musica è figlia del tempo in cui è stata creata. Sicuramente il motivo principale per cui componiamo è strettamente personale: è una forma di espressione di noi stessi. Questa espressione è assolutamente scevra da qualsiasi logica economica: non suoniamo (perlomeno come Alice’s Mirror) per fini commerciali, ma crediamo fortemente in un linguaggio, concettuale ed artistico, che ci accomuna. Al di là dei gusti soggettivi supportate, o per lo meno ascoltate, gruppi ed artisti che si sforzano di produrre musica nuova, facendo fuoriuscire la propria personalità. Viva l’Arte!

13)Quanto è importante emozionare con la propria musica?

Come accennato in precedenza, le emozioni sono alla base dell’uomo e delle sue forme di espressione. Le emozioni suscitate nel pubblico sono la conferma della buona o meno riuscita di un concerto o di un disco.

14)Lasciateci con un saluto per i lettori di System failure…

Ciao ragazzi, siete stati carinissimi e speriamo di farvi emozionare. Seguiteci ed insieme esploreremo il Paese delle Meraviglie con tutte le sue strade, colori e suoni! Grazie di cuore.