Intervista a Alberto Pibiri

Benvenuto su system failure. Perché hai scelto il jazz come genere musicale e cosa rappresenta per te?

Grazie mille System Failure per avermi qui con voi. Il Jazz per me e’ libertà. Pensate: la stessa idea musicale può essere ripetuta in mille modi diversi, cambiando il ritmo, mettendo cromatismi e note di passaggio. Puoi scoprire te stesso tramite l’improvvisazione e creare un mondo tutto tuo. Puoi accentare la stessa nota in mille modi diversi secondo il tuo mood. Puoi rendere felici le persone suonando gli standard più famosi ma farli tuoi allo stesso tempo. Insomma per me è la forma ideale per esprimere me stesso. Come sarebbe bella la vita se invece di pianificare tutto non improvvisassimo giorno dopo giorno? Vivere il momento!

Hai pubblicato il primo album in trio dal nome “Stardust”. Ci sono nell’album composizioni originali e cover. Ci spieghi, in particolare, la scelta, la selezione delle varie cover? Perché questi artisti e non altri?

I titoli di questo album sono stati scelti perché adoro le loro melodie. Moonlight in Vermont per esempio l’ho sempre amata ed e’ per questo che ho provato a farla mia così come gli altri standards che sono presenti nell’ album. Oscar Peterson è il mio idolo da quando ero bambino quindi volevo rendergli tributo suonando su una sua composizione e Nigerian MarketPlace è una delle mie preferite.

Quali sono i tuoi miti musicali nell’ambito jazz?

Il mito numero uno è Oscar Peterson seguito da Bill Evans, Keith Jarrett, Michel Petrucciani , Miles Davis, Sonny Rollins etc etc quando ero piccolo ascoltavo tantissimo Luis Armstrong ed ora a New York lavoro in tantissime band che suonano nel suo stile.

Tecnica, studio e talento. Secondo te come si devono intrecciare?

La tecnica è fondamentale ma non deve coprire la musicalità che per me e’ la cosa più importante. Il talento è necessario ma senza lo studio è futile. Quindi io direi se hai talento studia costantemente e lavora nella tecnica. La tecnica può essere fraseggio, armonia , suono , time. Quindi direi che la ricetta migliore e’ talento – studio – tecnica.

Ci racconti qualcosa della tua avventura musicale fin qui? Un aneddoto per esempio….

Aneddoto? Okay quando abitavo a Parigi prendevo lezioni da Serge Forte un bravissimo pianista francese. Lui ha lavorato con Sheila Jordan la famosissima cantante Jazz. Avevo 22 anni all’epoca. La prima volta ero andato a sentirla in un teatro a Parigi e durante il concerto (lei non sapeva chi fossi allora)guardò nel pubblico e disse: Who is this handsome guy with blue eyes? Ero io:) e Serge al piano rispose : It’s Alberto. Hahah da allora l’ho conosciuta e siamo diventati molto amici, ho suonato in diversi Masterclass con lei a Parigi e poi mi propose di diventare sponsor per la Artist Visa. Il Visto Artistico che serve per lavorare negli StatiUniti che dura 3 anni. Ho accettato ed il resto è storia. Fra 2 settimane divento cittadino americano!

Stardust è la traccia che da il titolo all’album: un vero e proprio messaggio di speranza, post pandemia. Secondo te quale è il ruolo della musica in un mondo come il nostro che sembra al collasso per tanti aspetti?

Penso proprio che senza la musica non riuscirei a vivere. Se leggi i giornali ti viene la depressione, con lo smartphone ti bombardano di brutte notizie dalla politica alla guerra al Covid-19 ad altre cose insomma una schifezza. Ma quando suono tutto sparisce, entri in un altra dimensione. Quando c’è’ la musica le persone sono più felici e dimenticano tutte le brutte cose. La musica e’ speranza ed è assolutamente fondamentale per la sopravvivenza del genere umano.

Quale è la differenza tra il panorama jazz italiano e quello internazionale secondo te? E quale è la differenza tra suonare in Italia e suonare all’estero?

In Italia non suono mai non so perché, forse non mi conoscono ancora quindi non posso giudicare. Credo che sarebbe bello fare una tournée in Italia, conoscete qualcuno che mi puoi portare in Italia? In America è fantastico c’è’ tanto rispetto tra I musicisti ed infatti a New York la comunità Jazzistica e’ molto unita ed il livello è altissimo. Non so se ritornerei mai a vivere in Italia o in Europa dopo 11 anni vivendo e suonando a New York.

Alberto Pibiri è anche il protagonista del documentario di Giuseppe Carrieri “Italiani fuori, dalla Sardegna a New York: il talento jazz di Alberto Pibiri”. Cosa puoi dirci a riguardo?

Devo ringraziare la mia amica Silvia Pueyo per questo. Me l’ha presentato lei Giuseppe via email. Sono venuto un giorno a filmarmi a New York ed è stato spettacolare, ero molto emozionato per questo. Abbiamo scelto diversi posti dove fare il film incluso una Jam allo Smalls dove ho chiesto al pianista se potevi suonare un attimo haha. Ho sempre questa frase sui miei post Instagram “Only In New York”.

Oltre la musica che arti preferisci? Se la tua musica fosse un quadro, un libro o un film quale sarebbe?

Sto studiando musica da film ora e cercando di imparare ad usare Cubase e Orchestrazione. Mi piacerebbe muovermi in quella direzione in futuro. Ho sempre visto film ed adoro comporre. Uno dei miei film preferiti è La leggenda del Pianista sull’ Oceano e mia mamma mi ha appena regalato il documentario su Ennio Morricone. Fantastico!

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Un tuo sogno nel cassetto?

Vorrei scrivere musiche per film ora e dedicarmi più alla composizione. Per finire, saluta i nostri lettori e indicaci con quale artista o band vorresti assolutamente collaborare e perché… Carissimi lettori grazie per aver letto questa intervista e se vi e’ piaciuta, venite a trovarmi nel mio sito www.albertopibiri.com e prendete il CD Stardust è disponibile li. Inoltre potrete lasciare un messaggio sulla chat e dire ciao vi risponderò sicuramente Un abbraccio e grazie per questa bellissima intervista. Artista con cui lavorare? Christian McBride al basso e Jeff Hamilton alla batteria. Mi piacerebbe avere la ritmica più spettacolare del mondo.

L’album Stardust è disponibile sul sito www.albertopibiri.com e ascoltabile su SoundCloud: https://soundcloud.com/albertopibiri/sets/stardust