GUIGNOL: è uscito il 23 febbraio il nuovo disco PORTEREMO GLI STESSI PANNI
E’ uscito venerdì 23 febbraio per Atelier Sonique “Porteremo gli stessi panni” il nuovo lavoro dei Guignol, a soli due anni dal precedente “Abile Labile”.
Venerdì 2 marzo dallo Spazio Ligera di Milano prenderà il via il nuovo tour, che vedrà i Guignol sul palco con quella che è probabilmente la loro miglior formazione di sempre: Pier Adduce (voce, chitarra, armonica), Paolo Libutti (basso), Antonio Marinelli “il Coda” (chitarre elettriche), Michele Canali (batteria) e Maurizio Boris Maiorano (organo e piano). Queste le date sino ad ora confermate:
2 mar – Spazio Ligera, Milano
9 mar – Rive Jazz Club, Cartigliano (VI)
10 mar – Cohen, Verona
16 mar – The Wall, Piacenza
31 mar – Arci Pintupi, Verderio (LC)
6 apr – The Boss, Milano
7 apr – In Disparte, Bergamo
13 apr – Arci il Progresso, Firenze
14 apr – Il Viandante, Carrara (MS)
26 apr – Tambourine, Seregno (MB)
4 mag – Vicolo Cieco, Matera
6 mag – Concerto privato (house concert), Pescara
11 mag – Alcool live, Torino
24 mag – Serraglio, Milano
“Porteremo gli stessi panni” è il settimo disco dei Guignol, il nono se consideriamo anche gli ep pubblicati sino ad oggi, e prende spunto, a partire dal titolo, dal poeta e grande attivista politico lucano Rocco Scotellaro.
Proprio da Scotellaro e da una vicenda biografica di Pierfrancesco Adduce nascono le nove ballate atipiche e ancheggianti del disco, che spostano il suono della band milanese dai nervosismi elettrici del predecessore ad una visione sonora all’insegna del folk popolare italico e americano, una frontiera densa di tastiere liquide e acidule, hammond e organi fantasmatici, chitarre legnose e bassi massicciamente sinuosi, ma pure slide, pianoforti sghembi, armoniche e tamburi battenti ritmi originari.
Queste scelte sonore – dovute ancora una volta alla collaborazione con il produttore Giovanni Calella (Adam Carpet, Georgeanna Kalweit and the Spokes, Alessandro Grazian) – scontornano una scrittura di puro storytelling che brano dopo brano costruisce una sorta di romanzo popolare sullo sradicamento, la speranza e la perdita di sé e delle ragioni del proprio essere o essere stati, in un passato ancestrale e mitologico e in un presente accelerato e ipertecnologico sempre più spersonalizzante.
La lettura di Scotellaro – di cui sono state musicale due poesie in apertura e chiusura del disco (“Padre mio” e “Pozzanghera Nera 18 aprile”) – di Luciano Bianciardi (a cui è dedicata “La promessa”, presto disponibile con un videoclip) e di Danilo Dolci, insieme ai numi tutelari di Gaber, Jannacci e Matteo Salvatore, hanno fatto poi il resto, lasciando libera di sfogarsi “una piccola epica personale” che travalica l’autobiografia per andare a cercare un significato in un mondo passato, lungo un filo rosso sangue (quello dei padri e dei figli, delle madri e dei fratelli) di canzoni sulla memoria, l’identità linguistica, il legame coi luoghi, l’evocazione attraverso i sensi, la bestemmia “come pratica lenitiva di chi può contare solo su di sé”: l’identità di ognuno che sfuma e che viene ricercata, anzi rivendicata per un sentore arcaico ben distante da ogni sciovinismo e mitizzazione.
“Porteremo gli stessi panni” è un disco che ha messo le proprie radici fra le costole di chi scrive per allungare i propri rami sino alle altezze dei grattacieli e intercettare nell’aria digitale del presente gli scampoli di umanità – disgregata, disperata e rabbiosa, ma sempre vitale e non disposta ad arrendersi – di chi ha mantenuto lo spirito ribelle, come scriveva Scotellaro, della “turba dei pezzenti, / quelli che strappano ai padroni / le maschere coi denti.”