>>Brusio: intervista per System failure

1)Ciao Brusio, benvenuto su System failure…presentati ai nostri lettori…

Ciao a tutti, sono Brusio, non sono un alcolista, ma, come direbbe Emil Cioran: “Per paura di essere uno qualsiasi, ho finito col non essere niente”.

2)Come è nata in te la passione per la musica?

Più che una passione, la musica è stata una fatalità… Non ho avuto un’infanzia tranquilla, finché un bel giorno mi fu regalato un mangianastri dove registravo la mia voce con la quale interagivo come se a parlare non fossi io, ma il fratello che non ho avuto mai (sono figlio unico). Crescendo, realizzai che le cassette che utilizzavo erano in realtà nastri impiegati per l’ECG secondo Holter che mio padre, allora “factotum” del comune in cui lavorava, recuperava (ovviamente cancellando il nome dei pazienti per tutelarne la privacy). Credo di essere stato, a mia insaputa, un precursore dell’harsh noise in tempi non sospetti. Poi ci fu la tastiera Bontempi, ma la svolta avvenne con Music 2000, un videgioco per la Play Station dove cominciai a pastrugnare con l’elettronica componendo vere e proprie canzoni con testi da far rabbrividire gli Squallor.

3)Quali sono le tue principali influenze musicali?

Le mie influenze musicali, devo dire, sono tante quanto assurde… Direi da Enzo Jannacci a Nicolas Jaar.

4)Cosa puoi dirci delle sonorità di Epidurale? Perché la tua musica è, a tratti, così oscura?

Epidurale nasce dalla necessità di un riscatto. Dopo l’ennesima situazione sentimentale fallimentare, ho deciso che era tempo di riprendere in mano la musica in totale libertà, senza prendere ordini da nessuno se non da me stesso. Le sue sonorità sono il risultato della mia schizofrenia musicale realizzate con strumenti perlopiù economici (a parte il MicroBrute) e/o marci (uno su tutti lo Stylophone Beatbox) e/o improbabili (come una vecchia radiolina acquistata ad un mercatino delle pulci) arricchite ovviamente dagli strumenti (chitarra, fisarmonica e violoncello) dei miei preziosi collaboratori: Marino “Målima” Peiretti (già co-produttore), Silvia Ballinari e Jacopo De Motoli che non smetterò mai di ringraziare. L’oscurità non sono che i demoni che mi porto dentro e che cerco di esorcizzare di volta in volta, ma sono duri a morire e alla lunga, finisci col simpatizzarci.

5)Ci racconti il tuo percorso musicale fino a qui?

In passato ho avuto una band in quel di WARese, ma fu un disastro. Ci siamo presi, mollati, ripresi… C’era chi tendeva a prevaricare, chi a soccombere per il quieto vivere e infine io, la ciliegina sulla torta, coi miei scoppi ritardati e la fama d’inaffidabile. Per un po’ (se pure a fatica) tirammo avanti poiché WARese, col suo soffocante campanilismo, ci spinse non poco. Cantai persino ad un matrimonio. Fui costretto. Feci un’esibizione degna del peggior Jim Morrison sussurrando all’orecchio del mio allora chitarrista che sarebbe stata l’ultima. In quell’anno vincemmo pure un premio, ma non mi presentai. Come Bob Dylan prima di Bob Dylan! Ahahah! Eppure non ho alcun rimpianto. Se potessi tornare indietro rifarei tutto, ma peggio. E a quel matrimonio avrei fatto un’esibizione degna del miglior GG Allin. Brusio nasce grazie alla decomposizione di quella band. Non a caso, indosso la maschera di una larva…

6)Quali sono le tue ambizioni come artista?

Un giorno, con un amico, riflettevo circa un aforisma di Cesare Pavese: “Tu sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza”. Chiesi perciò all’amico, che stimo per essere a differenza mia, una persona razionale, coi piedi per terra: “Ma quando accadrà questo?” e lui, impassibile mi rispose: “Quando sarai morto”. Ahimè, temo che abbia ragione.

7)Ci sono progetti futuri all’orizzonte?

Sì, sono già al lavoro su pezzi nuovi in vista di un disco vero e proprio. Questa volta con soli inediti, niente cover e, se tutto va bene, già nella primavera del 2017 ci sarà una sorpresa…